Cibo da asporto, partenza a rilento. Tante incertezze per il futuro del settore

Ristoratori e titolari di bar e pasticcerie provano a ripartire. Il problema restano il crollo del fatturato e le norme di sicurezza da seguire per la riapertura

Take away, ci siamo? Forse no. Partiva ufficialmente oggi (24 aprile) la possibilità per le attività legate a diverso titolo al settore della ristorazione di vendere cibo d’asporto alla propria clientela. Tuttavia, tra clienti ancora ignari, costi del personale per effettuare l’asporto e forti dubbi circa la possibilità di riaprire in mancanza di una normativa nazionale chiara, la situazione appare ancora un garbuglio.

Stando all’ordinanza numero 41/2020 firmata dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, bar, pasticcerie, locali ed affini possono aprire le porte per accogliere, soltanto previo appuntamento telefonico, utenti che vengano a ritirare il proprio ordine. Il tutto, seguendo pedissequamente ritmi scadenzati, una persona alla volta, con intervalli netti, in modo da non innescare gli ormai celebri assembramenti.

Un’iniezione di fiducia – almeno negli intenti della disposizione – per chi in queste settimane è riuscito a sfangarla a malapena convertendosi al culto delle consegne a domicilio, mentre i fatturati scendevano in picchiata.

La chance, tuttavia, sembra essere stata accolta con una qual certa diffidenza dagli esercenti lucchesi, legittimamente indecisi sul da farsi. Un atteggiamento comprensibile: da un lato, l’accavallarsi di normative inedite ad ogni livello – nazionale, regionale e locale – non facilita un’interpretazione agile circa le buone pratiche da osservare per non incorrere in sanzioni. Dall’altro – e sembra questo il risvolto ancor più interessante – in alcuni casi il take away potrebbe, in qualche modo, andare a influire negativamente sulle consegne a domicilio.

“Nelle ultime settimane – dichiara Eleonora Cardullo, una delle titolari della pasticceria Buralli che gode di due punti vendita, su viale Europa ed in centro città – ci siamo attrezzati con le consegne a casa dei clienti. Il giro d’affari non è assolutamente lo stesso, ma stiamo procedendo a buon ritmo”. La storica pasticceria, così come molte altre realtà simili, versa evidentemente in un momento di difficoltà: “Abbiamo una responsabilità nei confronti di venti famiglie che lavorano per noi, – osserva Eleonora – molte delle quali ancora in attesa dei soldi che devono arrivare dalla cassa integrazione”. La nuova possibilità induce tuttavia a soppesare i reali vantaggi: “Non si tratterà di una vera riapertura al pubblico – prosegue Buralli – ma della possibilità di ricevere un cliente per volta per il take away, previa prenotazione. Non potremo tenere prodotti al banco, come faremmo solitamente: il servizio bar continua a rimanere annientato. Per questo, senza alcuna preclusione, valuteremo se convenga tenere del personale per ricevere i clienti, naturalmente in sicurezza, o se non sia meglio concentrare le forze per il solo delivery. Molto dipenderà, ovviamente, dal numero delle prenotazioni per asporto”. Un plauso, nel frattempo, va ai provvedimenti intrapresi dal Comune di Lucca: “La sospensione del suolo pubblico e delle Ztl in centro è una bella mano, ma a questo punto il vero aiuto deve arrivare a livello nazionale, dal governo. Quando sarà possibile riaprire – conclude – potremo contare anche sui nostri spazi esterni per tenere le persone distanziate, ma c’è davvero bisogno di pensare a soluzioni rapide e concrete, perché queste settimane hanno tagliato le gambe al commercio”.

Cauto anche Ademaro Cordoni, presidente in carica di Confcommercio Lucca e titolare della storica pasticceria Pinelli: “Fino a qui il servizio a domicilio ha funzionato bene, abbiamo lavorato molto, specie a ridosso della Pasqua. Non ci siamo ancora predisposti per il take away, perché serve presenza in negozio e dobbiamo rispettare diversi accorgimenti, ma gradualmente arriveremo anche a quello”. Poi, sui provvedimenti di palazzo Orsetti: “Quello che è stato fatto per Ztl e suolo pubblico è un primo passo, un buon inizio. Dovremo accompagnarlo, perché la crisi sarà ancora molto lunga e si tratta di uno scenario inedito per tutti”.

