Estrazione di marmo nel parco delle Apuane, associazioni ambientaliste fanno ricorso al presidente della Repubblica

Patrocinato dall’avvocato Daniele Granara del foro di Chiavari è stato depositato un ricorso straordinario al presidente della Repubblica contro le parti del piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Toscana, ritenute “lesive dei valori ambientali e paesaggistici delle Alpi Apuane, rientranti in gran parte nel Parco naturale regionale delle Alpi Apuane”.
Hanno sottoscritto l’impugnazione le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness Italia, Società italiana di geologia ambientale (Sigea), Amici della Terra, Verdi ambiente e società (Vas), Lega italiana protezione degli uccelli (Lipu), Club Alpino Italiano – Toscana, il centro Guido Cervati di Seravezza e il centro culturale La Pietra Vivente di Massa.
“Il Pit con valenza di piano paesaggistico – dicono le associazioni ricorrenti – pur essendo in linea generale un buon piano paesaggistico e uno dei tre piani elaborati correttamente ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, insieme a quello della Puglia e della Sardegna costiera, tuttavia presenta oggettive carenze nella disciplina di salvaguardia delle Alpi Apuane in relazione alle attività di cava” .

Il proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in questo senso, sviluppa censure in ordine al piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, recentemente integrato con deliberazione consiliare del 27 marzo 2015, numero 37.
In particolare, il ricorso deduce l’illegittimità del Pit, “nella parte in cui consente l’ampliamento di attività estrattive preesistenti, l’apertura di nuove attività di cava nonché la riattivazione di cave dismesse, in un’area, quale quella del Parco naturale delle Alpi Apuane, in cui sussistono rigorosi vincoli paesaggistici, volti al mantenimento delle caratteristiche territoriali di pregio nonché alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. Difatti, da un lato, l’Amministrazione, nel consentire le predette attività estrattive nelle cosiddette aree contigue di cava, immediatamente adiacenti al territorio del Parco, non ha tenuto conto del vincolo paesistico generico, che vi sussiste, previsto dall’articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio a tutela delle zone situate in montagne ad oltre 1200 metri sul livello del mare, in aree in cui sono situati laghi, fiumi e torrenti, corsi d’acqua, circhi glaciali, parchi, boschi e zone gravate da usi civici e di interesse archeologico, nonché dei vincoli paesistici puntuali, stabiliti da Decreti Ministeriali per il notevole interesse pubblico di alcune zone delle Alpi Apuane situate nei Comuni di Pescaglia, Camaiore, Stazzema, Careggine, Vergemoli, Molazzana, Minucciano, Vagli Sotto e Carrara. Inoltre, l’area in questione è interessata dalla presenza di siti facenti parte della Rete Natura 2000, in particolare da una Zona di protezione speciale (Zps) e da 10 siti di importanza comunitaria (Sic), entro i cui confini l’apertura di nuove cave e l’ampliamento di quelle esistenti è vietata in assenza di specifica previsione negli strumenti di pianificazione generali e di settore e di una positiva valutazione d’incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione medesimi, esito positivo peraltro neanche astrattamente configurabile nel territorio delle Alpi Apuane, in cui tale valutazione, con riferimento all’ampliamento di attività estrattive (cioè nuove attività di cava e, quindi, nuove cave) avrà sempre un esito negativo, ossia incompatibile con i valori sottesi all’istituzione di Sic e Zps”.
“In proposito – prosegue la nota – i ricorrenti hanno anche richiesto proposto questione di legittimità costituzionale in relazione alla disciplina statale e regionale delle attività estrattive nelle aree contigue dei parchi, laddove si interpreti nel senso di consentire nelle stesse l’ampliamento delle attività estrattive e/o l’attivazione di nuove cave, e formulato istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in relazione alla incompatibilità di tali attività con le zone Sic e Zps, quali tutelate dal diritto europeo. A quanto sopra si aggiunga l’inquinamento delle acque, con conseguente pregiudizio per la salute delle persone che le utilizzano, causato dalla cosiddetta marmettola, proveniente dalle attività estrattive. Tutti i valori sono stati palesemente violati dall’amministrazione, la quale avrebbe invece dovuto prevedere la progressiva chiusura delle cave esistenti, al fine di tutelare e conservare la salute umana e l’elevato valore ambientale, naturalistico e paesaggistico del Parco”.
