Precari e stabilizzazioni, infermiera racconta odissea

Riuscire a realizzare i propri sogni è faticoso e, ancora più difficile, è riuscire ad essere felici proprio grazie alla professione che abbiamo sempre desiderato fare. Ma a volte, però, purtroppo non basta nemmeno diventare ciò che abbiamo sempre sognato per stare bene. A dimostrarlo la storia di Sara, una giovane infermiera lucchese, da poco diventata anche mamma, che dopo anni di studio e sacrifici si trova a combattere oggi con un altro ostacolo che ha tanto il sapore di presa in giro: la stabilizzazione. Dopo essersi laureata nel 2011 a pieni voti, racconta, nel 2012 comincia a studiare per superare i concorsi. Tutti, anche quelli lontani da casa, anche quelli più impossibili. Un anno fatto di sveglie all’alba, di macchinate di colleghi entusiasti speranzosi di poter finalmente trovare un posto di lavoro. Ma l’entusiasmo, racconta la ragazza, si è spento dopo poco. Arrivata in tutte le graduatorie, dopo un master in coordinamento arriva la prima chiamata: estate 2013, destinazione Milano.

“Faccio due pianti – racconta la giovane infermiera – uno di gioia perché finalmente il mio sogno di lavorare in ospedale si concretizza, e un pianto di tristezza, perché devo abbandonare la mia amata città, Lucca, città dove ho amicizie, l’amore della mia vita e la mia famiglia”.
Ma nonostante tutto Sara parte. Un’esperienza che le costerà parecchio sacrificio: ancora molto giovane, lontana da casa, lontana da tutto. Si dispera notte e giorno, ma non molla. Dopotutto quello era ciò per cui aveva tanto studiato. “Non mi arrendo – dice Sara – non lo faccio per mia madre, compagna dei viaggi della ‘speranza’, per me stessa e per il mio futuro”.
Intanto la chiamano da altri concorsi sempre più lontani da Lucca. Rifiuta. Decide di rimanere a Milano dove, grazie ai colleghi, comincia ad imparare molto, a farsi le ossa. Marzo 2015, finalmente la raccomandata per un posto di lavoro più vicino. Firenze, di nuovo in Toscana, per fortuna a pochi chilometri da casa. O, almeno, non certo tanti quanto quelli per andare e tornare da Milano. Nel frattempo Sara diventa anche mamma di una bambina e tutto diventa ancora più complicato. La giovane infermiera entra a lavoro nel giugno del 2015, si divide tra autostrada, lavoro e famiglia, arrivando la sera a casa stanchissima.
“A dicembre – racconta – mi decido a chiedere l’assegnazione temporanea nella provincia di residenza per chi ha figli con età inferiore ai 3 anni. Nel maggio 2016 arrivo finalmente a lavorare a Lucca. Tempo massimo di permanenza con l’assegnazione temporanea 3 anni ma non mi preoccupo, voglio solo godermi il momento. ‘Uscirà una mobilità’, penso”, Intanto passano i mesi, il lavoro comincia a piacerle sempre di più e arrivano le prime piccole soddisfazioni. Non c’è più l’autostrada, non ci sono più le spese della macchina, non deve più partire un’ora e mezzo prima per arrivare in tempo a lavoro”.
“Ho dedicato tutta la mia professionalità al mio lavoro – racconta – Mi sono distinta per competenza e umanità, e comincio finalmente a pensare ‘vedi Sara aver lavorato fuori Lucca ti ha dato maggior conoscenze’”.
Ma poi succede qualcosa: “Ho incontrato colleghi che sono stati assunti a Lucca proprio dal concorso del 2012, lo stesso concorso dal quale io ho ricevuto la chiamata per Firenze. Ed è salita la rabbia. Arrivati dopo di me nella graduatoria di ‘merito’ e hanno il posto accanto casa? Ho perso l’entusiasmo ed anche un po’ del mio lato umano, ma continuo comunque a pensare che tanto, prima o poi, uscirà una mobilità”.
Nel frattempo l’Asl 2 di Lucca diventa ex e nasce l’azienda nord ovest. Sara passa i mesi tra speranza e disperazione ma stringe i denti, non si arrende. Intanto dal nuovo concorso chiamano e fanno scegliere a tutti gli infermieri dove andare. E tutti vengono accontentati. Di nuovo disperazione, di nuovo rabbia. Sara poi riesce a trovare un cambio per l’azienda nord ovest con sede in Versilia, dove lavorerà per due mesi.
“Cambio di nuovo colleghi – dice Sara – cambio di nuovo reparto, cambio di nuovo la mia vita. E mentre io sono stata a piangere mesi per questo allontanamento che ho vissuto come un fallimento professionale esce la stabilizzazione. Stabilizzazione? E i concorsi che ho fatto in tutti questi anni a cosa sono serviti? Non ho trovato risposta a questa domanda – continua l’infermiera – In più sapere che alle persone che sono rientrare nella stabilizzazione è stata data la possibilità di scegliere la sede di lavoro mi ha riportato di nuovo rabbia e calo dell’entusiasmo. Ma il merito, la professionalità, l’impegno e la famosa ‘gavetta’ dove sono andati a finire? Mia madre e mio padre mi hanno sempre insegnato che i sacrifici prima o poi vengono ripagati. Io adesso sono alla cassa ad aspettare la mia ‘ricompensa’ ma al momento non ho ricevuto nulla se non calci nel sedere. Spero – dice la giovane – che con la mobilità esterna a cui voi avete partecipato vi possa dare la possibilità di tornare a casa, mobilità per la quale io ho fatto la domanda ma a cui io non ho partecipato perché lo stesso giorno dell’orale ho preso servizio al Versilia. Sono sicura che lo meritate tutti di lavorare vicino casa vostra – si sfoga – E alla commissione che vi ha domandato ‘un giretto all’Elba non lo volete fare?’ rispondo che all’Elba ci vadano loro, o al massimo ci sono sempre i neoassunti del concorso della stabilizzazione”.

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