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Regione, ok alla riorganizzazione delle zone distretto

Sanità toscana: la revisione degli ambiti territoriali delle zone distretto è legge. Il Consiglio regionale ha approvato il provvedimento a conclusione di un ampio dibattito con 23 voti a favore (Pd) e 16 voti contrari (tutti i gruppi di opposizione). Il testo presentato dalla Giunta regionale e ridisegnato dai 18 emendamenti della commissione è stato oggetto di poche ulteriori modifiche in Aula. Respinti gli emendamenti presentati dalle opposizioni e un ordine del giorno del Movimento 5 stelle, sono stati approvati alcuni emendamenti del Partito democratico, tra i quali quello che introduce una clausola valutativa, per dare al consiglio regionale la possibilità di verificare dopo un anno i risultati della riorganizzazione, “nel rispetto e per le esigenze di valorizzazione di tutte le entità territoriali”, come ha spiegato nell’illustrazione in aula la consigliera Lucia De Robertis.

Il consiglio regionale potrà quindi valutare i risultati ottenuti dalla revisione delle zone distretto, in particolare per considerare sia la possibilità di rivedere la perimetrazione delle zone distretto, anche valutando l’opportunità dell’eventuale revisione degli ambiti territoriali aziendali e dell’istituzione di zone distretto composte da Comuni attualmente afferenti ad aziende unità sanitarie locali diverse; sia l’implementazione delle misure finalizzate a garantire analoghi livelli di servizi socio-sanitari a tutti i residenti nelle zone di confine, mediante una maggiore integrazione delle prestazioni erogate dalle diverse aziende unità sanitarie locali. “Dal territorio del Valdarno è emersa la forte volontà di verificare la possibilità di rivedere la perimetrazione – ha spiegato Lucia De Robertis – Alcuni Comuni toscani si trovano al confine anche con altre Regioni, una integrazione è necessaria”.
L’emendamento ha ottenuto anche il voto favorevole di Forza Italia e Lega nord. “Un voto favorevole al dettato dell’emendamento – ha detto in aula Stefano Mugnai (capogruppo Forza Italia) – ma avendo visto ciò che è successo anche nella discussione di questa legge, so bene che questo è un pannicello caldo, per tornare in Valdarno e dire ai sindaci che qualcosa è stato fatto. Ho poca fiducia che vi sia una effettiva consequenzialità, vi invito tra un anno ad aprire una discussione seria e aperta rispetto alle cose fatte”. Soddisfazione per il Partito Democratico è stata espressa in aula da Valentina Vadi: “L’emendamento risponde alle esigenze espresse dalla conferenza dei sindaci del Valdarno aretino in un documento condiviso all’unanimità per chiedere la possibilità, per tutto il Valdarno, di unirsi in futuro in una sola zona distretto. Dal territorio è venuta una richiesta e ha trovato accoglimento: ora ci sarà tutto il tempo per procedere, se c’è veramente una volontà politica comune”. E l’auspicio, ha concluso Valentina Vadi, è “che quei Comuni possano trovare la via per arrivare a un distretto unico”. Voto favorevole è stato annunciato anche da Marco Casucci per la Lega: “Questo emendamento nasce dalla reazione di un territorio alla chiusura del Partito democratico. Tenere la porta aperta alla possibilità di un Valdarno unito in ambito sanitario, vuol dire capire che qualche rischio per il territorio ci può essere”. Il consigliere Paolo Sarti ha annunciato l’astensione di Sì-Toscana a sinistra.

