Amici del Porto della Formica: “Piazza coperta, progetto calato dall’alto come un macigno”

L'associazione replica all'intervista di Lucca in Diretta a Pietro Carlo Pellegrini

“C’è forse stato, ingegner Pellegrini, un “incontro propositivo nella fase iniziale del progetto?” No, non c’è stato, e quello che lei chiama “uno dei più importanti interventi nella nostra città dal dopoguerra ad oggi” non è nemmeno mai passato, preliminarmente, dal consiglio comunale“. Non si fa attendere la replica degli Amici del Porto della Formica all’intervista di Lucca in Diretta al noto professionista.

La città che cambia, l’architetto Pellegrini: “Servono progetti di riqualificazione sociale delle periferie”

“Le nostre non sono affatto – dice ancora l’associazione – come lei e l’amministrazione vogliono fare credere, “polemiche del sempre no”, e questo progetto è stato calato dall’alto come un macigno sulle aspettative e sulle proposte alternative che da decenni i cittadini di San Concordio, con petizioni ogni volta sottoscritte da migliaia di firme, hanno maturato per l’area Gesam. Si sarà anche ispirato al lavoro di grandi architetti, in contesti spaziali ci permetta di osservare, completamente diversi, ma non ha tratto nessuno spunto dalla natura del luogo. Il rendering con cui presenta il progetto è “ritoccato” e non rende minimamente l’impatto della nuova costruzione. Non è il “recupero di un edificio in disuso”, è il completamento di un progetto non a caso abortito sul nascere”.

“Se fosse stato possibile, per il Comune, rivedere drasticamente il progetto senza perdere 6 milioni di euro – dicono ancora gli Amici del Porto – non abbiamo dubbi che lo avrebbe fatto. È scorretto che lei dica che “è solo 3600 metri quadri” quanto il progetto originario era di 12mila, perché il progetto originario, lo Steccone, era morto e sepolto dal 2012, quando la holding lo dichiarò insostenibile da tutti i punti i vista, in primis quello finanziario, e il confronto vero lo dovrebbe fare tra 3600 metri quadri e “zero” metri quadri“.

“Anche le Vele di Napoli e il Corviale di Roma – conclude l’associuazione – sono stati progetti innovativi di grandi architetti che dovevano riqualificare socialmente le periferia e “durare nel tempo”. Non vorremmo che la piazza coperta facesse la stessa fine, e, così come fece lo Steccone, contiamo che si areni da sola strada facendo“.

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