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Toscana, Umbria e Marche insieme, Rossi “spinge” per la macroregione dell’Italia di mezzo

Toscana, Umbria e Marche si assomigliano. Hanno numeri, necessità ed opportunità comuni e possono dunque formare utilmente una macroregione. Soprattutto possono integrare molti servizi tra loro. Ne è convinto il presidente della Toscana Enrico Rossi che nelle settimane scorse ha lanciato la proposta di un’alleanza tra Toscana, Umbria e Marche per una nuova regione che dal Tirreno arrivi fino all’Adriatico, un progetto di “regionalismo differenziato” e Regioni diverse da quelle che sono ora per ridurre i costi e contare di più in Europa, un luogo su cui si distendono opere importanti – ricorda Rossi – come l’incompiuta Grosseto-Fano che, se realizzata, intreccerebbe i flussi del grande corridoio europeo Kiev-Lisbona connettendo anche due porti, Ancona e Livorno.

Di questo hanno parlato oggi a Perugia, a pranzo, il presidente della Toscana Enrico Rossi con la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini e il presidente delle Marche Luca Ceriscioli: l’occasione per avviare una comune riflessione sull’integrazione dei servizi e la riforma dell’assetto regionalista dello Stato.
In Europa la Francia ha ridotto l’anno scorso da 22 a 13 le proprie regioni, in Germania i Laender più piccoli stanno chiedendo di unirsi, per ridurre costi e sprechi, e anche nel Parlamento italiano, dopo le Province, si torna a discutere di una possibile modifica ai confini delle Regioni, nate quarantacinque anni fa, per farle passare magari da venti a dodici: è la proposta del senatori Ranucci e Morassut, che gira dal dicembre dell’anno scorso e che il Governo ha fatto propria ad ottobre con un ordine del giorno votato in Senato, stessi numeri ma confini non sempre identici rispetto all’altro famoso ridisegno in chiave federalista elaborato nel 1992 dalla Fondazione Agnelli.
Furono i ricercatori di quella fondazione a parlare per primi dell’opportunità di creare macroregioni. Per la Toscana avevano previsto una fusione con tutta l’Umbria o, seconda ipotesi, solo con la provincia di Perugia per fondere quella di Terni con il Lazio. Le Marche si allungavano per la Fondazione Agnelli da Pesaro fino all’Aquila e Campobasso. Nella proposta Ranucci-Morassut, in discussione al Parlamento, Toscana ed Umbria si arricchirebbero ulteriormente della Provincia di Viterbo, irrobustendosi dunque non solo a levante ma anche a sud. Le Marche, senza Pesaro, vanno assieme all’Abruzzo e le province di Rieti e Isernia. Per Rossi invece la geografia più congeniale è quella di un’unica regione che dal Tirreno, attraverso gli Appennini, si possa affacciare sull’Adriatico. Una geografia che permetterebbe di ristabilire un continuum anche con un’exclave, quella umbra di Monte Ruperto (fisicamente nella Marche ma amministrativamente dipendente da Città di Castello), mentre non si potrebbe fare per Ca’ Raffaello, exclave toscana fino al 2009 in territorio marchigiano ma che da sei anni fa è diventata terra toscana in Romagna, per il passaggio dei comuni attorno da una regione all’altra.

 

I numeri
Insieme Toscana, Umbria e Marche, con un asse lungo quasi 400 chilometri da Zeri in Lunigiana fino a Porto d’Ascoli sull’Adriatico, raccoglierebbero un territorio di oltre 41 mila chilometri quadrati, quasi il doppio dell’attuale Toscana che ne misura oggi poco meno di 23 mila, e 570 chilometri di costa continentale, per oltre due terzi in Toscana e il resto nelle Marche. Ad abitare la grande regione 6 milioni e 230 mila cittadini, somma di 3 milioni e 790 mila toscani, 1 milione e 550 mila marchigiani e 890 mila umbri.
Già oggi le tre regioni si assomigliano per tanti aspetti, per la storia e l’economia, per l’arte di Giotto, Piero della Francesca e Raffaello migranti tra il Mugello, Assisi, Jesi e Fabriano, tra Arezzo, Perugia, Urbino, Loreto e Ancona o tra Urbino e Firenze, per l’origine delle piccole e medie imprese che affondano le loro radici nella scuola offerta dalla mezzadria, ovunque ampiamente diffusa fino a metà del secolo scorso e poi scomparsa, per la dolcezza della collina che nelle Marche e in Umbria coprono sette decimi di territorio e in Toscana un quarto, per la distribuzione anche degli abitanti (circa 160 per chilometro quadrato in Toscana e Marche, un centinaio in Umbria). Una comunanza già sottolineata da Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia negli anni Cinquanta.
Ovunque nelle tre regioni le piccole imprese, quelle con meno di dieci addetti, oscillano tra il 56 e il 54 per cento, mentre quelle con più di cinquanta sono il 13 per cento e oltre 250 meno del sette. Nei consigli regionali siedono in 40 in Toscana, in 20 in Umbria e in 30 nelle Marche, rispettivamente con 279, 92 e 239 comuni. Le giunte regionali contano invece otto assessori in Toscana, cinque in Umbria e sei nelle Marche.
Il “patto del Sagrantino”. Insieme è meglio per tutti. I presidenti di Toscana, Umbria e Marche sottoscrivono quello che loro stessi hanno definito oggi, scherzando con i giornalisti incontrati a Palazzo Donini a Perugia sotto un cielo piovigginoso, “il patto del Sagrantino”, vino rosso con cui hanno brindato a pranzo. L’accordo a cui hanno dato il via libera è un doppio binario, con un occhio volto al presente e l’altro puntato un po’ più avanti nel tempo, strabico come deve essere la politica. Subito al lavoro dunque per un progetto concreto di collaborazione tra le tre Regioni, che possa mettere insieme ad esempio centrali acquisti e enti pagatori, la gestione dei fondi comunitari o la forza di tre economie a vantaggio di export, turismo e internazionalizzazione, ma anche un dibattito non astruso e che coinvolga dal basso le tre comunità, con lo sguardo volto più avanti e sapendo che in Italia si discute di rivedere i confini regionali, per iniziare a capire se una macroregione dalla Toscana all’Umbria alle Marche, una regione con due mari, possa nascere e come la si possa costruire. Oggi a Perugia l’Italia di Mezzo prefigurata dal presidente Rossi ha mosso i suoi primi passi concreti. Una macroregione da oltre sei milioni di abitanti, il 10 per cento di tutta Italia e con il 12 % del Pil nazionale. L’attende appunto un doppio percorso ma è un percorso concreto, tant’è che i tre presidenti si sono impegnati a presentare subito a gennaio, dopo l’approvazione dei bilanci, un documento ai rispettivi consigli regionali. Un testo breve, ma chiaro.