Di razionalità e calma olimpica parla Stefano Monton, a capo della pasticceria Regina: “Grazie alla comunicazione fatta per il servizio delivery partiamo avvantaggiati, perché siamo stati in grado di informare molti clienti, che ancora non lo sapevano, della partenza del take away. Già oggi abbiamo avuto le prime prenotazioni telefoniche ed i primi ritiri: ci siamo organizzati con un campanello ed una postazione all’esterno, per svolgere tutte le operazioni in massima sicurezza”. Il servizio d’asporto è attivo dalle 12 alle 20, per dare un segnale preciso: “Coprendo questo spettro – spiega Monton – facciamo in modo che chi è uscito per recarsi in farmacia o per andare a fare la spesa faccia un giro unico, evitando di spostarsi più volte”.

Monton evidenzia come la Toscana sia “la prima regione in Italia a concedere questa gestione delle vendite ed è un bel passo avanti. Il fatturato mancante resta la nota dolente, ma dobbiamo continuare ad attenerci alle regole se vogliamo tornare il prima possibile ad una parvenza di normalità. Anche il Comune ha messo in atto forme di aiuto: si trovano, come tutti noi, a fronteggiare una situazione mai vista prima. Rimbocchiamoci le maniche e veniamoci incontro”.

Tanto lavoro in serata per i ristoranti, anche se a farla da padrona resta il delivery: “Stasera stiamo ricevendo davvero molti ordini per la consegna a casa – commenta Agnese Giorgetti, titolare di Contantoamore – ma devo dire che anche il take away è partito con il piede giusto. Abbiamo già accolto le prime persone con tutte le precauzioni del caso e ci siamo anche dotati di cartelli all’esterno per segnalare il servizio. Per il resto, non possiamo far altro che incrociare le dita”.

Spostandosi in centro città, mentre il delivery fa stabilmente parte del dna de Gli orti di via Elisa ormai da tre anni e mezzo, il take away comincia da oggi a prendere gradualmente piede. Il vero tema, tuttavia, è un altro e – secondo Samuele Cosentino, esponente di spicco di Confcommercio, impegnato questa sera anche a La Buca di Sant’Antonio – ha a che fare con la necessità di un intervento risolutivo a livello regionale e nazionale. “Le misure adottate dal Comune? L’intento è buono, ma in mancanza di un’ordinanza o di un decreto che ci indichino come poter davvero riprendere la nostra attività, perdono valore. Come dire – spiega Cosentino – tu mi puoi regalare tutto, i parcheggi, il suolo pubblico, le Ztl, ma se poi non ho clienti a cosa mi serve? Tutto questo acquista un senso in presenza di regole chiare, che ci consentano di lavorare”.

Per Cosentino, inoltre, dal tavolo manca completamente la questione dei nuclei familiari conviventi: “Gente che divide il letto o il divano – commenta – sarà costretta a presentare un’autocertificazione per sedere allo stesso tavolo, in mancanza di una normativa”. Già, ma a quale distanza? “Un metro e ottanta – argomenta ancora – è decisamente troppo. Chi viene al ristorante cerca buon cibo e convivialità, altrimenti ordina e se ne sta a casa”.

Cruciale, in questo passaggio, è l’individuazione del cliente tipo: “Cominciamo a togliere i turisti stranieri e quelli italiani. Restano i lucchesi, da cui dobbiamo scremare tutti coloro che versano in condizioni di difficoltà: molti hanno perso il lavoro, altri attendono ancora i 600 euro dall’Inps o la cassa integrazione: quanta gente credete che resti per uscire a cena la sera?”.

Un’altra scure che pende sulle teste dei ristoratori è quella dei costi fissi per tenere aperto: “Dobbiamo pagare di tasca nostra i dispositivi di protezione per il personale e per i clienti, santificazioni giornaliere, consulenze sulla sicurezza: a queste condizioni, in mancanza di clienti, è preferibile tenere chiuso e fare delivery o take away. Serve – conclude – un deciso pressing da parte delle istituzioni locali verso Regione e Governo: sono sicuro che lo stanno facendo, perché nessuno, nemmeno Palazzo Orsetti, gode di risorse infinite”.

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