Privacy per donne vittime di violenza, petizione da Lucca

Tutela della privacy per le donne vittime di violenza. Parte oggi (11 giugno) da Lucca la petizione per la modifica dell’articolo 24 del decreto legge 80/2015 e dell’articolo 30 del decreto legge 165/2001. L’associazione Luna e la Cgil di Lucca si rivologono così al presidente della Repubblica e al governo per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’importanza di tutalere, anche sul luogo di lavoro, la riservatezza dei dati sensibili delle donne che stanno uscendo da un’esperienza difficile.

L’articolo 24 prevede un congedo di tre mesi per le donne vittime di violenza, ma mette agli atti, e quindi rende noto al datore di lavoro i motivi del congedo. “Questa petizione è nata perché riteniamo che in questo modo le donne che stanno facendo un percorso per uscire dalla violenza siano ulteriormente discriminate – afferma Maria Rosaria Costabile, segretaria confederale della Cgil di Lucca -. L’articolo 24 è stato una conquista ma deve essere modificato perché in questo modo viola la legge che tutela il trattamento dei dati personali”. La petizione parte da Lucca ma sarà promossa a livello nazionale, attraverso iniziative e momenti di condivisione con la cittadinanza. “Riconosciamo l’importanza dell’articolo 24, ma applicandolo nella realtà abbiamo rilevato le sue incongruenze – ha detto Daniela Caselli, presidente dell’associazione Luna -. Abbiamo avuto un caso emblematico di stalking di un datore di lavoro nei confronti di una dipendente, che ha mostrato perfettamente tutta l’inadeguatezza di questo articolo. Le nostre avvocate hanno lavorato mesi per elaborare questa petizione, nella speranza che diventi una valanga a livello nazionale”. Nella petizione si chiede la modifica dell’articolo 24, comma terzo del decreto legge 80/2015, prevedendo che l’unico obbligo della lavoratrice sia quello di presentare al datore di lavoro la ricevuta del protocollo Inps relativa alla domanda di congedo quale vittima di violenza di genere e l’abrogazione dell’articolo 30 comma 1 del decreto di legge 165/2001 nella parte in cui dispone in capo all’istante l’onere di produrre la certificazione dei servizi sociali attestante l’insertimento della lavoratrice in un percorso di protezione. “Anche quando si studiano norme vantaggiose per la tutela delle donne, calate nella vita reale possono rivelarsi poco fruibili – ribadisce Barbara Orlandi, respondabile del coordinamento donne della Cgil Toscana -. Uscire da una situazione di violenza è complicato, non possiamo permetterci che questo articolo diventi un freno alla ricostruzione di un nuovo percorso”. La petizione, nata da uno studio capillare delle leggi, vuole essere una critica costruttiva. “Non c’è nessuno schiermento politico nella nostra proposta – ha sottolineato la presidente dell’associazione Luna – ma la necessità di metterne in evidenza le criticità soprattutto dopo la revisione della legge 41 regionale che ha normato le case di rifugio rendendo però nota ai vari uffici di competenza, e quindi a più persone, l’ubicazione di strutture che per questioni di sicurezza devono rimanere segrete”. Questa petizione è resa possibile grazie a una rete di collaborazioni tra le diverse realtà territoriali (la sede della Cgil ospita uno sportello per dare un primo supporto) che si è concretizzata nel protocollo dell’8 marzo. La violenza sulle donne rimane un tema tristemente attuale che continua a fare vittime tra le mura domestiche ma anche in ambito lavorativo, tra molestie e discriminazioni. Proprio per questo la collaborazione tra centri antiviolenza e sindacati è fondamentale. 

Jessica Quilici

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