Lucca, cure domiciliari e intermedie dopo il ricovero

Il ricovero in ospedale è una tappa – non isolata – del percorso di salute del cittadino. A dare continuità all’assistenza ci sono i servizi del territorio: quelli a domicilio che si possono attivare dopo la degenza e quelli delle cure intermedie. La commissione sociale del Comune di Lucca, presieduta da Pilade Ciardetti, ha iniziato lo scorso 21 dicembre (leggi) una serie di incontri di approfondimento con operatori e tecnici dell’Asl Toscana nord ovest, propedeutici al consiglio comunale aperto sulla sanità. Oggi (11 gennaio) il dottor Marco Farnè, direttore delle cure primarie e responsabile della medicina territoriale, si è reso disponibile per incontrare nuovamente i consiglieri e informarli sulla gestione dei percorsi assistenziali e sui rapporti tra il territorio e l’ospedale: un sistema che sta acquisendo una sua fisionomia definita dal 2017, quando la Regione Toscana ha deliberato linee di indirizzo omogenee per le nuove Asl.

“Lucca – ha spiegato Farnè – aveva già avviato, più o meno nel 2008, un’esperienza pilota: era stato scelto infatti di trasferire in ospedale, che all’epoca era sempre Campo di Marte, il polo medico che gestiva l’assistenza sul territorio, per facilitare la comunicazione con i colleghi dei reparti. È più o meno questo il principio che regola le attuali Acot, agenzie di continuità ospedale-territorio. Quella del San Luca è un piccolo open space al terzo piano, dove ci sono gli studi medici”.

Le Acot contano su una équipe interna all’ospedale composta da un medico, un infermiere, un assistente sociale, un terapista riabilitativo e una figura di supporto amministrativo. Più figure, tra loro complementari, che vengono attivate dai reparti ogni volta che, al momento delle dimissioni del paziente, si ravvisano problemi particolari di tipo sanitario o socio-sanitario. I reparti sono in contatto con l’Acot e la presa in carico della persona avviene dopo la compilazione di una scheda sia da parte del medico, sia da parte di un infermiere.

“Certo, il sistema va ancora perfezionato. La procedura non è ancora del tutto accettata dai medici dei reparti, che vedono nella compilazione della scheda un aggravio al lavoro già impegnativo del reparto – spiega ancora Farnè – mentre il personale infermieristico dimostra una maggiore disponibilità a lavorare in questo modo, forse proprio grazie all’esperienza simile maturata a Lucca prima dell’istituzione delle Acot. Ma il vero vulnus – continua Farnè – sta nell’eccesso di segnalazioni all’Acot da parte del pronto soccorso. Spesso succede che emergenze sociali mascherate da emergenze sanitarie passino proprio da lì: d’altronde è immediato fare il 118 di fronte a una criticità. Ma non è questa la via da percorrere”. Sì, perché l’Acot dovrebbe appunto prendere in carico pazienti che sono inseriti in un percorso clinico, con caratteristiche di cronicità, e che hanno ancora bisogno di assistenza dopo la fase di setting (in altre parole, il ricovero in reparto). La criticità sociale dovrebbe essere inserita, invece, in un percorso integrato con i servizi comunali.

Due i tipi di risposta che può fornire l’Acot: l’erogazione di buoni servizio, anche per favorire la domiciliarità – la casa è considerata l’ambiente migliore per la ripresa dei pazienti –, oppure l’attivazione di cure intermedie. La Regione Toscana ha recentemente potenziato, grazie a un finanziamento europeo, questi due servizi. L’Asl regionale ha richiesto una manifestazione d’interesse per professionisti accreditati per l’assistenza domiciliare e per Rsa che garantissero assistenza infermieristica 24 ore su 24.

“I buoni servizio – ha spiegato Farnè – possono essere ‘spesi’ per i 20 giorni successivi alle dimissioni del paziente e consistono in un tot di ore di assistenza a domicilio sulla base delle singole esigenze. Un budget non rinnovabile, ma al termine dei 20 giorni chi ne avesse necessità potrà passare ad altre forme di assistenza, come l’assistenza domiciliare integrata in collaborazione con il Comune di residenza per i percorsi di non autosufficienza. Anche gli ausili – lettino, deambulatore e altri supporti alla cura – fanno parte del pacchetto”.

