Manifattura sud, Urbani: “Non è quello di cui la città ha bisogno”

L'esponente di Uniti per la Manifattura: "Con il progetto di Manifattura e Coima si vuole fare di Lucca un luogo non luogo"

Manifattura sud, parla Gemma Urbani della Rete dei comitati per la difesa del territorio e parte di Uniti per la Manifattura. La sua opinione è netta: “Non è quello di cui la città ha bisogno”.

“Non vediamo l’ora di uscire dall’incubo in cui siamo piombati da più di un anno – dice Gemma – la paura di ammalarci. la speranza nutrita nei vaccini, che ancora non lasciano intravedere la liberazione dal virus, con cui probabilmente dovremo abituarci a convivere. La città come svuotata, anch’essa impaurita, dove gli sciami di turisti sono solo un ricordo. Categorie sociali non protette, che affrontano una crisi economica senza precedenti, interi sistemi commerciali piegati, ristoratori, commercianti, ambulanti nell’angolo del futuro. La politica come risponde a questo grido? Proponendo una soluzione di utilizzo commerciale di una parte dell’ex manifattura“.

“Ti dicono – prosegue – non è un progetto, è solo un’ipotesi, tenuta segreta in un cassetto. Un’ipotesi scellerata comunque. Dov’è la visione? Il futuro della città è ancora solo sfruttamento commerciale, “una città nella città”, si dice. Dove una parte sarà luminescente, di lusso, per pochi. L’altra rimarrà in ombra, penalizzata, smarrita. Chi si potrà permettere affitti commerciali commisurati a quella posizione? Che ne sarà delle attività a gestione locale, familiare? Ci parlano di “commercio esperienziale”: è di moda coniare neologismi. Ma questo è davvero vuoto, a quale esperienza ci si ci si riferisce? Andare a godere di belle vetrine e di locali alla moda? Non può essere questo il futuro e la vocazione di questa città, ricca di storia e di orgoglio, che mai si è piegata. Che ha mantenuto nei secoli la dignità, che ha visto nel commercio la sua ispirazione fondamentale, dove il “garbo” lucchese era una garanzia di professionalità e di educazione. Una città che non ha bisogno di importare strategie di vendita omologate, che snaturano la nostra secolare specificità. Ci viene detto che sarà una città nella città, ed  è proprio questo che ci spaventa, non avere una visione organica e unitaria di un tessuto urbano che fa di Lucca un’eccellenza nazionale. Il Covid, che poteva essere occasione di ripensamento per il futuro, sia in termini economici, che sociali, che ambientali, viene interpretato come un incidente di percorso, per ricominciare a fare ciò che si faceva prima“.

“Ci si sarebbe aspettati invece che la politica – conclude – le convinzioni, la cultura della classe dirigente lucchese si interrogasse sul futuro, sull’indirizzo da dare al futuro. Individuando della nostra città le potenzialità, lo specifico talento  invece di aderire a modelli importati da Milano, che faranno di Lucca un luogo non luogo, un luogo fra i tanti. Un luna park dove a guadagnare non saranno sicuramente i lucchesi”.

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