La relazione del presidente della commissione sanità
“Questa è la seconda gamba del processo di riforma della sanità toscana. Abbiamo fatto un buon lavoro, concentrati sull’ascolto dei territori e nel rispetto dei tempi che ci eravamo dati. La revisione degli ambiti territoriali delle zone distretto rappresenta una straordinaria opportunità per i sindaci”. Così il presidente della commissione sanità in consiglio regionale, Stefano Scaramelli (Pd), ha illustrato la proposta di legge che riduce le zone-distretto da 34 a 26 e sulla quale “ci giochiamo molto” ha osservato. “La riforma produrrà effetti e avrà efficacia se questa parte riuscirà ad essere compresa dagli amministratori locali” ha spiegato annunciando la terza fase, quella del “governo clinico, che affronteremo nel prossimo mese, terminando il processo a due anni esatti dal nostro insediamento. Allora sarà corretto iniziare una verifica che non rimanderemo” ha assicurato il presidente. “Avremo potuto fare molto di più, ne siamo consapevoli. È positivo e da rilevare – ha continuato – che il Partito democratico faccia una scelta oggettiva e abbia il coraggio di decidere anche rispetto a quello che era il prevalente modello di gestione sul territorio. Le norme che abbiamo prodotto sono una scelta evidente che offre ai sindaci un’opportunità straordinaria. Se la sapranno cogliere – ha concluso – non soltanto faranno programmazione e decideranno le strategie, avranno anche una gestione autonoma, diretta e le aziende sanitarie locali saranno a servizio della volontà politica dei cittadini”.

La proposta di legge nel dettaglio
Le zone-distretto vengono ridotte da 34 a 26. In commissione Sanità sono stati approvati 18 emendamenti al testo presentato dalla giunta. Tra le modifiche introdotte: si restituisce a chi faceva parte delle vecchie zone la possibilità di partecipare alla programmazione con il diritto di voto. Viene accentuata la scelta verso la Società della salute quale perno della riorganizzazione. Il modello viene incentivato con un meccanismo che può arrivare, per le nuove zone distretto, a 450mila euro l’anno per cinque anni, al fine di favorire accorpamenti e nuovi servizi. Nella proposta della Giunta le nuove zone distretto non potevano comprendere più di 25 Comuni, né popolazione inferiore a 50mila abitanti: gli emendamenti eliminano questi limiti per la definizione di ogni zona, che deve rispondere prioritariamente alla necessità di assicurare il maggior livello di servizi possibile ai cittadini. Non possono esserci zone distretto i cui Comuni afferiscano a due Asl differenti. E ancora: rappresentanza per le realtà periferiche, quadro normativo certo per le risorse e per il personale delle Società della salute, ruolo attivo delle Asp e nuove opportunità per il volontariato e per le consulte delle associazioni nel partecipare alla programmazione dei servizi nel territorio. Gli emendamenti spostano in avanti anche la decorrenza della riorganizzazione: si parte il primo gennaio 2018. La revisione si basa sulle stime, secondo le quali il 90 per cento dei bisogni socio-sanitari dei cittadini si riferisce alla zona distretto di appartenenza.

Il dibattito in aula
“Dopo la riorganizzazione delle Asl in grandi aziende sanitarie di Area vasta, questo ulteriore passaggio riguarda la ridefinizione degli ambiti territoriali, con una nuova impostazione del ruolo delle zone distretto”. Il consigliere Paolo Bambagioni (Pd) ha aperto il dibattito in Aula parlando di una “riorganizzazione che non deve essere intesa come restrizione dei servizi sul territorio. In questi mesi di dibattito è aleggiato un preconcetto sbagliato ma i cittadini non devono allarmarsi: dopo tanto discutere abbiamo l’occasione per rafforzare la presenza sui territori” ha spiegato. Altro elemento di “grande importanza” ricordato da Bambagioni è il fatto che la Regione “individui come modello prescelto quello delle Società della Salute, prevedendo incentivi fino a 450mila euro l’anno per cinque anni per favorire accorpamenti e nuovi servizi”. Secondo il consigliere dalla commissione esce un testo “in grado di mettere i distretti nelle condizioni per operare efficacemente e garantire il miglior livello possibile di servizi ai cittadini”.
“Questa riforma sanitaria è in estremo ritardo. La riorganizzazione delle zone distretto doveva essere operativa nel 2016, a dimostrazione che la maggioranza continua a vivere in uno stato di profonda confusione e incertezza”. Così il consigliere della Lega Nord, Marco Casucci, ha criticato la proposta di legge, rilevando la “troppa frenesia” di giunta e Consiglio, per una “evidente spinta unificatrice che contestiamo fortemente”. “Con questa legge – ha detto – sarà difficile ambire a qualità di servizi e omogeneità sui territori che hanno il timore, fondato, di una marginalizzazione”.
