Referendum, le maggioranze per votare presidente Repubblica

Nella riforma costituzionale sono previste anche alcune modifice al titolo II della parte seconda della Costituzione. Modifiche necessarie per armonizzare il testo costituzionale alle novità in ordine alla nuova composizione del parlamento, che vede il Senato rappresentare le autonomie locali.

Per questo l’articolo 83 della Costituzione, che prevede le norme per l’elezione del presidente della Repubblica viene modificato. Rimane il primo comma, secondo cui “Il presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri”. Ma il parlamento, come precedentemente previsto dal secondo comma, che viene abrogato, non sarà più “rinforzato” dalla partecipazione di tre delegati per ogni Regione “eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranza”.
Modificata, invece, la maggioranza per l’elezione del presidente della Repubblica. “L’elezione del presidente della Repubblica – è la parte che resta immutata del testo – ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dell’assemblea”. Ma se prima dopo il terzo scrutinio bastava la maggioranza assoluta con la riforma “dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea”. Dal settimo scrutinio, invece “è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti”.
Le altre modifiche al titolo della Costituzione sono più che alto tecniche. L’articolo 85, quello che determina in sette anni la durata dell’incarico del presidente della Repubblica, elimina al secondo comma il riferimento ai delegati regionali e aggiunge in periodo dopo aver specificato che il presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il parlamento per l’elezione trenta giorni prima che scada il termine. Secondo la riforma, infatti, “Quando il presidente della Camera esercita le funzione del presidente della Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il presidente del Senato convoca e presiede il parlamento in seduta comune”.
Il terzo comma disciplina il caso in cui la Camera dei deputati sia a tre mesi dal suo scioglimento. Se prima si parlava, infatti, in generale di Camere sciolte ora è la sola Camera dei deputati, elettiva, a poter essere sciolta. Per questo il primo periodo reciterebbe “Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova”. Confermato invece che “nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica”.
Si prosegue con la modifica all’articolo 86. Secondo il nuovo testo le funzioni del presidente della Repubblica (ecco spiegata la modifica precedentemente spiegata), nel caso in cui non possa adempierle, sono esercitate dal presidente della Camera dei Deputati, che diventa così la seconda carica dello Stato. Ecco perché “in caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del presidente della Repubblica” è il presidente del Senato a indire “la elezione del nuovo presidente della Repubblica entro quindici giorni”. Il tutto salvo che la Camera dei deputati non sia sciolta o manchino meno di tre mesi alla sua cessazione perché in tal caso sarà la nuova Camera a eleggere il presidente e nel frattempo, le funzioni resteranno al presidente della Camera uscente.
Ulteriore e naturale corollario è la modifica dell’articolo 88 della Costituzione dove si conferma che a poter essere sciolta dal presidente della Repubblica è “sentito il suo presidente” la sola Camera dei deputati.

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