Conte of Florence, D’Ambrosio: “La priorità è non lasciare i lavoratori economicamente scoperti”

La Filctem Cgil replica al curatore fallimentare: "Non garantire la continuità è stata scelta consapevole, ci opporremo al licenziamento collettivo"

Fallimento Conte of Florence e procedura di licenziamento collettivo in vista, non si fa attendere l’intervento della sindaca di Altopascio, Sara D’Ambrosio: “Ho seguito fin dal 2018 la situazione di Conte of Florence, che riguarda anche un gruppo di lavoratori impiegati nello stabilimento di Altopascio e altre persone di diverse zone d’Italia, divise tra produzione e rete di vendita e distribuzione – commenta il sindaco – Una situazione molto delicata, che suscita parecchia preoccupazione, unita al dispiacere: la preoccupazione rispetto al futuro di questi lavoratori, il dispiacere di veder definitivamente terminare l’esperienza di un marchio della moda toscana conosciuto in tutto il mondo. Ho seguito anche gli interventi degli ultimi giorni, a partire proprio dalla presa di posizione del sindacato, che pone un problema oggettivo e reale sulla necessità di assicurare ai lavoratori il pagamento degli ammortizzatori sociali”.

“Questo ultimo nodo deve essere necessariamente sciolto nel modo più rapido possibile, così da consentire ai lavoratori di accedere quanto prima alla Naspi – continua la sindaca -. Da parte mia e dell’amministrazione comunale c’è la massima disponibilità e il massimo sostegno nei confronti dei lavoratori, ai quali va tutta la nostra solidarietà. Restiamo a disposizione anche del curatore fallimentare per ogni necessità con la convinzione che ora sia seriamente importante non lasciare economicamente scoperti i lavoratori, che vengono già da anni di restrizioni e di difficoltà e grande incertezza”.

Non manca neanche la replica di Filctem Cgil al curatore fallimentare: “Il disappunto sulle dichiarazioni non riguarda il funzionamento del diritto fallimentare, del quale è perfino professore il signor Della Santina, ma il fatto che lo stesso ordinamento giuridico non preveda necessariamente nemmeno l’aggravare le condizioni dei lavoratori, soprattutto se evitabile, come invece è successo. Fin da marzo infatti la Filctem Cgil Lucca si ha insistito con la curatela perché venissero fatte le verifiche preventive necessarie circa il percorso da intraprendere, per evitare che i lavoratori rimasti in forza all’azienda subissero un’interruzione del sostegno al reddito e dei contributi. Queste valutazioni avrebbero dovuto stabilire la possibilità di attivare una cassa integrazione straordinaria per cessazione dopo la scadenza prevista per il 30 giugno. Però, stando all’evidenza dei fatti, la questione non ha interessato sufficientemente la curatela, che invece avrebbe potuto, e quantomeno moralmente dovuto, dare continuità a tali coperture con gli strumenti utili previsti in questi casi”.

“Si dovrebbe poter supporre che i requisiti minimi per l’accesso alla cassa integrazione straordinaria per cessione fossero già noti e verificabili anche ai suddetti interessati – dice ancora il sindacato – e questi  prevedono che: “nel caso di cessione dell’attività al fine di poter accedere al trattamento di Cigs, è necessario che si ravvisino congiuntamente le condizioni indicate all’articolo 2 del decreto interministeriale numero 95075 del 25 marzo 2017; l’impresa decida di cessare l’attività produttiva e, contestualmente, evidenzi concrete e rapide prospettive di cessione azienda per l’aggravarsi di iniziali difficoltà e impossibilità di portare a termine un eventuale piano di risanamento originariamente predisposto; sia presentato un piano di cessione dei lavoratori ricollegabili nell’entità e nei tempi alla cessione aziendale e ai nuovi interventi programmati; sia stipulato uno specifico accordo presso il ministero del lavoro con la presenza dello sviluppo economico e della/e regione/i interessata/e; nell’istanza sia presentato un piano di riassorbimento occupazionale dal cessionario, garantito dalle parti con la procedura sindacale di trasferimento di azienda. Il piano di cessione deve essere articolato, infatti, in modo tale che sia garantita il più possibile la salvaguardia dei livelli occupazionali”. Invece non solo la richiesta della cassa integrazione è stata effettuata in ritardo rispetto alle più ragionevoli tempistiche per una corretta gestione del caso, ma è stata addirittura ritirata dagli uffici ministeriali quando la curatela stessa, con un’ulteriore settimana di ritardo, si è resa conto di non rispettare i requisiti necessari. Così facendo, i lavoratori si sono ritrovati in un periodo di mancanza sia a livello di sostegno economico che di contribuzione che sarebbe stato facilmente evitabile. Prendiamo quindi atto della scelta consapevole del curatore di non dare continuità delle coperture ai propri dipendenti, fatto per cui non possiamo esimerci dall’esprimere un forte disappunto. Come già detto, per quanto riguarda la nuova procedura di licenziamento collettivo, ci siamo già costituiti nell’esame congiunto previsto, auspicando che si possa discutere e concretizzare il tutto nel migliore dei modi e negli interessi dei singoli lavoratori, magari riempiendo questo periodo di vuoto facendosi carico del danno provocato da scelte irresponsabili“.

“La Conte of Florence è un marchio simbolo della moda toscana, non può andare perduto, anche perché il fallimento dell’azienda porta con sé il licenziamento dei 50 dipendenti rimasti. Servono nuovi ammortizzatori sociali e, contemporaneamente, occorre che la Regione Toscana garantisca il suo impegno ad attivarsi per trovare un acquirente che siamo certi non mancherebbe, per rilevare un brand di qualità, fondato a Firenze nel 1952″. Lo chiede il capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale della Toscana, Marco Stella, che ha presentato un’interrogazione in cui si chiede, tra le altre cose, “quali sono stati i motivi che hanno portato le due società industriali italiane del settore, che avevano manifestato interesse all’acquisto, a non procedere concretamente all’offerta”.

“Nel 2018 – ricorda Stella – il tribunale di Lucca aveva concesso una prima proroga dell’esercizio provvisorio per riuscire ad ottenere un completo rilancio dell’attività aziendale, attraverso una eventuale cessione a terzi, ma i tentativi di cessione del marchio non sono andati a buon fine, nonostante sul mercato asiatico l’azienda stesse ottenendo buoni risultati commerciali. I dipendenti e i sindacati chiedono che si prosegua sul fronte della cessione del marchio a un’azienda del settore, e per questo anche noi chiediamo che la Regione si impegni su questo fronte, in un quadro di proroga degli ammortizzatori sociali per i 50 lavoratori”.

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