Trasatti (Unione Popolare): “Tetto al prezzo del gas e una legge per fermare le delocalizzazioni”

Le proposte della candidata alla Camera: "Assi viari? Progetto datato, bisogna investire sul trasporto pubblico ecosostenibile"

È stata una campagna elettorale brevissima: c’è il rischio che questo possa contribuire a un aumento della percentuale dell’astensionismo? Quale l’antidoto alla disaffezione dalle urne che si sta consolidando negli ultimi anni.

“Il problema non si pone solo relativamente ad una campagna elettorale breve. Le ragioni dell’astensionismo vanno ricercate in riforme che lo sono solo di nome. Perché una riforma sia tale è necessario che sia innovativa, che sappia cioè risolvere problemi vecchi con una visione politica che guardi al futuro e che sappia dare risposte ad una società in trasformazione con soluzioni adeguate a nuove esigenze. Quando, ad esempio, nel dibattito politico nazionale si parla di come risolvere il problema della disoccupazione, l’unica soluzione che viene fornita, da almeno trent’anni, è quella delle liberalizzazioni, dei finanziamenti a pioggia alle imprese e della precarizzazione con il solo risultato di approfondire le disuguaglianze sociali senza risolvere la problematica dell’assenza di lavoro. Per far tornare le persone a votare e, più in generale, ad interessarsi alla politica, occorrono proposte coerenti che non tradiscano i bisogni popolari. É necessario un coinvolgimento della cittadinanza, a partire dai territori, che non si limiti al breve lasso di tempo della campagna elettorale”.

Inevitabile che questa tornata elettorale sia stata condizionata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina. Quali soluzioni proponete per proseguire la lotta alla diffusione del Covid 19 e per mitigare gli effetti del caro energia?

“Occorre contemperare la necessità di una capillare diffusione dei vaccini con la salvaguardia delle libertà dei singoli. Per fare questo è necessario, da una parte, un potenziamento del sistema sanitario pubblico, a partire dai medici di base e dai presidi territoriali. Dall’altra, un’informazione efficace e trasparente al fine di accrescere la fiducia nella ricerca scientifica. Occorre slegare completamente la ricerca e la produzione farmaceutica da logiche di mercato eliminando i brevetti, rendendo gratuiti i vaccini e tutti i presidi che possono accrescere i livelli di prevenzione, come ad esempio i tamponi. La salute pubblica non può essere ostaggio dei profitti delle multinazionali del farmaco. Per quanto riguarda il caro energia, nell’immediato è necessario porre un tetto al prezzo delle risorse energetiche incidendo sugli extraprofitti delle aziende del settore. Sul lungo periodo, è necessario nazionalizzare il settore energetico investendo nelle energie rinnovabili per garantire l’autonomia energetica del paese”.

Occupazione: meglio un investimento sulle politiche attive del lavoro o il rafforzamento di strumenti per garantire il reddito minimo?

“Sono due cose che non si escludono. É possibile creare lavoro attraverso un’espansione del pubblico impiego, attraverso la socializzazione di alcuni settori produttivi, come quello energetico e dei mezzi di trasporto, con una strategia industriale volta alla transizione ecologica, attraverso il controllo degli incentivi alle imprese per produrre. Penso a un obbligo all’utilizzo, in prima istanza, dei centri per l’impiego per le assunzioni e a un rafforzamento della funzione ispettiva. In questo modo si vincola l’impresa alla trasparenza. Molto spesso il lavoro c’è ma è precario e sottopagato. Accanto alle politiche attive va istituito un salario minimo di almeno 10 euro l’ora per quei settori che oggi sono al di sotto di questa soglia e va innalzato a 1000 euro il reddito di cittadinanza per chi è in condizioni di estrema povertà, svincolandone l’utilizzo dall’accettazione di qualsiasi proposta di lavoro”.

Agenda Draghi o radicale cambiamento di rotta rispetto alle politiche dell’ultimo governo?