Ci sono poi altre azioni legali in corso per la salvaguardia dei valori ambientali, naturalistici e paesaggistici delle Alpi Apuane avviate recentemente dall’associazione ecologista Gruppo d’intervento giuridico onlus. In particolare, è stata inoltrata (10 settembre 2015) una specifica istanza al commissario per gli usi civici per il Lazio, la Toscana e l’Umbria perché valuti l’opportunità di avviare un procedimento giurisdizionale al suo ufficio relativamente allamancata adeguata tutela dei diritti di uso civico e dei demani collettivi civici da parte del Pit. Inoltre, è stata effettuata un’altra recente azione legale (20 agosto 2015) avverso il gravissimo inquinamento dei corsi d’acqua delle Apuane determinato dalla marmettola, residuo delle attività di cava, che ha provocato un rapido intervento del ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare nei confronti della Regione Toscana e degli enti locali.
“Purtroppo, nel corso degli ultimi vent’anni si è cavato dalle Apuane più che nei 2000 anni precedenti, ogni anno 4 milioni di tonnellate di montagna, un milione e mezzo di metri cubi: nel Pit ci si sarebbe attesi una scelta di pianificazione ben diversa. L’industria del marmo è decisamente molto redditizia, ma quasi esclusivamente per i pochi soggetti titolari delle attività estrattive. Fra questi c’è anche la famiglia Bin Laden che con la sua Cpc Marble & Granite Ltd ha acquistato nel 2014 il 50% della Marmi Carrara pagando a quattro famiglie proprietarie 45 milioni di euro. I ricavi dei Comuni non sono paragonabili neanche lontanamente a quelli dei concessionari: attualmente il Comune di Carrara incassa 15 milioni di euro annui a titolo di canone, una parte minima rispetto a quanto rende l’estrazione marmifera. Per esempio, nel 2012, a fronte del canone di 15 milioni di euro in favore del Comune di Carrara, le imprese operanti nel settore del marmo hanno ricavato ben 168 milioni di euro. Al Comune è dunque andato solo l’8,8 per cento del ricavo complessivo. Anche i dati sull’occupazione confermano che il marmo non ha portato posti di lavoro: nella media 2009-2012 il tasso di disoccupazione complessivo nazionale è stato dell’8,8 per cento e quello giovanile del 21,1 per cento, mentre a Massa Carrara le percentuali hanno fatto registrare, rispettivamente, un 11,6 per cento e un 30,5 per cento. Di sensibile impatto, come già detto, è l’inquinamento dei corsi d’acqua delle Apuane determinato dalla marmettola. Nonostante gli aspetti negativi e la necessità di rapidi interventi di salvaguardia, l’area delle Alpi Apuane, rientrante in gran parte nel Parco naturale regionale delle Alpi Apuane, è ampiamente destinata ad attività di cava attualmente in corso o potenzialmente riattivabile o, addirittura, attivabile ex novo anche nel Pit, così come emerge dalla disciplina dell’Allegato 5 – Schede bacini estrattivi Alpi Apuane + 21 schede di bacino. Il censimento delle attività estrattive sulle Alpi Apuane condotto dall’Università degli Studi di Siena – Centro di Geotecnologie avrebbe portato a individuare ben 165 cave attive e 510 cave inattive”. 
In questo senso è stato inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella uno specifico appello per la difesa delle Alpi Apuane da parte del Gruppo d’intervento giuridico onlus: “Le associazioni ambientaliste (…) – vi si legge – auspicano un rapido esame del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e il conseguente accoglimento dei fondati motivi, consentendo di avere finalmente una efficace disciplina di salvaguardia paesaggistica e ambientale per il prezioso territorio delle Alpi Apuane”.

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