Ndoye: “Non esiste diritto all’umiliazione”

Primi interventi relativi alla campagna #nohatelucca #bastaodio avviata ieri su Lucca in Diretta e aperta ai contributi di tutti. Un appello a far prevalere la discussione e il ragionamento all’odio fine a se stesso che dilaga soprattutto nei commenti dei social network. Un intervento molto letto e condiviso e che non ha mancato esso stesso di suscitare reazioni di dissenso non argomentate. C’è chi l’ha buttata in politica (“lecchini della Boldrini”, “servi della sinistra”), laddove nessun riferimento è stato fatto alla politica, invitata a supportare la ripresa di un dibattito civile e argomentato e non fatto solo di slogan. C’è chi ha urlato alla censura affermando che sarebbero a rischio i commenti di coloro che affermano che i clandestini sono troppi o che “Mattarella è una mummia”. Anche in questo caso non è così: l’invito non è (solo) quello a moderare i toni dei commenti ma è quello di far prevalere il ragionamento alla rabbia, il dissenso all’odio. Nell’appello era scritto a chiare lettere: “La maggioranza delle persone, pur avendo opinioni diverse pur, legittimamente, contestando le politiche sulla migrazione o le modalità di elezione e la stessa rappresentatività di un presidente della Repubblica, per limitarsi ai casi recenti, ha posizioni critiche ma non distruttive, polemiche ma non improntate all’odio. E dovrebbe far sentire la propria voce di dissenso, alta e forte, alla deriva giustizialista e pseudoanarchica di qualcuno”.

Infine l’intervento di Domenico Raimondi, che ha sottolineato come siano gli stessi media a cavalcare l’onda dei commenti, che a volte in qualche modo prendono il posto e prevaricano quello della notizia, diventando essi stessi notizia. Vero, e infatti nessuno, neanche i giornalisti, devono considerarsi indenni dalla responsabilità di aver tramutato il dibattito politico e civile in un pollaio, in cui la parte del leone la fa chi urla più forte o chi la spara più grossa. Parliamone, cerchiamo di superare l’attuale situazione, e vediamo l’effetto che fa.
Intanto riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Daouda Ndoye, sindacalista Filcams e volontario della Croce Rossa, già oggetto di attacchi personali per l’aver condiviso l’appello #nohatelucca #bastaodio.
“Gli individui – dice – sono diversi l’uno dall’altro per cultura e formazione della personalità che si identifica con un livello di istruzione, cioè un insieme di conoscenze e competenze acquisite nel corso della vita. Ci riferiamo dunque ad un vissuto che ha potuto articolarsi attraverso percorsi personali estremamente variabili ma comunque riconducibili ad ambiti precisi determinati dall’età, dal ceto e dal contesto sociale di appartenenza. In altre parole, ognuno di noi ha un bagaglio d’esperienze accumulate nel tempo che varia secondo il sesso, le scuole frequentate, i giornali abitualmente letti, la radio e le reti tv preferite, le proprie convinzioni politiche e religiose, le proprie attitudini ed inclinazioni e le opportunità offerte dal mondo in cui vive. La diversità consiste anche nel parlare un’altra lingua, cucinare in un’altro modo, avere altri costumi, un’altra religione e altre abitudini di vita. Ci sono differenze che si manifestano attraverso l’aspetto fisico (la statura, il colore della pelle, i lineamenti del viso) e poi ci sono differenze di comportamento, di mentalità, di credenze, eccetera. Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è quella meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare banale. Esso consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse”.
“In generale l’essere umano – prosegue – tende a non amare qualcuno che è differente da lui, per esempio uno straniero. È un comportamento vecchio come il mondo ed è universale. È così dappertutto. Il razzista è qualcuno che soffre di un complesso di inferiorità o di superiorità. Il risultato è lo stesso, perché il suo comportamento, in un caso o nell’altro, sarà di disprezzo. E dal disprezzo deriva la collera. Il razzista ha paura della diversità, dello straniero, di quello che non conosce, soprattutto se lo straniero è più povero di loro. Il razzista è più portato a diffidare di un operaio africano che di un miliardario americano. Ma se un emiro del Golfo viene a passare le sue vacanze in Costa Azzurra è accolto a braccia aperte, perché non è l’arabo che si accoglie come immigrato, ma il ricco che è venuto a spendere soldi. Il razzista è uno che, con il pretesto che non ha lo stesso colore di pelle, né la stessa lingua, né lo stesso modo di fare festa, crede di essere migliore o superiore rispetto a chi è differente da lui. Dice a se stesso: “La mia razza è bella e nobile; le altre sono brutte e bestiali”. Per combattere il razzismo bisogna imparare a conoscersi, parlarsi, ridere insieme, cercare di condividere i momenti di piacere, ma anche le pene, fare vedere che spesso si hanno le stesse preoccupazioni, gli stessi problemi”. “Anche viaggiare – dice il sindacalista – può essere un modo valido per conoscere meglio gli altri. Già Montaigne (1533-1592) incitava i suoi compatrioti a viaggiare