Casa Famiglia Santa Margherita, in 5 anni oltre 25 madri accolte foto

Per non lasciarle da sole. Nasce con quest’intento, nel lontano 1983, per volontà del vescovo Agresti, la Casa Famiglia Santa Margherita che dal 2010 è gestita dalla cooperativa sociale Margherita e le altre, associata al Consorzio So&Co. Si tratta di una struttura accreditata per aiutare le madri con problematiche di tipo economico, psicologico e sociale che qui arrivano a seguito di una segnalazione da parte dei servizi sociali o del tribunale che impongono una valutazione delle competenze genitoriali da parte di un’equipe formata da sei educatori – di cui due, a turno, disponibili 24 ore su 24 – un responsabile di struttura e due consulenti psicologi. Sono oltre 25 le madri, di diversa età e nazionalità, accolte solo negli ultimi 5 anni presso la Casa Famiglia e chiamate ad affrontare un percorso individuale ben preciso, e di variabile durata, che prevede una prima fase di osservazione, seguita da un lavoro sulle responsabilità genitoriali e sull’autonomia sino ad arrivare alle dimissioni; in questo periodo, gli operatori della cooperativa, in accordo con i servizi sociali, accompagnano per mano le donne lungo un delicato cammino di tutela e salvaguardia della maternità e del benessere dei loro piccoli.

“Instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione, combattendo le ritrosità resta di cardinale importanza per il successo di ogni percorso individuale”, sostiene Silvia Iacopetti, presidente della cooperativa, che non manca di rivelare come certe volte le criticità siano dovute alla tendenza di certi ospiti, mosse da una comprensibile paura e diffidenza, di concentrarsi troppo su loro stesse e sui propri bisogni, lasciando in secondo piano quelli del loro geniti. Sette le madri oggi ospitate presso la struttura che metodicamente affrontano un lavoro di crescita individuale unito alla costruzione di un equilibrato rapporto con il proprio figlio. Costanza e quotidianità che testimoniano la volontà degli operatori di ricreare un ambiente dove una calorosa familiarità e una rassicurante consuetudine siano parte integrante del processo di recupero. E  se nel tempo le problematiche delle madri si sono diversificate, aumentando e sovrapponendosi tra di loro (maggiormente frequenti sono le criticità legate alla provenienza da famiglie disagiate, le difficoltà economiche, i disturbi mentali e la violenza domestica) anche le competenze degli operatori si sono dovute adattare, evolvendosi. Altro fattore di responsabilizzazione, è poi la convivenza: ciascuna ospite, infatti, vive con il proprio figlio in una camera singola dividendo i servizi igienici con un’altra compagna e ogni spazio comune – il soggiorno, la cucina, la sala giochi e il giardino – con tutte le altre: fare i lavori di casa e tenere in ordine gli ambienti non solo impegna le donne nell’arco della giornata ma aiuta anche a creare rapporti solidi e affiatati. Frequenti sono anche i casi di ospiti dimesse dalla struttura che poi hanno deciso di andare ad abitare insieme, animate da uno spirito di forte reciprocità. “Siamo dalla loro parte, combattiamo per loro e con loro” ribadisce Silvia Iacopetti che in tutti questi anni non ha mai smesso di affrontare ogni singolo caso con estrema forza, tenacia e sensibilità.

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