“Radicale cambiamento, non solo rispetto all’Agenda Draghi ma anche rispetto alle politiche portate avanti da tutti i governi negli ultimi trent’anni. Se le misure adottate fino ad oggi non hanno portato alcuna diminuzione delle disuguaglianze sociali, se non hanno fermato la tendenza alla delocalizzazione delle imprese un tempo presenti sul territorio nazionale, se non hanno saputo porre un freno alla disoccupazione e all’emigrazione all’estero dei giovani si impone la necessità di una svolta che vada in direzione di politiche che abbiano come priorità la sicurezza economica di lavoratori e lavoratrici e la lotta alla povertà. Quanto al governo Draghi, è stato il garante della spartizione del Pnrr da parte delle cordate di potere di questo paese. Poco o nulla è andato all’edilizia popolare pubblica, alle scuole e università, alla sanità, alle tante opere che servono per rimettere in sesto i nostri territori ma non fanno fare profitti né creano bacini elettorali”.

È necessario, una volta insediato il nuovo parlamento pensare a una riforma elettorale? In quale direzione?

 

“Il fallimento del sistema maggioritario è evidente. Tant’è che andiamo a votare con un sistema spurio in cui si contempla una quota proporzionale e una a base uninominale. La necessità è quella di garantire una voce anche alle minoranze, portatrici di istanze popolari che non possono più essere ignorate. La soluzione è un proporzionale puro senza soglia di sbarramento. Le migliori riforme in Italia sono state fatte con questo sistema, quello scelto dalle nostre e dai nostri costituenti. Un sistema che garantisce a ogni votante di vedere la propria opinione rispettata, ottimo antidoto all’autoritarismo”.

Può essere la prossima legislatura quella delle riforme istituzionali: cosa è più urgente modificare e con quale obiettivo?

“Piuttosto che riforme istituzionali che vadano in direzione di ulteriori limitazioni alla vita democratica del paese, sarebbe preferibile una piena attuazione della nostra carta costituzionale, intervenendo su quelle modifiche che ne hanno snaturato lo spirito, come il pareggio di bilancio e la riforma del titolo V. Occorre valorizzare le autonomie locali, ma non a scapito di un’equa fruizione dei servizi. E se di riforme istituzionali si deve parlare, che vadano nella direzione di una maggiore partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita democratica e collettiva, promuovendo la partecipazione dal basso, anche in forma consultiva e digitale”.

Uno sguardo a Lucca: quali istanze più urgenti e rilevanti dal territorio portereste a Roma?

“Il tessuto economico e industriale della Lucchesia è sempre più spesso vittima delle delocalizzazioni, come potrebbe accadere alla Essity di Altopascio o come è già successo con l’Arborea a San Ginese nel comune di Capannori. Unione Popolare è l’unica lista che propone una legge seria contro le delocalizzazioni, scritta da giuristi e operai della Gkn che si battono per garantire il proprio futuro. Dobbiamo intervenire anche sul ricatto tra ambiente e lavoro, come avvenuto nella vicenda del pirogassificatore della Kme a Fornaci di Barga, per il momento fortunatamente in stallo. Non possiamo permettere che la minaccia occupazionale incida sulla salubrità del territorio. Un altro problema riguarda il tema dei trasporti e delle grandi opere: a Lucca incombe il progetto degli assi viari, risalente agli anni ‘80 e ormai obsoleto. La direzione da prendere è quella di un trasporto pubblico territoriale ed eco-sostenibile. Anche i beni comuni sono a rischio. I comuni, strozzati dal pareggio di bilancio, preferiscono svendere o dare in gestione i beni culturali. Questo è quello che è successo alla Manifattura Tabacchi di Lucca, un bene estremamente importante dal punto di vista storico e dalle potenzialità enormi: i beni comuni devono rimanere alla comunità e devono essere gestiti dal pubblico”.

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