Paladini al Campo di Marte, gli insegnanti: “Non ci sono gli spazi minimi di sicurezza”. E dal prossimo anno scatta il taglio di una classe

Lettera del personale docente: "Di 5 quarte ne saranno fatte solo 4, ma già la situazione è critica. La dad? Non si può usare per sanare certe lacune"

Sono costretti a continuare a fare lezione nei container, ma dal prossimo anno alcuni degli studenti del liceo delle scienze umane Paladini avranno un’altra brutta sorpresa. Delle cinque classi terze attuali, infatti, ne saranno formate quattro: un taglio secondo alcuni docenti che hanno firmato una lettera di protesta in cui spiegano le criticità cui i ragazzi andranno incontro.

Proprio mentre è vicino l’inizio dei lavori all’ex convento di San Nicolao, da dove la scuola era stata sgomberata per problemi legati alle normative antisismiche, si prospetta un altro anno scolastico complicato per gli studenti. “Come ogni educatore sa (o dovrebbe sapere) – si legge nella lettera di alcuni insegnanti della scuola – è buona regola evitare promesse avventate se si vuole che gli allievi conservino fiducia e stima negli adulti che si occupano della loro formazione. In questo ultimo anno gli studenti italiani hanno sentito parlare ripetutamente di priorità alla scuola, di centralità della didattica, di un rientro a scuola in sicurezza, del valore fondamentale che la formazione di ogni alunno rappresenta per la società nel suo insieme. Si saranno aspettati, perciò, di vedere la realizzazione di questi incoraggianti e condivisibili princìpi generali anche al loro caso specifico: ma qui, purtroppo, alcuni di loro andranno incontro ad un’amara delusione”.

“Questo è anche il caso degli studenti della nostra scuola, il Liceo delle scienze umane Paladini di Lucca. Applicando direttive ministeriali che risalgono al 2009, quando Ministro dell’Istruzione era Maria Stella Gelmini, l’Ufficio scolastico regionale della Toscana e l’Ufficio scolastico provinciale hanno infatti deciso, per il prossimo anno scolastico 2021/2022, di concedere una quarta classe in meno: le attuali cinque classi terze dell’indirizzo Lsu dovranno perciò diventare quattro. In questo modo sarà possibile evitare un incremento dell’organico dei docenti e si potranno così ridurre i costi”.

“Purtroppo – si aggiunge – il risparmio economico non è l’unica conseguenza di questo taglio perché la decisione non tiene in alcun conto la situazione reale in cui gli studenti del Paladini devono svolgere le attività scolastiche. Infatti, da quando, nel 2018, studenti e docenti sono stati costretti a lasciare la sede naturale della scuola, in via San Nicolao, l’attività scolastica è stata trasferita in una sede provvisoria nell’area dell’Ospedale Campo di Marte: due blocchi di container nell’ex parcheggio e una palazzina che era usata in precedenza come sede ospedaliera. In queste strutture (provvisorie), dove non sono previste né palestra né aula magna, tutte le aule sono piccole. L’unica aula grande, secondo il computo di 1,98 metri quadrati per persona, come prevede la normativa sulla sicurezza, può ospitare al massimo 24 alunni più l’insegnante ed è attualmente assegnata alla 3B di 28 persone. Le altre terze sono dislocate in ambienti molto piccoli: la 3A di 15 alunni, con un H con gravi problemi di mobilità è in una stanza lunga e stretta in cui gli alunni ai lati estremi dell’aula per vedere la lavagna si devono alzare dal banco e raggiungere una posizione più centrale (in piedi); la 3G di 16 alunni è in una stanza di 27,70 metri quadrati, idonea ad un massimo di 13 persone. Il sistema dell’assegnazione delle aule alle classi è già attualmente in un equilibrio sofferente e, di fronte a quattro classi di 24/25 persone, darebbe luogo ad una situazione insostenibile. Gravissima a tal proposito, la soluzione che sarebbe stata ventilata ai rappresentanti degli alunni recatisi all’Ufficio scolastico territoriale per protestare: a turno una parte della classe rimarrebbe a casa, seguendo le lezioni a distanza, anche quando le condizioni sanitarie permetterebbero la frequenza al 100%. Il diritto allo studio non può entrare in conflittualità con il diritto alla sicurezza”.

“Queste difficoltà già evidenti in una situazione normale si accrescono ulteriormente nel contesto della pandemia: le classi più numerose sono accalcate in spazi ristretti dove il metro tra le rime buccali è calcolato per difetto – prosegue la lettera -. I muri tra le aule sono sottili e non isolati dal punto di vista acustico, così come scarsamente isolato è il tetto, tanto nella palazzina quanto (e ancora peggio) nei container: la conseguenza è che se piove, se ci sono rumori dall’esterno o dalla classe vicina, fare lezione diventa difficile e a volte impossibile. Il problema aumenta in proporzione al numero degli alunni per classi, sia perché gli alunni sono inevitabilmente rumorosi sia perché in classi numerose alcuni studenti si troveranno più lontani dall’insegnante e quindi faranno più fatica a sentire la voce. Sul piano didattico, un accorpamento delle classi in quarta, due anni prima dell’Esame di Stato, quando il programma procede senza soluzioni di continuità dalla terza, comporta inevitabilmente una riduzione degli apprendimenti (il contrario quindi della scuola inclusiva e del recupero degli apprendimenti promesso a gran voce agli studenti di tutta Italia). Sul piano affettivo e sociale, a studenti già fortemente provati da un anno scolastico difficilissimo, spesso psicologicamente fragili, penalizzati da un contesto ambientale non favorevole, viene imposto dall’alto un cambiamento radicale di compagni e di insegnanti: sono infatti considerati come numeri, non come persone con le proprie esigenze e le proprie difficoltà”.

“Con amarezza perciò constatiamo – concludono -: la negazione, nei fatti, del principio della priorità alla scuola e dell’interesse primario degli studenti;  il disinteresse per la didattica e per l’effettivo apprendimento degli studenti; il disinteresse per gli studenti in quanto persone;  l’indifferenza per la credibilità delle istituzioni e per quella che dovrebbe essere una vera “educazione civica”, non fatta di parole vuote, ma di gesti concreti”.

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