per osservare le differenze. Per lui il viaggio era il mezzo migliore per levigare e lucidare il nostro cervello contro quello degli altri. In altre parole, conoscere gli altri per conoscere meglio se stessi. Basta Razzismo. I giornali d’oggi sono pieni di insulti sulle religioni altrui, di guerre in nome della religione, di kamikaze, eccetera. Si può pensare che la religione abbia natura razzista, ma non è così perché è l’uso che ne fanno, talvolta, gli uomini che la nutre di razzismo. Nell’ nno 1095, il papa Urbano II lanciò, a partire dalla città di Clermont-Ferrand, una guerra contro i musulmani, considerati infedeli. Migliaia di cristiani partirono verso i paesi dell’Oriente per massacrare arabi e turchi. Quella guerra fatta in nome di Dio, prese il nome di Crociate (la croce era il simbolo dei cristiani contro la mezzaluna, simbolo dei musulmani). Tra l’XI e il XV secolo, i cristiani di Spagna hanno espulso i musulmani e poi gli ebrei per ragioni religiose. Cosi, c’è chi si appoggia sui testi sacri per giustificare la propria tendenza a dirsi superiore agli altri e le guerre di religione sono molto frequenti. Bisogna notare che tutti i libri sacri sono contro il razzismo. Il Corano (per i musulmani) dice che gli uomini sono tutti uguali davanti a Dio e sono differenti secondo l’intensità della loro fede. Nella Torah (per gli ebrei) si dice: “…se uno straniero viene a stare con te, non recagli molestia, sarà per te come uno dei tuoi compatrioti… e tu l’onorerai come te stesso”. La Bibbia insiste sul rispetto del prossimo, cioè di qualsiasi altro essere umano, sia esso il tuo vicino, tuo fratello o uno straniero. Nel Nuovo Testamento è detto: “Vi ordino d’amarvi l’un l’altro”. Tutte le religioni predicano la pace tra gli uomini. Quando nel telegiornale si parla di attentati, la maggior parte dei media accusa l’Islam, ma questi giornalisti sono solo ignoranti e incompetenti, perché confondono l’Islam con la politica. Ci sono degli uomini politici che utilizzano l’Islam nelle loro lotte. Li chiamano integralisti. Gli integralisti sono dei fanatici. È fanatico chi pensa d’essere il solo a possedere la verità. Spesso religione e fanatismo vanno insieme. Esistono fanatici nella maggior parte delle religioni. Si credono ispirati dallo spirito divino. Sono ciechi e pieni di passione e vogliono imporre la loro convinzione a tutti gli altri. Sono pericolosi perché non danno valore alla vita altrui. In nome del loro Dio, sono pronti ad uccidere come a morire: molti di loro sono manipolati da un capo. È evidente che sono razzisti”.
“Il razzismo – conclude Ndoye – comincia con dei pregiudizi, nessuno può sostenere con sicurezza, che in qualche remoto angolo della propria mente non si nasconda qualche piccolo o grande pregiudizio che improvvisamente si manifesta con parole dette in un certo modo, con un espressione appena percepibile, con una decisione “istintiva”. I pregiudizi esistono, e non è possibile negarli e relegarli nel nostro intimo. Il razzista giustifica le sue repulsioni con le caratteristiche fisiche. Dirà: non posso più sopportare il tale perché ha il naso camuso, o perché ha i capelli crespi, o perché ha gli occhi a mandorla, eccetera. Ecco cosa dice il razzista: “Poco mi importa di conoscere i pregi e i difetti di una persona. Mi basta sapere che fa parte di una determinata comunità per rifiutarla”. Si appoggia alle caratteristiche somatiche per giustificare il suo rifiuto di una persona. Ad esempio, si dirà che i neri sono “robusti ma pigri, golosi e poco puliti”. Si dirà che i cinesi sono “piccoli, egoisti e crudeli”. Si dirà che gli arabi sono “astuti, aggressivi e traditori”. Si dirà che i turchi sono “forti e brutali”. Si affibbieranno agli ebrei i peggiori difetti fisici e morali per giustificarne le persecuzioni. Gli esempi abbondano. Ci saranno neri che diranno che i bianchi hanno uno strano odore; asiatici che diranno dei neri che sono selvaggi. Questi preconcetti si combattono imparando a rispettarsi. Il rispetto è essenziale. D’altra parte la gente non pretende l’amore, ma di essere rispettata nella sua dignità umana. Rispettare vuol dire avere riguardo e considerazione. Vuol dire sapere ascoltare. Il razzista è proprio colui che generalizza partendo da un caso particolare. Se è stato derubato da un arabo, ne trarrà la conclusione che tutti gli arabi sono ladri. Rispettare gli altri vuole dire avere riguardo per la giustizia. La lotta contro il razzismo comincia con un lavoro sul linguaggio. Se non si reagisce, e non si agisce, si rende il razzismo banale e arrogante. Quando si va all’università si notano ragazzi diversi tra loro, e questa differenza è una bella cosa. È una buona occasione per l’umanità. Quegli universitari vengono da orizzonti diversi, sono capaci di darti cose che non hai, come tu puoi dargli qualcosa che loro non conoscono. La mescolanza è un arricchimento reciproco. Bisogna sapere che ogni faccia è un miracolo. È unica. Non potrei mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un’altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità”.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.