Acqua e gioco d’azzardo a Bagni di Lucca

È in età rinascimentale che si riscopre l’interesse per i bagni e le cure delle acque, prassi diffusa e fiorente nel mondo antico e poi perduto nel gran naufragio della cultura classica. Una nozione, quella di acque benefiche e curative, comunque mai scomparsa del tutto anche durante i secoli cosiddetti bui, ma ristretta ad ambiti solo locali, a una diffusione limitata e circoscritta. Nel secolo XV, all’interno di una più ampia e generalizzata attenzione per il corpo, tornarono ad acquistare non poca risonanza le cure termali, soprattutto per provvedere a tutelarsi dai guasti dell’artrite, della gotta e dei disturbi respiratori: in questo secolo si viaggia parecchio sperando di trovare nell’acqua di questa o quella fonte la salute perduta. 

Anche la Toscana con i suoi luoghi termali non è seconda a nessuno in materia di acque terapeutiche. Per esempio, per secoli, una larga e importante letteratura esalta le virtù delle terme di Bagni di Lucca o, come si diceva un tempo, del Bagno di Corsena o Bagno Caldo, annoverate tra le più famose d’Europa. Le qualità terapeutiche delle sue acque sono celebrate, insieme alla bellezza della Val di Lima, che, come scrisse Heine “non è troppo piccola né troppo vasta… per cui l’anima dello spettatore non si sente allargata a forza, ma può a suo agio saziarsi di ogni sua mirabile bellezza”, dalle migliori penne del continente: Montaigne, che vi soggiornò più volte, e Byron, Shelley e Lamartine, e i poeti inglesi Robert ed Elizabeth Browning, senza dimenticare gli italiani D’Azeglio e Carducci, per il quale “qui tutto è fiamma e azzurro”. Gabriele Falloppio e Francesco Redi, i medici più famosi del Cinquecento il primo e del Seicento il secondo, descrissero la valle come un vero e proprio paradiso terrestre. L’epoca di maggior splendore di quest’area, la Val di Lima, che conduce alla montagna pistoiese e al passo dell’Abetone, e del suo centro più importante, Bagni di Lucca, fu senz’altro la prima metà del XIX secolo in particolare sotto il principato dei Baciocchi: Elisa, sorella di Napoleone, e suo marito, Felice, vollero rendere questa zona “un soggiorno di delizia e di passatempo”. Qui convenivano i nobili lucchesi, i diplomatici accreditati presso la corte di Lucca e il Granducato di Toscana, artisti e letterati impegnati nel Grand Tour che approfittavano delle virtù terapeutiche solfato-calciche delle acque lucchesi. Sono gli anni in cui si moltiplicano lungo le rive del fiume Lima le feste campestri e le “passeggiate arcadiche”, mentre Elisa Bonaparte Baciocchi nel teatro di verzura ama interpretare Racine e il ruolo della protagonista nella tragedi più famosa, la Fedra. A lei si deve lo sviluppo delle terme e la ristrutturazione degli stabilimenti termali che accrebbero non di poco la fama internazionale di Bagni di Lucca, innalzata a capitale estiva dello stato lucchese. Con un conseguente notevole indotto e la nascita di numerosi alberghi per ospitare un pubblico sempre più raffinato ed esigente. Uno sviluppo che non si arresta con la Restaurazione e i nuovi padroni, i Borbone, che, soprattutto col ducato di Carlo Lodovico, dal 1826 al 1847, renderanno Bagni di Lucca una stazione turistico-termale di prima importanza in Europa. Anche questi sono anni di prosperità per le terme: nel 1839 si inaugura il casinò municipale di stile neoclassico. A partire dall’ anno successivo e sino alla Grande Guerra nel Club des Anglais si può tentare la sorte al gioco in moneta inglese o francese. Nel 1840 sono costruiti la prima chiesa anglicana in Italia e il cimitero inglese legati alla presenza di una consistente e devota comunità anglosassone che alternava le proprie dimore tra Firenze e Bagni di Lucca, di cui nel 1849 scrive entusiasta Elizabeth Barret Browning: “Abbiamo una casa deliziosa sulla cima di tutto il mondo nell’alloggio più alto dei Bagni caldi, ove possono penetrare solo gli asinelli e le portantine e ove si siede all’aperto e non si sentono che le cicale”. Una visione estetizzante. La maggior parte dei frequentatori di Bagni di Lucca, invece, passa le acque e gioca d’azzardo: uno strano connubio che diviene la cifra identificativa di questo locus amoenus, inaugurato mezzo millennio prima dal patriziato lucchese e definito da molti la Svizzera della Toscana.

Luciano Luciani
(foto da www.fototoscana.it)

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