“Paradossale che la proposta della Giunta regionale e del Pd sia stata sorda rispetto al coro univoco delle richieste provenienti dai sindaci di ogni schieramento, che chiedevano di non procedere all’accorpamento di alcune zone”, ha dichiarato il capogruppo di Forza Italia, Stefano Mugnai. Altrettanto paradossale, “che siano stati bocciati da parte della maggioranza, i nostri emendamenti che andavano incontro alla ratio della legge”. Il risultato, ha proseguito Mugnai, “è il compimento di una riforma malpensata, frettolosa e sbagliata”, che vede “riesumare lo strumento delle Società della salute, condannato dalla storia della Toscana. Mai decollate, in alcuni casi auto-sciolte e per di più abolite da un voto unanime del Consiglio regionale nella passata legislatura, per essere poi recuperate dalla maggioranza in vista delle elezioni. Dopo anni, i cittadini non hanno ancora capito cosa siano”.
Anche il consigliere Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra), ha parlato di “fallimento delle Società della salute”, di “zone fatte sulla carta, spesso più per criteri politici locali che per storia del territorio. Ma quando si fa programmazione non si usano cartine piatte, si vanno a vedere territori. E intanto la gente soffre di cattivi servizi, di lunghe code per un semplice esame radiologico, si vede levare servizi territoriali”. Per Sarti, “qui rischiamo il servizio sanitario”. Se dovessimo dare un voto alla riforma, aggiunge il consigliere, “dovrebbe essere penalizzata e dovrebbe risarcire territori e cittadini”.
Il Movimento 5 stelle ha affidato la propria voce all’unico intervento di Andrea Quartini. Dalle valutazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità nel 2000 – “Italia al secondo posto dopo la Francia sui sistemi sanitari” – agli indici di performances di Demoscopika, il consigliere M5s ha indicato studi, dati e statistiche per fotografare una sanità che comunque è “diseguale in base alla regione d’Italia”. Venendo alla Toscana ha citato, tra l’altro, “20mila pazienti in lista di attesa chirurgica nella sola area vasta centro; mille e 350 bambini in attesa al Meyer solo per interventi di adenoidectomia”; liste di attesa; “carenza cronica di personale medico e infermieristico”; “il 6,6 per cento dei toscani che ha rinunciato a curarsi per ragioni economiche nel 2014 (quarto peggior risultato nazionale)”. Riguardo alla riforma in discussione, con le zone distretto che si riducono da 34 a 26, “le evidenze scientifiche sulle possibili performances ed economicità sono scarse, talvolta nulle e peggiorative”. Inoltre, “il cambiamento imposto ai cittadini è esclusivamente di risparmio di risorse, operabili con tagli lineari, indiscriminati, autoritari e non sindacabili, visto che la maggior parte dei comuni oggetto di accorpamento di zone distretto ha detto di non condividere, anche attraverso la voce dei propri sindaci”. Per Quartini era fondamentale “intervenire proprio sull’assetto territoriale del Servizio sanitario regionale”, concentrandosi sulla medicina del territorio. Ulteriori tagli di risorse sono “insostenibili, a meno che non vi sia un disegno di una privatizzazione selvaggia, associata al definanziamento del servizio sanitario pubblico”. La via da percorrere, semmai, è quella della redistribuzione delle risorse e di un loro spostamento verso il territorio, “per far sì che i cittadini trovino lì i punti di riferimento certi, capaci di orientare davvero verso prestazioni appropriate”; “doveva essere un territorio competente a sottrarre posti letto agli ospedali”. Tra le proposte del Movimento 5 stelle il recupero, nelle attuali articolazioni, di certe caratteristiche dei distretti così come erano disegnati con la legge del 1978: “la mission è quella della tutela della salute individuale e collettiva: con una comunità ben identificata dal suo territorio, dalle istituzioni e organizzazioni, ma anche e soprattutto dalla sua stessa partecipazione alle decisioni sugli orientamenti e sull’organizzazione delle attività”. Dubbi sono stati avanzati anche sulla “reale capillarità” delle attuali zone distretto, accusate tra l’altro di rappresentare un “contesto anonimo, poco identitario, perché sono troppo grandi”.
