L’ex sindacalista Franchi: “All’ex manifattura un museo del lavoro e della storia del movimento operaio”

Bocciatura per la proposta di Fondazione Crl e Coima: "No a maggiore inquinamento in città e cementificazione"

Ex manifattura, nel dibattito interviene l’ex sindacalista Umberto Franchi che boccia il progetto di Fondazione Crl e Coima e chiede di pensare a uno spazio dedicato a un museo del movimento operaio e del lavoro.

“Nel dibattito che si è aperto in merito al progetto della ex Manifattura tabacchi di Lucca – dice – leggo la preoccupazione per una città che da tempo è in decrescita residenziale, con sempre meno appartamenti destinati alla residenza, soprattutto popolare, ed alla perdita di attività artigianali, presenti nel passato che si sono perse. Certamente chi scrive quanto sopra, dimostra quanto la vicenda gli stia a cuore a molti ma a mio parere la prospettiva dell’utilizzo degli spazi della ex manifattura non può che partire da ciò che essa assieme ad altre aziende della nostra città come la Cucirini Cantoni, hanno rappresentato, soprattutto negli anni Sessanta-Settanta nella crescita del movimento dei lavoratori e di tutta  la cittadinanza lucchese“.

“Quelli della mia generazione – ricorda Franchi – negli anni Settanta hanno sviluppato lotte rivendicative nelle fabbriche, nelle scuole, nei territori, ricordano quel periodo di rivendicazioni per le conquiste che furono fatte con la riduzione della settimana lavorativa da 48 a 40 ore pagate 48; i forti incrementi salariali, il diritto dei lavoratori ad avere l’assemblea di fabbrica ed il consiglio di fabbrica; il diritto a non essere licenziati senza un giusto motivo; il salario pieno al 100% in caso di malattia; i miglioramenti professionali; l’abolizione di ogni attività precaria; la 14esima mensilità in quasi tutte le aziende; il diritto alla salute tramite la prevenzione nei luoghi d lavoro; gli “oneri sociali” per costruire mense pubbliche ed asili eccetera.  In quel periodo l’Italia ed anche Lucca era in conflittualità permanente: si scioperava per il rinnovo del contratto nazionale e finita la lotta per ilcontratto nazionale, si scioperava per il contratto aziendale. Dopo per le riforme di struttura nella sanità, nella scuola, per le riforme sociali, eccetera. A quell’epoca ad ogni sciopero i lavoratori della Manifattura Tabacchi, assieme alla Cantoni uscivano dai cancelli delle fabbriche e con un lungo corteo si radunavano in piazza Santa Maria Bianca, per dopo proseguire assieme anche ai lavoratori delle aziende calzaturiere di Segromigno, dei metalmeccanici, di tutte le altre fabbriche agli studenti delle scuole per le vie cittadine fino al comizio che veniva svolto in piazza San Michele. Al passaggio dei cortei dei lavoratori chiudevano le saracinesche anche tutti i negozi, perché c’era un sentire comune. Tutti i negozianti ed i cittadini di Lucca sapevano che anche le loro “botteghe” erano strettamente legate alle condizioni di vita dei lavoratori delle fabbriche  e che tutto lo sviluppo possibile della città di Lucca dipendeva dalle sorti delle battaglie che venivano svolte dai lavoratori che a partire dalla manifattura e dalla Cantoni guidavano le lotte e le sorti della città”.

“Ecco – commenta Franchi – credo che oggi quando parliamo della possibile destinazione degli spazi della ex manifattura, abbiamo una priorità: quella di fare cose che ricreino innanzitutto azioni per ricostruire  una memoria viva di ciò che sono stati quegli spazi per la nostra comunità. Non solo  luogo storico originale della prima industrializzazione, dove migliaia di donne, attraverso il lavoro, hanno potuto maturare la loro dignità e consapevolezza sociale ma anche un pezzo crescita civile ed economica di tutta la città di Lucca. Credo quindi che la prima cosa che in quell’area bisogna fare dovrà essere la costituzione di un museo del lavoro e della storia del movimento operaio a Lucca da costruire anche recuperando vecchi macchinari ancora esistenti della manifattura, della Cantoni, della Lenzi ed altre aziende lucchesi, nonché la memoria cartacea fatta di accordi, documenti, articoli di stampa, volantini, fotografie, eccetera che venivano diffusi all’epoca per dopo proseguire la destinazione dell’area anche con altre attività artistiche, musicali, per riattivare la cultura, anche con centri di aggregazione sociali attivi soprattutto nella salvaguardia dell’ambiente”.

“Mentre per quanto riguarda le abitazioni sappiamo che all’interno delle mura di Lucca 50 anni fa vi erano circa 25mila residenti mentre oggi non sono nemmeno 10mila – proseguie – Questo significa che vi sono molti appartamenti sfitti e che l’amministrazione comunale (che si dice progressista) dovrebbe censire per poi effettuare politiche di investimento per valorizzare l’arredo urbano le abitazioni già esistenti da ristrutturare ed il suolo pubblico, al fine di incentivare il ritorno della popolazione in città nelle abitazioni, da acquistare o affittare a prezzi calmierati e non speculativi”.

“Non c’è dubbio quindi che la proposta di recupero pervenuta quest’anno, targata Coima/Fondazione Cassa di Risparmio – conclude Franchi – recentemente modificata solo di facciata ma non di sostanza, vada respinta con forza, perché essa è soprattutto finalizzata per la realizzazione di parcheggi, che oltre ad essere uno strumento non previsto dalla normativa essendo la Manifattura un bene pubblico culturale, è anche collegata alla logica inquinante della circolazione su mezzi privati, a quella della cementificazione e dei vecchi assi viari della Piana di Lucca, che tra l’altro toglierebbe le casse comunali per 40 anni gli introiti dei parcheggi della zona interessata da questa speculazione”.

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