Zingaretti a Lucca rilancia il Pd: tra la gente ce la faremo foto

C’è un’idea di “sinistra che vibra potente”, nelle parole di Nicola Zingaretti. Una crepa di luce che insiste a filtrare, resiliente, nell’intervento del candidato a segretario del Partito democratico alle primarie del 3 marzo prossimo. Ripartendo dall’unione e dalle alleanze, per plasmare un nuovo Pd, uno che sappia dribblare correnti e lotte fratricide per “riorganizzare la democrazia in Italia”. Arriva ieri sera (14 gennaio) in un cinema Centrale esaurito, l’attuale presidente della Regione Lazio. Tenuta casual, la penna stretta tra gli incisivi, distribuisce sorrisi e tonnellate di forza di volontà tra le pieghe di un popolo spaesato, squassato dalle mazzate di un giudizio popolare che ha inferto ferite sanguinose, dal 4 marzo in poi. E, mentre ascolta il sindaco Alessandro Tambellini parlare di “modello Lucca” e di “necessità di un nuovo partito che non sia di un leader, ma che abbia un leader capace di fare sintesi rispetto ad un apporto collettivo”, appunta le tappe di un discorso fatto tutto d’un fiato, la voce inevitabilmente alta, per scuotere un elettorato sfibrato dal torpore in cui ha saputo infilarsi.

“Questa tornata della storia – avverte – ci impone di cambiare ripartendo da alleanze civiche, sociali, economiche e culturali. Altrimenti verremo spazzati via”. Per Zingaretti è necessario apporre baluardi per contrastare il sovranismo dilagante. A partire da quello che definisce un nuovo patriottismo europeo. “Da soli non andiamo da nessuna parte – spiega – ma vogliamo un’Europa che sappia ritrovare la sua missione, quella di una crescita sostenibile. Le imprese italiane, divise dal continente, non possono essere competitive. Ma non possiamo dimenticare, a partire dal nostro Paese, che la crescita deve andare di pari passo con un’equa distribuzione delle risorse”. E’ l’anticamera dell’autocritica, compressa tanto indigesta quanto inevitabile, specie se in una decade dilapidi qualcosa come 6 milioni di elettori. “Li abbiamo persi – ricorda il candidato – perché mentre crescevano le disuguaglianze siamo rimasti a guardare. Non abbiamo mostrato quella sensibilità che le persone si sarebbero aspettata da noi”.
Dice di voler recuperare questa gente, Zingaretti. Anche quelli che hanno votato contro. Soprattutto quelli che hanno votato contro. Ripartendo dalla scuola al centro del Paese e quindi dall’investimento in cultura, ma anche da un riformismo che sia intriso di un’idea che ammicca all’utopia come quella di un’economia giusta, ma che, in fondo, si traduce nell’urgenza di ridistribuire equamente la ricchezza prodotta. Da progetti di sostenibilità ambientale e dal lavoro, che non può essere svilito. A Lucca ugualmente significative le presenze quanto le assenze. Oltre al sindaco, per la giunta, erano presenti Raspini, Lemucchi, Mammini e Ragghianti. Non c’era invece il sindaco di Capannori, ma la segretaria Pisani era tra le prime file. Per Viareggio era presente il vicesindaco Valter Alberici.
“Lo spazio per riemergere c’è, è palpabile – si sofferma sul progetto di rinascita del Pd – ma dobbiamo farci trovare pronti. Questo governo ha ottenuto il consenso giocando sull’odio e sulle paure della gente, diffondendo speranze ed aspettative irrealizzabili. Quando non riusciranno a fare quello che hanno promesso, si realizzerà una fase nuova del populismo: il sovvertimento delle istituzioni, che è parzialmente già in atto. Ecco, non possiamo scioglierci o semplicemente rimanere a guardare, aspettando che sbaglino: sarebbe il regalo più grande per Salvini e gli altri. Dobbiamo dimostrare che un’alternativa credibile esiste e che quell’alternativa siamo noi. Il 3 marzo possiamo ancora cambiare la storia”.
Prima di lui è stato il sindaco a provare la febbre al “grande malato”: “Possiamo parlare di un modello Lucca da replicare – ha ricordato – perché specialmente in occasione delle ultime elezioni abbiamo compreso come fosse necessario instaurare alleanze e coinvolgere energie diverse, per essere confermati al governo della città. La sconfitta del 4 marzo – ha precisato – è stata un mezzo disastro, specialmente in Toscana. Ci ha indotto a riflettere sui nostri errori e sulla necessità di ricostruire un partito lacerato da personalismi e correnti. Oggi dobbiamo immaginarlo come un luogo delle idee, senza nemici al suo interno. Un luogo in cui discutere insieme di equità, alleanze, Europa, giovani, lavoro e molto altro ancora, insieme ad un leader che sappia fare sintesi. Un leader come Nicola Zingaretti”.

Paolo Lazzari

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