Confartigianato spinge per assi viari e piano strutturale

Regole per un corretto funzionamento del mercato, riforme che liberalizzino i servizi pubblici e provvedimenti per accorciare i tempi della giustizia civile e che ristabiliscano il rispetto della legalità. E’ quanto richiede Confartigianato Lucca e in particolare il presidente Costante Martinucci e il direttore Roberto Favilla, intervenendo all’assemblea annuale dei delegati della Confartigianato Imprese di Lucca che si è svolta lunedì sera (23 giugno). Al di là delle questioni di politica nazionale, c’è grande attesa a livello locale per il nuovo piano strutturale del Comune di Lucca che potrebbe far ripartire l’edilizia e, ovviamente, per il progetto degli assi viari. “Un aiuto al settore dell’edilizia – spiega infatti il presidente Martinucci – potrà venire dal nuovo piano strutturale che potrà dare nuova linfa all’edilizia anche se, certamente, la priorità non sarà data alle nuove costruzioni visto che nel passato si è costruito anche troppo e, in alcuni casi, perfino male. L’impronta, con ogni probabilità sarà quella di un intervento sul patrimonio esistente, con un massiccio recupero anche del patrimonio pubblico, a partire dai centri storici e dall’immediata periferia”.

“Voglio ricordare che nel 2013 sono continuati gli incontri relativi agli assi viari che rivoluzioneranno la nostra Provincia, e che hanno avuto sul progetto preliminare esito positivo anche alla Conferenza dei servizi, tenutasi a Roma al Ministero delle infrastrutture. Si tratta di un progetto costoso, che ammonta a 270 milioni di euro ma che può essere affrontato specialmente se consideriamo che solo per la nuova variante a Castelnuovo sono stati spesi oltre 25 milioni. Siamo convinti del fatto che il nostro territorio necessiti di collegamenti su gomma adeguati ai tempi, sia a vantaggio della cittadinanza, sia per i risvolti di carattere economico che tali opere cantierabili avranno nei confronti delle nostre imprese”.
“Nel 2013 – ha detto il presidente Martinucci – il populismo, amplificato dalla recessione, dalla stretta creditizia e dal panico per Cipro, dove è stata messa in opera una vera e propria confisca dei risparmi privati che, ora, in Europa potrà essere ripetuta a norma di legge,, ha trovato praterie di fronte a sé. La crisi, iniziata nel 2007, in Italia ha eroso le capacità di resistenza delle famiglie e delle imprese generando condizioni di diffuso disagio sociale, una caduta profonda delle aspettative, un cambiamento radicale nelle abitudini dei consumatori.
La contrazione dell’acquisto dei beni di consumo, cui si è assistito dall’inizio della crisi ha raggiunto l`8%: una caduta di tale entità non poteva non lasciare tracce profonde nel tessuto produttivo”. Da questi presupposti derivano le richieste di Confartigianato. “C’è bisogno – dice il presidente Martinucci – di regole per un corretto funzionamento del mercato. Da troppo tempo attendiamo riforme che liberalizzino davvero i servizi pubblici, che accorcino i tempi della giustizia civile, che ristabiliscano il rispetto della legalità. Purtroppo tutto ciò tarda a venire ed i cittadini e le imprese continuano a pagare i costi più alti d’Europa, per energia, assicurazioni, smaltimento rifiuti. A tal proposito possiamo dire di aver aiutato le imprese stipulando una serie di convenzioni con primarie compagnie assicurative che hanno consentito un risparmio ragguardevole sugli oneri assicurativi. Inoltre, grazie al Consorzio Multienergia, anche nel 2013 la nostra Associazione si è contraddistinta per aver permesso a 51 nuove imprese strutturate di risparmiare cifre importanti relativamente all’energia elettrica ed al gas. Esortiamo le aziende che ancora non lo hanno fatto a contattarci con fiducia perché per molte di esse la componente energia rappresenta un costo che incide, pesantemente, sul bilancio e decurtare tali cifre spesso può fare la differenza. Anche nel 2013 la prospettata introduzione del Sistri – prosegue Martinucci -, ha continuato a spaventare le imprese dimostrando di essere una delle scelte più infelici fatta da burocrati che, probabilmente, non hanno mai messo piede in un’azienda e che, se a regime, appesantirebbe, enormemente, il lavoro amministrativo per le imprese. Fortunatamente, grazie ad un’intensa attività da parte della nostra Associazione, è passata la strada dell’esclusione delle imprese sotto i 10 dipendenti, ma noi non saremo soddisfatti finché questa insulsa legge non verrà abrogata per tutti”.
“Abbiamo bisogno di uno Stato light, che si fida dei cittadini e che liberi gli imprenditori da questi vincoli ed adempimenti che costano 20 miliardi l’anno e fanno perdere mesi di lavoro. L’altro grave problema per le imprese riguarda l’accesso al credito che continua ad essere il punto vitale. E’ indubbia l’importanza del ruolo dei consorzi di garanzia, come il nostro Act, che consentono di allentare, almeno parzialmente, la stretta morsa dei vincoli bancari. I consorzi hanno permesso a molte aziende di poter ottenere quei prestiti ai quali difficilmente avrebbero potuto accedere, ma rimangono da rivedere i tempi di attesa tra la presentazione della pratica e la delibera che, a volte, costringe le imprese a prendere vie meno economiche, ma più rapide. Un altro punto fondamentale riguarda il fisco. Tutte le azioni che si possono fare in favore dell’impresa sono fumo se non si procede con la “madre” di tutte le riforme, vale a dire la riduzione della pressione fiscale. Non possiamo sopportare, ulteriormente, una fiscalità che, in termini reali, è ben oltre il 50% e che fa pensare che nel nostro Paese vige una dittatura fiscale! A questo proposito peraltro, qualcosa pare si stia muovendo a livello politico. Il Governo Renzi ha, per la prima volta, predisposto una riduzione del cuneo fiscale che consentirà ad una platea di 10 milioni di persone di usufruire di 80 euro in più in busta paga. Si tratta di un provvedimento parziale, incompleto, ma che vogliamo prendere  come il primo vero segnale di attenzione della classe politica verso i cittadini. La diminuzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese è la priorità del Paese e deve essere accompagnata da una lotta all’evasione da condurre senza pregiudizi. A rendere più complessa la sfida sono quindi i vincoli della finanza pubblica, che limitano le risorse per le politiche del lavoro. In particolare il fiscal compact che ci impone di tornare, nei prossimi 20 anni, ad un rapporto debito pil al 60% contro il 135% attuale. Questo è un giogo che non possiamo permetterci e che va ritrattato altrimenti dovremo trovare, a partire dal prossimo gennaio, una somma tra i 40 ed i 50 miliardi all’anno per 20 anni… utopia! Una grande mano per l’uscita dalla crisi può venire dall’eco-industria che sta mettendo in moto un circolo economico virtuoso oltre a garantire un ambiente più salubre e sano per tutti. Tante aziende, anche artigiane, si stanno già muovendo in questa direzione mettendo la sostenibilità al centro del proprio business. Prendiamo ad esempio il caso dell’eco – costruzione. I nuovi settori che appaiono più promettenti, nell’ambito della crisi generale dell’edilizia italiana, sono la riqualificazione del patrimonio esistente soprattutto per gli impianti tecnologici, le energie rinnovabili e il retrofit energetico ossia l’intervento sugli edifici esistenti finalizzato al miglioramento delle prestazioni energetiche”.

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