Anche per le cure intermedie Lucca ha dimostrato lungimiranza: “Agli inizi degli anni 2000, l’Asl di Lucca sperimentò questo modello di cura: all’epoca erano 8 posti letto, tra la casa di cura Santa Zita e la clinica Barbantini, assegnati a persone che avevano bisogno di un livello assistenziale intermedio tra l’ospedale e il domicilio. Successivamente venne sperimentato il cosiddetto ‘ospedale di comunità’ a Marlia, un repartino prima con 9 posti letto, divenuti poi 14, che ha funzionato dal 2008 al 2013, con un’assistenza garantita di personale infermieristico 24 ore su 24 e di Oss. A presidiare, in quegli anni, due medici, la dottoressa Meli e il dottor Barbagli”.

La riorganizzazione del modello sanitario ha articolato su tre livelli le cure: ci sono quelle ad alta intensità (terapia intensiva), quelle a media intensità (i setting, i reparti) e quelle a bassa intensità – che, di fatto, non hanno ancora trovato una loro espressione all’interno dell’ospedale. A supplire a questa mancanza, le cure intermedie, che oggi contano un totale di 28 posti letto a Campo di Marte e 14 a Marlia. L’assistenza infermieristica è garantita 24 ore su 24, quella medica è soggetta a una programmazione personalizzata a seconda delle necessità cliniche dei pazienti. Al momento c’è un’équipe stabile di 4 medici a Marlia e 6 a Campo di Marte. A Marlia, la loro presenza è garantita dalle 9 alle 14 da lunedì a sabato. A Campo di Marte, dalle 9 alle 18 da lunedì a venerdì e della 9 alle 14 il sabato. “Sono medici titolari, non lavoriamo con sostituti. Alla dottoressa Meli oggi è affidata la supervisione tecnica del servizio. La Toscana è in una fase sperimentale – ha aggiunto Farnè – perché la normativa nazionale non ha ancora riconosciuto una possibile differenza di trattamento economico tra i medici di base e quelli di continuità assistenziale”.

Alle cure intermedie si può accedere sia attraverso segnalazioni che il medico di base fa al Pua Coad (punto unico di accesso della centrale operativa dell’assistenza distrettuale), sia in dimissione dall’ospedale passando, appunto, dal parere dell’Acot. “Lo standard di permanenza alle cure intermedie è di 15 giorni, rinnovabili in caso di necessità. Più volte, durante l’anno, il cittadino che ne ha bisogno può accedervi. Da gennaio a ottobre dell’anno scorso – ha informato Farnè – sono stati 750 i pazienti che hanno ricorso a questo servizio. Con la delibera regionale che ha istituito il principio della libera scelta delle Rsa, con compartecipazione pubblica alla spesa, per i cittadini anziani o non autosufficienti le Rsa sono diventate un’alternativa valida alle cure intermedie”.

Le Acot, infine, raccolgono le segnalazioni di pazienti oncologici che hanno bisogno di cure palliative in hospice. Non si tratta di percorsi necessariamente terminali: anzi, l’hospice vuole sempre più configurarsi come un momento di passaggio, in cui il paziente è seguito da personale specializzato alleggerendo la famiglia.

La consigliera con delega alla sanità, Cristina Petretti (Pd) ha osservato: “Probabilmente dopo la fase di setting, per il cittadino sarebbe una sicurezza maggiore potersi interfacciare con lo stesso medico che l’ha seguito durante il ricovero. La medicina specialistica, ad oggi, è tutta localizzata al Campo di Marte. Vista la prossimità dei due padiglioni, quello dedicato agli ambulatori e quello delle cure intermedie, potrebbe essere potenziata la presenza di medici specialisti nel secondo. Questo sarebbe importante per far percepire al paziente la continuità assistenziale”. Il consigliere Alessandro Di Vito (Siamo Lucca) ha invece rilevato una criticità diversa: “Se nelle strutture di cure intermedie non c’è un medico 24 ore su 24, è chiaro che in caso di necessità si andrà al pronto soccorso, ingolfandone il funzionamento”.

Elisa Tambellini

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