“Lavorare da subito insieme – spiega Rossi, che un mese fa aveva lanciato l’idea di un’alleanza tra le tre regioni – vuol dire ad esempio gestire in modo coordinato i fondi comunitari o presentarsi con progetti condivisi all’Unione europea, dove se due regioni o meglio tre si presentano insieme sono subito ascoltate dal direttore generali”. “Lavorare insieme – aggiunge – vuol dire fare squadra sull’internazionalizzazione o il turismo”. In qualche caso si potrebbe anche partire domani, in altri servirà un passaggio nazionale.. “Anche sull’agenda digitale (che significa migliori servizi e infrastrutture informatiche per cittadini e imprese ndr) i vantaggi potrebbero essere immediati” prosegue Rossi. E lo sottolinea anche il presidente delle Marche, Luca Ceriscioli. “Un piano unico per la banda ultra larga tra Umbria, Toscana e Marche ha evidentemente un peso diverso”. “Migliori servizi e migliore proiezione internazionale – ripete la presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini, nel fare gli onori di casa – Sono questi gli obiettivi che guideranno la nostra scaletta di lavoro”. Costi minori e magari qualche riverbero anche sull’occupazione. “Mettere al centro le persone – ribadiscono – senza per questo dover rinunciare a niente”. Senza obblighi perché Regioni con i conti a posto, ma semplicemente convinti di far una cosa utile. Sotto la volta affrescata della sala giunta di Palazzo Donini i tre presidenti parlano all’unisono, si citano e si prestano più volte le parole. Non emergono sfumature diverse. Una casa nuova, dicono, non si può che costruire su solide e buone fondamenta: inutile pensare ora ai comignoli. E le fondamenta si costruiscono lavorando su questioni concrete.
Il dibattito su un’unica macroregione, sottolineano, dovrà coinvolgere i consigli regionali ma anche il mondo delle imprese. Non dovrà essere una soluzione calata dall’alto né il frutto di un laboratorio a freddo. “Venti regioni in Italia penso che oggi siano troppe” confessa Rossi. “Intanto – prosegue, guardando all’oggi – si potrebbe da subito dar vita ad un’unica centrale acquisti per la sanità” dice Rossi. Una sanità di tre regioni virtuose e tra i primi cinque posti della graduatoria nazionale. Artea, l’ente pagatore della Toscana, potrebbe svolgere lo stesso compito anche per Umbria e Marche, dove gli agricoltori e i destinatari dei contributi e fondi europei sono costretti adesso a tempi molto più lunghi dei toscani dovendosi affidare al ministero. Di questo e di altre possibili declinazioni concrete i tre presidenti hanno parlato a tavola per un paio di ore, tra un antipasto di torta al testo e una tagliatella al tartufo. Un pranzo leggero, fitto di parole. E naturalmente hanno parlato anche di infrastrutture, a partire dall’incompiuta Grosseto-Fano su cui la prossima battaglia dovrà essere quella di farla rientrare tra i corridoi direttamente finanziati dall’Europa. “Ma per far questo – ricorda Rossi – occorre presentarsi all’Europa uniti e con priorità condivise”. “Ci uniscono la storia e l’economia, un’identità di paesaggio e l’agricoltura” conclude il presidente. Anche le imprese del settore della moda o della casa sono un tratto condiviso tra Toscana, Umbria e Marche.. “Ma abbiamo allo stesso tempo problemi comuni che possiamo affrontare insieme – rimarca – e da lì vogliamo partire”:. In attesa di quella casa nuova da costruire che, scherzano i tre presidenti, non potrà che avere sul tetto i coppi in cotto.

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