Radioterapia e tumori, il primario Mignogna: “La prevenzione non si ferma col covid”

Il punto sulla situazione con il direttore del reparto dell'ospedale San Luca

Radioterapia oncologica. Il reparto dell’ospedale lucchese San Luca è diretto dal primario dottor Marcello Mignogna. Originario di Taranto, Mignogna si è laureato con lode in medicina a Pisa, dove ha conseguito, entrambe con lode, anche la specializzazione in radioterapia oncologica e in oncologia medica, perfezionando i suoi studi con un master di secondo livello presso il laboratorio di management e sanità della scuola Sant’Anna di Pisa. Ex ufficiale medico dell’Esercito nel reparto speciale 9º Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” ha svolto l’attività di docente alla Scuola paramedica di Taranto e alla Scuola di specializzazione in radioterapia oncologica dell’università di Siena. Da quest’anno la struttura da lui diretta è inserita nella rete formativa dell’università di Pisa. Attualmente Mignogna è uno dei sette consiglieri nazionali del direttivo dell’Associazione italiana radioterapia e oncologia clinica

Dottore, nell’ immaginario collettivo la radioterapia è ancora vista come qualcosa di pericoloso ed estremamente invasivo che può guarire ma che ha molti effetti collaterali. In realtà oggi e’ completamente diverso, vero?

“Da quando la radioterapia è stata utilizzata per la prima volta ad oggi, le innovazioni tecnologiche sono state così importanti da permetterci di effettuare dei trattamenti sempre più sicuri e mirati, riducendo sensibilmente gli effetti collaterali e aumentando il beneficio terapeutico. Queste moderne tecnologie infatti rispondono al paradigma fondamentale della radioterapia moderna: erogare la massima dose efficace di radiazioni al tumore, col massimo risparmio dei tessuti circostanti. E’ possibile oggi distribuire la dose di radiazioni a volumi anatomici di forma diversa e complessa, a piccoli ed a grandi volumi, con elevata precisione, e soprattutto in modo guidato dall’immagine, così da poter inseguire, ad esempio gli organi in movimento. Queste grandi possibilità, fino a qualche decennio fa impensabili, che ci consentono di “dipingere” la nostra distribuzione di dose e di inseguire il tumore, catturandolo, sono dovute ai travolgenti progressi dell’informatica in termini di elaborazione e di fusione di immagini di diversa origine come quelle di una TC con quelle provenienti da una risonanza magnetica o da una Pet-TC. Queste moderne tecnologie hanno pertanto avuto una ricaduta in termini di possibilità di cura, ma anche essendo trattamenti di precisione, di riduzione degli effetti collaterali, che oggi rispetto ad alcuni decenni fa sono molto ridotti e meno importanti”.

Oggi, si dice, la radioterapia è molto personalizzata. Ci può spiegare come?

“Così come le impronte digitali sono differenti ed uniche per ciascun individuo, lo sono anche le caratteristiche della malattia e della conformazione anatomica. Nel pianificare un trattamento radioterapico è necessario considerare le peculiarità del paziente, a partire dalle caratteristiche della malattia, di eventuali altre patologie e dalla possibilità di affrontare il trattamento. Si parte da una TC (un esame TAC normale) con la quale si identifica il distretto anatomico ed il volume della malattia da curare, si identificano gli organi da risparmiare e con un computer speciale, detto TPS (treatment planning system) con l’indispensabile aiuto dei fisici sanitari, si progetta il miglior piano di trattamento possibile, il più adatto a quel caso clinico, a quella tipologia di malattia. Anzi spesso si producono più piani, che noi chiamiamo “rivali”, e si confrontano l’un con l’altro, scegliendo tra questi quale è il migliore per quel paziente, per numero di sedute e per rispetto degli organi da risparmiare, o si sceglie ad esempio la tecnologia più adatta. E’ questa la personalizzazione che gli anglosassoni chiamano “tailored”: una radioterapia su”misura”…è come fare un abito dal sarto”.

Con la radioterapia quali tipologie di tumori si possono, oggi, trattare?

“La radioterapia trova indicazione in pressoché tutti i tumori solidi e in alcune condizioni particolari di malattie ematologiche. Nei molteplici scenari della patologia oncologica, la radioterapia può essere impiegata come trattamento di prima scelta, associato o meno alla chemioterapia, con la finalità curativa; in altri casi può precedere o seguire una chirurgia o una chemioterapia; infine, in un minor numero di pazienti, la radioterapia è integrata nell’ambito dei trattamenti palliativi. Si calcola che circa il 60% dei pazienti in cura per malattie tumorali, hanno prima o poi necessità di ricevere un trattamento radioterapico, e questa percentuale, da studi internazionali, sembra nel prossimo decennio dover aumentare. Per questo è necessario pensare al futuro con una attenta e logica programmazione degli investimenti in sanità, che tenga conto di questa realtà”.

