Allevamenti intensivi e macellazione, Chiara Testi (Lav Lucca): “Stop a questo massacro sistematico”

L'attivista Franceschini: "800 milioni di persone soffrono la fame perché un’ampia parte del terreno è destinato al foraggio per gli animali che diventeranno carne"

“In questi ultimi giorni alcuni esponenti politici dei vari schieramenti, addetti al settore agricolo e non solo si sono dichiarati apertamente anti scientifici. Se fino a qualche mese fa la maggior parte di loro aveva dimostrato una fiducia cieca nella ricerca scientifica, oggi sembra essere calato un velo di diffidenza e scetticismo”.

Così Chiara Testi, presidente Lav (Lega anti vivisezione) Lucca ed Elena Franceschini, volontaria ed attivista, che affermano: “Quello delle alternative all’allevamento e alla macellazione di animali è un tema tanto complesso quanto importante, che riguarda il futuro del pianeta e delle nuove generazioni. ‘Sfuggiremo all’assurdità di far crescere un pollo intero, solo per mangiarne delle parti, facendo crescere quei pezzi in un ambiente adatto’, aveva predetto Winston Churchill”.

“Lav da sempre sostiene che l’alternativa sia la scelta di un’alimentazione a base vegetale. Non torniamo come prima è stata la campagna di Lav in tempo di pandemia, promossa attraverso flash mob in tutta Italia, iniziativa che tendeva ad informare la cittadinanza sui comportamenti che mirano alla prevenzione di future zoonosi”.

“La pandemia da Covid-19 – proseguono Testi e Franceschini – che pian piano ci stiamo lasciando alle spalle e che tanto dolore ha causato, avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, in primis a rispettare il principio di precauzione. Come sostiene il filosofo pioniere dei diritti animali Peter Singer, però, a causa di quella parte di società carnista è oggi più che mai necessario trovare delle alternative allo sfruttamento di corpi di animali”.

“A prescindere dal fatto di essere favorevoli o meno a tali prodotti innovativi, dovremmo prima di tutto chiederci perché si sta investendo molto su nuovi sistemi di produzione alimentare, in particolare sui sostituti di quelli di origine animale. La prima riflessione da fare è quella che porta a chiederci se gli animali possano soffrire, come già affermava il filosofo e giurista Jeremy Bentham nei secoli scorsi, per decidere di liberarli dal dolore e dalla morte”.

“L’ Oxford centre for animal ethics, ed i principali istituti di ricerca, ci confermano che essi sono capaci di costruire relazioni, sentire emozioni, provare sentimenti. Il tempo della concezione cartesiana dell’animale macchina è ormai superato: gli animali sono esseri senzienti, individui cui garantire benessere e diritti e non cose a nostra disposizione. ‘Verrà un giorno in cui guarderemo all’uccisione degli animali nello stesso modo in cui oggi si guarda a quella delle persone’, così Leonardo da Vinci, chissà se quel giorno non si stia avvicinando”.

“Sulla base della Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza degli animali non umani, le legislazioni di tutto il mondo, derivanti dal diritto romano, stanno modificandosi in base agli animal rights. Ascoltiamo con occhio critico ed obiettivo il parere dei vari esperti, cercando di arginare la demonizzazione e la disinformazione”.

“‘La carne coltivata ferma la crudeltà nei confronti degli animali, è migliore per l’ambiente, può essere più sicura, efficiente e salutare. Abbiamo l’obbligo morale di supportarla’, così il bioeticista australiano Julian Savulescu. Sorprende dunque la generale levata di scudi proprio da parte di chi dovrebbe stare dalla parte della pace, della giustizia e delle pratiche non cruente”.

“Luca Lo Sapio, bioeticista italiano, ha evidenziato l’impatto positivo che questa tecnologia può avere sulla biosfera, sulla salute umana e sul benessere animale. Non si dovrebbe fomentare l’idolatria nei confronti della scienza, ma nemmeno scatenare reazioni tecnofobiche ed oscurantiste, che evocano paure ancestrali. Tralasciando gli aspetti filosofici ed etici, ci concentriamo qui su quelli ecologici ed ambientali”.

“Secondo dati Istat in Italia nel 2019 sono stati macellati 11 milioni 481mila 326 suini, 2 milioni 624mila 815 bovini, 511 milioni 764mila polli, 16 milioni 573mila conigli, 2 milioni 810mila 435 ovini. Si parla di circa 150 miliardi di animali all’anno a livello globale, escluso i pesci. Un massacro sistematico, massivo, non necessario”.

