Palestre, riapertura con “sorpresa”: conto salato per alcuni abbonati

Alcuni impianti sportivi del territorio prendono le distanze: "Non è così in tutte le strutture"

Dopo mesi di chiusura forzata sta per concludersi la prima settimana di riapertura delle palestre, che da lunedì scorso (24 maggio) hanno dato un respiro di sollievo a chi, in questi mesi, ha improvvisato una corsa alla replica casalinga di macchinari inconsueti tra bottiglie diventate pesi, manici di scopa trasformati in bilancieri e sedie adibite a panche.

Se la coda all’ingresso per entrare in contatto con la nuova palestra ‘post covid19 bis’ non basta a scoraggiare il ritorno al primo giorno di allenamento, a frenare l’adrenalina rischiano di essere però le dinamiche per il reinserimento nel mondo sportivo. Sicuramente i titolari delle palestre e centri wellness hanno sofferto e tutt’ora soffrono di una stagione di chiusura forzata (secondo le stime della Cgia di Mestre nel 2020 il settore ha subito perdite di fatturato di oltre il 70%) ma le linee scelte per accogliere nuovamente i propri clienti rischiano di caricare il peso di queste perdite direttamente sulle spalle del consumatore, che, a sua volta, è probabile rientri in una delle categorie colpite dalla crisi.

Capita infatti che, come denuncia la stessa Unione consumatori a fronte di diverse segnalazioni, sportivi – o aspiranti tali – al ritorno in palestra abbiano dovuto ‘fare a pugni’ con richieste anomale, ai limiti (e forse oltre) della legalità. Una sorta di modus operandi comune a almeno a due impianti sportivi del territorio lucchese e non solo, che consisterebbe nel costringere il cliente a un rinnovo forzato dell’abbonamento per poter usufruire dei mesi già pagati ma non fruiti a causa delle chiusure, per lo più a prezzi maggiorati.

“Quando lunedì sono tornata in palestra pronta ad allenarmi – racconta una ragazza lucchese – all’ingresso, come da protocollo, mi è stato chiesto di indicare la data dell’ultimo rinnovo. Dopo aver ricordato alla reception di aver scelto e pagato a settembre (precisamente in due rate) un abbonamento di otto mesi, e di averne potuto sfruttare solo due a causa della chiusura dell’impianto sportivo, mi è stato confermato un ‘avanzo’ di sei mesi. A quel punto però mi è stato detto, con uno strano rigiro di parole, che per poter usufruire dei sei mesi di avanzo avrei dovuto pagarne almeno due di rinnovo, a un costo per lo più maggiorato. Chiesti chiarimenti in merito alla legittimità di un’imposizione simile, mi è stato detto che, a seconda delle situazioni personali, si sarebbero ‘forse’ potute fare delle eccezioni”.

Nella legge di conversione del decreto Sostegni viene trattato anche il tema dei rimborsi in palestra. In particolare nel testo si precisa che i soggetti che offrono servizi sportivi possono riconoscere ai sottoscrittori degli abbonamenti, alternativamente al rimborso o allo svolgimento delle attività con modalità a distanza quando realizzabili, un voucher di valore pari al credito vantato utilizzabile entro sei mesi dalla fine dello stato di emergenza nazionale.

“Il testo del decreto Sostegni parla chiaro – spiega Unione consumatori –, spetta alla singola palestra scegliere se optare per il rimborso o per la restituzione dell’abbonamento non fruito attraverso un voucher, ma non prevede in alcun modo l’obbligo di un rinnovo. Certo, è possibile che gli impianti sportivi, reduci da un anno di chiusura e in crisi per i mancati introiti dai nuovi abbonati, offrano al consumatore la possibilità di rinnovare l’abbonamento per ‘sostenere’ la riapertura ma questa non può essere posta come condizione unica per utilizzare il residuo già pagato dal cliente, che deve essere libero di scegliere se e quando prorogare l’iscrizione”.

Ma c’è chi non ci sta a questa ricostruzione. È il caso dell’Auser Club di Marlia e dello Studio Danza Pilates Lucca che tengono a precisare che non tutte le palestre stanno agendo in maniera scorretta. “Nella nostra struttura, fra la prima e la seconda chiusura, si sono contate sì e no tre lamentele su un bacino di utenza di centinaia di persone – spiegano dall’Auser Club di Marlia -. Confrontandoci con i nostri colleghi possiamo assicurare che non è così per tutte le strutture”. “Abbiamo sempre rispettato ogni disposizione di sicurezza prevista dalla legge nonostante le condizioni in cui è ridotta la categoria”, aggiunge lo Studio Danza Pilates.

Stessa posizione anche per la palestra Life: “Questo non è il modus operandi della Life. Nonostante le evidenti e note difficoltà che abbiamo dovuto affrontare durante questa pandemia, ci siamo impegnati a trovare ogni tipo di soluzione per i nostri iscritti, dai corsi on line per chi volesse comunque continuare ad allenarsi, al blocco degli abbonamenti fino alla riapertura tanto attesa. Le persone che avevano un abbonamento in sospeso hanno avuto la possibilità di ricominciare dal 24 maggio senza alcun obbligo di sottoscrivere nuovi abbonamenti“.

 

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