I vantaggi in termini di guarigione o liberi dalla malattia nei pazienti trattati con la radioterapia…

“Nell’ampio scenario delle malattie oncologiche non è possibile esprimere una percentuale assoluta di successo; in generale è lecito asserire che molti tumori solidi possono guarire, nella piena accezione del termine, grazie all’impiego della radioterapia e che, quando associata ad altri trattamenti, aiuta ad ottenere un controllo di malattia o a ridurre la probabilità di recidiva. Questo scenario è particolarmente vero poi in alcune patologie oncologiche, come ad esempio le neoplasie prostatiche, settore nel quale la radioterapia con fasci esterni o con la brachiterapia (radioterapia di alta specialità che prevede l’impianto di sorgenti radioattive nel contesto del tumore, tecnica eseguibile presso la radioterapia di Lucca) dove i risultati di questa disciplina sono del tutto equivalenti a quelli della chirurgia robotica, con effetti collaterali diversi ed accettabili (nel caso specifico ad esempio l’incontinenza e la disfunzione erettile). Un altro esempio è quello delle neoplasie della regione della testa e del collo: lì dove infatti non è possibile eseguire una chirurgia radicale di principio, o dove non è possibile chirurgicamente preservare la funzione dell’organo, si eseguono trattamenti radioterapici concomitanti alla chemioterapia, raccogliendo frequentemente grandi soddisfazioni. Abbiamo parlato oggi dell’innovazione tecnologica, ma è doveroso anche sottolineare che molti successi si ottengono perché l’approccio a queste malattie è oggi multidisciplinare: più specialisti d’organo lavorano in gruppi organizzati e specializzati in una determinata patologia oncologica, discutendo il caso e scegliendo la migliore terapia, basata sulle evidenze scientifiche e non più, come accadeva un tempo, sulla esperienza di un singolo specialista. Un ulteriore riflessione è che lì dove non ci sono più i presupposti di curabilità nel senso stretto del termine, lo sforzo comune è quello di tendere comunque, ove possibile alla “cronicizzazione” della malattia o ad una assistenza tesa al controllo dei sintomi in combinazione a farmaci anche innovativi. La radioterapia ad esempio gioca un ruolo fondamentale quale trattamento sintomatico ad esempio per le lesioni ossee”.

Parliamo del tumore al seno e dell’ importanza della radioterapia abbinata alla chirurgia, e a volte anche alla chemio

“Nel trattamento della neoplasia mammaria è spesso necessario impiegare tutte le armi a disposizione ovvero chirurgia, radioterapia e terapia sistemica intesa come terapia ormonale, chemioterapia o farmaci biologici. L’integrazione di tutte le metodiche citate può rendere il percorso terapeutico molto lungo e faticoso; se è pur vero che molti degli effetti collaterali possono essere gestiti con farmaci specifici, l’impegno fisico e psicologico di questi trattamenti ha grande impatto sulla qualità di vita della paziente. In questo settore in particolare la radioterapia è quella disciplina oncologica che ha consentito di evitare nella maggior parte dei casi la chirurgia demolitiva ed adottare al posto di questa una chirurgia conservativa dell’organo che, associata alla radioterapia, ottiene gli stessi risultati in termini di controllo locale di malattia. Si sono poi fatti ulteriori passi avanti, visto che oggi è possibile, in casi selezionati, procedere ad una radioterapia che non coinvolga l’intero organo, ma una parte di esso (i tessuti vicini alla sede iniziale del tumore: irradiazione parziale della mammella). Ciò può essere attuato con la tecnica più appropriata in centri di alta specialità, come all’ospedale di Lucca, dove la Radioterapia è dotata, tra le Radioterapie dell’Azienda USL Toscana nord ovest, di una sezione di interventistica brachiterapica e dove quindi è possibile eseguire la brachiterapia della mammella, col grande vantaggio che i sottili cateteri che vengono inseriti nella mammella e che servono per eseguire questo trattamento sono posizionati contemporaneamente all’intervento chirurgico. Questi sottili cateteri vengono poi collegati ad una macchina che contiene una piccola sorgente radioattiva che entra in questi cateteri e poi fuoriesce e rientra nella macchina. Così un trattamento equivalente a quello effettuato dopo l’intervento chirurgico conservativo, che dura diverse settimane, viene concluso in soli quattro giorni. Al termine della procedura questi sottili tubicini vengono rimossi ed il trattamento è concluso. La paziente se ne ha necessità, può iniziare subito la chemioterapia. Questa singolare esperienza iniziata a Lucca nel 2005 come sperimentazione, è oggi riportata, come alternativa, sempre in casi selezionati, nelle linee guida nazionali ed internazionali, e questo è stato possibile grazie alla forte intesa che si era allora venuta a creare all’interno dell’equipe tra i radioterapisti e chirurghi senologi degli ospedali di Lucca e Versilia. Una grande soddisfazione per gli specialisti e per i pazienti, con risultati cosmetici eccellenti”.