“Le immagini pubblicitarie ideali e bucoliche di animali liberi di pascolare in prati verdi rappresentano purtroppo solo una percentuale esigua degli allevamenti, anche per quanto riguarda quelli italiani: il 93,3 per cento degli allevamenti di bovini, il 99,3 per cento di quelli suini e il 99,3 per cento degli avicoli sono intensivi, mentre il 55 per cento delle galline ovaiole vive in gabbia”.

“Nel sistema agro alimentare ormai globalizzato, la chimica e la genetica sono ormai parte integrante del cosiddetto cibo naturale, in tutte le fasi della filiera. Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) l’attuale sistema zootecnico contribuisce in modo significativo all’esaurimento e all’inquinamento di risorse primarie come l’acqua, all’immissione in atmosfera di gas serra ed è imputato nella deforestazione degli ultimi polmoni verdi del globo”.

“Il 60 per cento dei mammiferi a livello mondiale è costituito da animali allevati, il 36 per cento rappresenta gli esseri umani, mentre solo il 4 per cento riguarda i selvatici. Il 70 per cento degli uccelli è allevato, solo il 30 per cento è selvatico. Un disequilibrio ecosistemico senza precedenti, che mette a rischio la sopravvivenza stessa dei sapiens, in larga parte causato dal tipo di alimentazione che scegliamo ogni giorno, più volte al giorno. Per ottenere un burger di carne animale sono necessari 1700 litri di acqua e 270 litri per un hot dog; l’85 per cento delle emissioni nel settore alimentare riguarda cibi di origine animale”.

“Our world in data mostra che per gli animali destinati a diventare carne sono necessari 2 miliardi e 89 milioni di ettari di terreno e 538 milioni di ettari per produrre il loro cibo; il 70 per cento della superficie agricola dell’Unione Europea è destinata alla coltivazione di  mangime e foraggio per gli animali, invece che a diventare cibo per le persone”.

“Nel mondo 800 milioni di esseri umani soffrono la fame, poiché un’ampia parte del terreno coltivabile è destinato a far crescere foraggio per gli animali che diventeranno carne, il cui indice di conversione (Ic) non è efficiente. Ricercatori di Oxford ed Amsterdam hanno rilevato che, la produzione di carne coltivata ridurrebbe i consumi energetici del 45 per cento, richiedendo solo il 2 per cento di tutte le terre utilizzate per l’industria dell’allevamento, con emissioni di gas serra nettamente inferiori”.

“Studi condotti da Walter Willett, professore alla Harvard school of public health, entro il 2050 i sistemi alimentari mondiali dovranno radicalmente cambiare verso una dieta a base vegetale, come Lav ritiene dovremmo scegliere di fare. Ormai sulla sicurezza ed i benefici delle proteine vegetali, sia a livello nutrizionale che salutistico, si sono espressi favorevolmente i position paper e gli studi in peer review delle principali accademie scientifiche di nutrizione umana”.

“Invece di fomentare paure ancestrali evocando l’incombere di un cibo sintetico, non a caso viene utilizzata una terminologia fuorviante, bisognerebbe sottolineare come non sia naturale nemmeno allevare animali selezionati artificialmente, come i suini large white o i polli broiler; non è naturale ammassarli a migliaia in capannoni saturi di ammoniaca, senza la possibilità di vedere la luce del sole per tutta la loro vita ed alimentarli anche con prodotti Ogm”.

“Non è naturale detenerli in luoghi fetidi e bui e non curare gli animali malati lasciandoli morire tra quelli vivi, sommersi da topi e sporcizia; non è naturale immobilizzare le scrofe nelle gabbie di contenimento per tutta la vita, ingrassare polli fino a renderli deformi e con gli arti spezzati a causa del loro petto sproporzionato; non è naturale separare i vitelli appena nati dalle loro madri, per chiuderli in piccoli box se femmine ed ucciderli se maschi; non è naturale legare a catena le vacche ed ingravidarle artificialmente per farle diventare macchine da latte; non è naturale triturare vivi pulcini maschi perché inutili all’industria”.

“La società evolve e l’alimentazione segue il passo del cambiamento. Riteniamo dunque che l’alternativa sia già a portata di mano e cioè quella del cibo a base vegetale. Ricordiamo come gli spaghetti, diffusi dal 1700, non furono visti di buon occhio per decenni. Erano infatti considerati un alimento esotico, troppo lontano dalla tradizione culinaria dell’epoca. Si trattava infatti di una pasta allungata proveniva dall’oriente, condita con del pomodoro, importato dalle Americhe. Oggi – concludono Chiara Testi, presidente Lav Lucca ed Elena Franceschini, volontaria ed attivista – sono uno dei simboli dell’italianità e del made in Italy”.

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