“Può non essere condiviso”, ma il provvedimento approvato oggi rientra “in un preciso disegno della sanità Toscana. Abbiamo cominciato a definirlo poco più di un anno fa e ora completiamo”, ha dichiarato Enrico Sostegni nel suo intervento in aula. “In quel disegno abbiamo detto che perché gli ospedali funzionino, è essenziale che le risposte per l’integrazione dei servizi sociali e sanitari arrivino dal territorio”. L’errore, ha aggiunto Sostegni, “è stato sulla comunicazione, per la quale si è confuso zonizzazione con dislocazione dei servizi dai territori”. L’aspetto fondamentale, “è che con questa norma adesso diamo ai sindaci la gestione dei servizi sui territori”. Di qui la scelta di puntare sulle Società della salute, “che potranno gestire i servizi e giustamente saranno incentivate”. Anche per Nicola Ciolini (Pd), la riforma risponde alla necessità di “mantenere gli alti livelli della sanità toscana”. Per riuscirci, “abbiamo il dovere di mantenere e migliorare la qualità dei servizi, ma anche di cambiare l’organizzazione. Ci assumiamo la responsabilità di incentivare il modello della Società della salute, perché siano i sindaci a dare le risposte sui territori. Li abbiamo ascoltati, con alcuni ci siamo confrontati, tanti sono d’accordo con questa impostazione, a fronte della quale non vediamo proposte alternative”.
Il capogruppo Manuel Vescovi ha riproposto la posizione della Lega nord: “Se va tutto bene, perché cambiare i distretti? Per noi la sanità toscana non va bene e invece di ridurre il numero dei distretti, lo dovremmo ampliare”.
A conclusione del dibattito, l’intervento dell’assessore regionale Stefania Saccardi, su quello che rappresenta “un pezzo importantissimo per il completamento della riorganizzazione del sistema sanitario. Abbiamo messo mano alla riorganizzazione – ha spiegato –, perché il sistema, se non si rinnovava e non si modificava, correva il rischio di non essere all’altezza dei risultati che ha raggiunto”. Alla riforma avviata alla fine del 2015, “mancava il pezzo della sanità territoriale, quella che sta prima dell’ospedale e dopo l’ospedale e che aveva bisogno di essere organizzata e rafforzata”. Stefania Saccardi si è detta d’accordo “con la scelta della commissione di rafforzare il ruolo delle Società della salute, che in passato non hanno esplicato i loro effetti perché erano belle macchine alle quali non avevamo messo motore e ruote”. Il loro difetto “non era che costavano, perché non costavano nulla di più, era nell’incapacità di svolgere appieno il proprio ruolo, perché non avevano gli strumenti”. Ora la società della salute può diventare una macchina “moderna, adeguata, giustamente dimensionata”, attrezzata per svolgere “funzioni di rilevantissima importanza” e avrà “la responsabilità, le risorse umane ed economiche per gestire l’alta integrazione socio-sanitaria”.
La riorganizzazione, ha proseguito l’assessore, “è una opportunità, non è un limite: chi si unisce avrà, in termini di servizi, una serie rilevantissima di risorse e di possibilità di accedere ai finanziamenti europei”. Si tratta di “una grande sfida che accettiamo: sui servizi, sull’organizzazione, non sulle ideologie. Siamo pronti a verificare cosa accadrà, faremo verifiche periodiche, ci confronteremo con le amministrazioni locali, possiamo intervenire, correggere, migliorare. Siamo convinti che si parte da un impianto altamente positivo che dà finalmente al territorio il potere di incidere, definire e programmare una serie di politiche socio sanitarie nell’interesse dei cittadini”.

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