Covassi a Lucca: ‘Solo in Europa la persona è al centro’ foto

Al Festival del volontariato che si è chiuso ieri (12 maggio) a Lucca anche Beatrice Covassi, rappresentante dal 2016 della Commissione europea in Italia e prima donna a ricoprire questo ruolo. Ha partecipato ai lavori di piazza Napoleone insieme all’europarlamentare Silvia Costa, della quale è pronta a raccogliere il testimone se verrà eletta tra le fila del Pd per la circoscrizione dell’Italia centrale alle consultazioni del prossimo 26 maggio. Si è messa in gioco, dopo oltre 15 anni a servizio delle istituzioni europee come funzionario esperto di economia digitale, cybersicurezza transatlantica, salute elettronica e telecomunicazioni. È stata a Bruxelles, in Lussemburgo e a Washington Dc fino a che Juncker non le ha affidato l’incarico di rappresentanza per l’Italia. E Beatrice Covassi, fiorentina, ha fatto ritorno in Italia. Di base a Roma, ha sentito fin da subito l’esigenza di raccontare cosa significa ‘parlare europeo’ sui territori della penisola e, al contempo, di ascoltare le persone.

“La comunicazione ha due sensi di marcia. Si parla e si ascolta. Senza uno scambio, non c’è partecipazione né crescita civile. Occorre che la politica trovi un linguaggio che faccia parlare le persone, non soltanto che parli alle persone”. Come a dire, insomma, che chi fa politica non dovrebbe mettersi in cattedra ma camminare insieme agli altri. Macinando chilometri, come quelli che Beatrice Covassi ha realmente percorso in compagnia dei tassisti, su e giù per la capitale e per l’Italia intera: “Un giorno scriverò un libro sui miei dialoghi con loro. Hanno saputo restituirmi con grande senso di realtà i colori e gli umori del paese, il bisogno diffuso di giustizia e di prospettiva. Dai tassisti ho ricevuto anche bellissimi incoraggiamenti: uno, di Roma, mi ha detto l’altro giorno ‘se sgoli, dottore’, che qua ce vogliono riportare all’Italietta, ma ndo nnamo senza Europa?’. Ed è proprio così: non si possono fronteggiare i problemi globali dell’oggi senza esprimere unità”.

Ne è convinta, Covassi, che per finanziare la sua campagna elettorale ha messo in vendita alcuni quadri da lei dipinti e che non si risparmia nel raccontare la sua esperienza di Europa. “Oggi va di moda la parola ‘sovranismo’ che, in fondo, significa solo ‘nazionalismo’. Io preferisco parlare, semmai, di sovranità condivisa europea: 28 paesi che si siedono allo stesso tavolo e propongono obiettivi, pensano soluzioni, creano alternative trovando una voce sola. È qualcosa di emozionante. E forse – continua Beatrice Covassi – dovremmo ripartire proprio da lì, dal ritrovare il sogno e quel linguaggio ulteriore dell’umanesimo che è l’identità più profonda dell’Europa. Un luogo di pace e di benessere dal volto umano. Da noi non esiste la pena di morte, vale la pena ricordare. È questo che siamo, in fondo. E portare a completamento il grande progetto dell’Unione europea è la ragione per cui mi sono candidata”. Con Covassi, a Lucca, anche l’assessore all’urbanistica Serena Mammini e la consigliera comunale Chiara Martini. La visita è divenuta quindi occasione per parlare di fondi europei, bandi e opportunità per i territori.

“Molte città si stanno trasformando grazie ai finanziamenti dell’Europa ed è importante che gli amministratori locali lo dicano, in ogni occasione. L’Europa non è una realtà distante dai territori: è necessario rafforzare, anzi, la capacità dei Comuni e degli enti locali in genere di fare programmazione per intercettare le opportunità che l’Europa offre e che, al contrario di come spesso si pensa, non sono ‘treni’ da prendere ma supporti concreti per realizzare obiettivi già programmati. Certo, sarebbe auspicabile che le realtà locali avessero anche le forze, in termini di personale, per la progettazione europea: per questo propongo la nascita di una task force in grado di supportare gratuitamente i Comuni. Spesso – continua Covassi – si associa l’Europa al patto di stabilità o a una politica per le migrazioni che penalizza l’Italia. In realtà, l’Ue non ha competenze dirette sul fenomeno degli arrivi ma, con la convenzione di Dublino, aveva avviato un ragionamento sano per gestire quello che è un fatto umano, non un problema. Peccato che Lega e M5S non abbiano voluto portarlo in fondo”. Si dispiace, Beatrice Covassi, che l’Europa non abbia ancora completato l’unione sociale – “il divario tra salari medi nei vari stati membri è ancora troppo distante” -, e l’unione economica e fiscale, “indispensabili perché funzioni l’unione monetaria”. Ma, al contempo, non perde la speranza: “La storia breve dell’Unione europea ci insegna che a ogni momento di crisi è seguita una rinascita. Parlando con le persone mi accorgo che c’è consapevolezza che a queste elezioni la posta in gioco è alta. Dobbiamo fare ancora molta strada, migliorare il legame con i territori anche nella formulazione delle nostre politiche comunitarie: penso, ad esempio, a un dialogo da strutturare con le Regioni. Così come sarà imprescindibile educare alla cittadinanza europea i nostri studenti e parlare un’unica lingua in politica estera. Dobbiamo trattenere nei nostri sguardi questo orizzonte di futuro anche per i più giovani. Le direttive europee – continua Covassi – sull’ambiente sono le misure più concrete che siano mai state portate a termine da un’unione politica: si pensi al sistema di abbattimento della Co2 con premialità per le industrie che investono sulle fonti rinnovabili ma anche al fatto che dal 2021 saranno aboliti ben dieci prodotti di plastica monouso. L’Europa è attenzione alla persona e alla qualità della vita, è il luogo delle certificazioni dei prodotti e degli alimenti, della sicurezza dei controlli: tornare indietro sarebbe veramente miope”.

Beatrice Covassi ha tante idee e per ciascuna propone una via concreta di realizzazione, come è naturale che faccia chi ha maturato un’esperienza come la sua sul campo e ora guarda a un possibile impegno in prima linea da europarlamentare come servizio: “Credo che sia giunto il tempo, per la politica, di parlare al femminile. Ed è quello che auguro all’Europa. Il che non significa – spiega Covassi – che debba essere fatta da donne o per le donne, intendiamoci. Non ne faccio una questione di genere ma di grammatica: il linguaggio femminile è quello della mediazione, dell’accoglienza, della cura, dei diritti e della creatività. Di questo abbiamo bisogno”.

Elisa Tambellini

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