Cosa succede durante e quando finisce la radioterapia? Quali effetti può causare?

“Il periodo della radioterapia è un periodo variabile da poche settimane a circa due mesi, a seconda del tipo di trattamento; nella maggior parte dei casi, nel contesto della regione trattata si ha una infiammazione che è può essere di entità estremamente variabile in relazione a sede anatomica, durata del trattamento, tecnica impiegata, integrazione con farmaci, e che sono in buona parte soggettivi. I radioterapisti comunque sono gli specialisti medici che hanno le conoscenze per poter gestire questi effetti collaterali, quando presenti, nel miglior modo possibile, spesso risolvendo sia quelli acuti, cioè che compaiono durante il trattamento o nei primi mesi successivi, sia quelli tardivi che si manifestano a distanza di alcuni mesi”.

Cos’è la radioterapia stereotassica e quando serve?

“Si tratta di una tecnica di trattamento che consente di trattare con dosi molto elevate piccole neoplasie identificabili con un sistema di localizzazione tridimensionale personalizzato e di estrema precisione. Questo metodica può trovare indicazione nel trattamento con finalità curativa (cioè si riescono ad eliminare, così come fa il chirurgo asportandole con il bisturi) ad esempio piccole lesioni polmonari primitive in alternativa alla chirurgia, o in caso di comparsa di un esiguo numero (da una ad un massimo di cinque) di lesioni metastatiche di piccole dimensioni con la finalità di procrastinare le terapie sistemiche, quali ad esempio la chemioterapia o la terapia ormonale. Per fare questo occorrono sofisticati sistemi di controllo del respiro, ad esempio per piccole lesioni polmonari che, durante il respiro si muovono, o di lesioni epatiche, o di sistemi di accurato posizionamento, ad esempio maschere termoconformate, che vengono confezionate su misura, per l’irradiazione di precisione di lesioni al cervello. Un ulteriore aspetto proprio delle tecniche stereotassiche è che si possono eseguire in poche sedute: dovendo irradiare infatti piccoli volumi si possono erogare dosi elevate efficaci, con maggiore possibilità di cura”.

La radioterapia durante la pandemia: il reparto da lei diretto non si è fermato nemmeno nel lockdown. Ci racconti come.

“Durante il periodo della pandemia, nella prima fase, l’attività della radioterapia è stata regolarmente svolta, abbiamo messo in atto norme comportamentali volte al mantenimento delle cure dei pazienti oncologici e parallelamente alla tutela di tutti gli operatori sanitari. Nella stesura dei percorsi ci siamo avvalsi di indicazioni dettate da società scientifiche italiane, europee nonché di indicazioni regionali così da garantire tutte le cure necessarie ai pazienti oncologici. In questa seconda fase oltre a rafforzare tutte le misure a rendere la radioterapia una “no fly zone” per il Covid-19, dato l’incremento dei casi abbiamo messo in atto tutta una serie di ulteriori provvedimenti finalizzati ad identificare eventuali pazienti Covid + in programma di trattamento non differibile, e grazie alla collaborazione di tutta l’equipe, ma in particolare del personale infermieristico e dei tecnici di radiologia medica dedicati alla radioterapia, che con grande dedizione e senso del dovere hanno, insieme all’equipe medica, messo in atto percorsi separati. Oggi è così possibile il trattamento a Lucca di pazienti Covid-19 tramite percorsi che assicurano la massima sicurezza per i pazienti in trattamento nella stessa struttura e per gli operatori sanitari. Questa esperienza che è servita ad mettere a fuoco la miglior procedura da attuare finalizzata a garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori, è stata condivisa nell’ambito dell’area omogenea delle radioterapie dell’ATNO, e pertanto anche le altre strutture di radioterapia, Carrara e Livorno stanno procedendo a formulare i propri percorsi, adattati all’organizzazione del P.O. e della struttura. La volontà Aziendale infatti è quella di consentire che i pazienti possano proseguire il trattamento presso la struttura che li ha presi in carica. Solo grazie a questa coesione e sentimento comune è possibile poter garantire a pazienti, che vivono già un particolare momento di difficoltà legato alla malattia tumorale, al quale si aggiunge anche il Covid, il trattamento comunque più appropriato. Da parte mia sento pertanto il bisogno di ringraziare coloro che hanno reso possibile tutto questo”.

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