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Alessandro Terigi si racconta: il tennis, l’azienda, il valore della libertà foto

Ci sono più di 60 anni di credibilità nel nome Terigi. Lo sa bene Alessandro, che condivide con i due fratelli il timone dell’azienda fondata nel 1957 da suo nonno Aldo, l’uomo che fece sognare l’Italia tenendo testa a Clemente Biondetti lungo le strade della Mille Miglia. Profondo il senso di responsabilità che si percepisce parlando con lui. D’altronde, oggi la concessionaria di via delle Fornacette a San Concordio è una realtà che per 40 persone significa lavoro. E che è riuscita, di anno in anno, nonostante i morsi della crisi, a consolidare il suo brand, associato, dal 2000, ai quattro cerchi di Audi.

“Vendiamo auto di lusso in un’economia che non funziona, in un contesto di forte prudenza. Eppure – osserva Alessandro Terigi – siamo in grado di vendere circa 650 auto nuove in un anno, oltre alle buone risposte sull’usato”. Una stabilità che richiede attenzione costante ai cambiamenti, sempre più veloci, di una società e di un orizzonte di mercato del tutto diversi da quelli che hanno visto nascere l’avventura della famiglia Terigi nella vendita delle auto. “Quando questa azienda è stata fondata – racconta Alessandro – mio nonno, mio padre e mio zio avevano davanti a sé l’Italia delle possibilità. Erano gli anni del boom economico, quelli in cui per ottenere fiducia da una banca era sufficiente convincerne il direttore che sì, il tuo progetto avrebbe funzionato. È stato così per loro e per molti altri pionieri, partiti senza garanzie. Quest’azienda era il loro sogno, lo hanno costruito giorno per giorno, mettendoci la faccia sempre e guardando negli occhi le persone che, nel tempo, hanno lavorato per loro, per noi”. Un profilo basso, quasi sussurrato, mai arrogante. “Fino al 2000 il nome Terigi era legato alla Fiat. Poi quell’esperienza si è conclusa e abbiamo sposato la filosofia tedesca Audi. Insomma – sintetizza Alessandro – il nostro target è cambiato radicalmente: siamo passati dal vendere auto ai dipendenti al vendere auto ai titolari. È stato come re-inventarsi. Ma avevamo alle spalle la reputazione di un nome che, per questa città, significa solidità”.
Basta soffermarsi a guardare negli occhi Alessandro Terigi per accorgersi che il testimone ricevuto, in alcuni tratti del suo percorso, è stato anche pesante. Lui, che più di tutto, per il suo figlio più grande, ha voluto la libertà di compiere scelte anche molto diverse dalle sue. E lo sguardo si accende nel parlare di Stefano: “Il mio primo figlio, che oggi ha 31 anni, ha rincorso i suoi sogni ed è riuscito ad afferrarli: oggi è chef al ristorante Giglio e lui, Lorenzo e Benedetto lo scorso novembre hanno ricevuto una stella Michelin. È il riconoscimento più ambito, per chi fa cucina. Per quanto mi manchi non averlo con me – ha aggiunto – so che ho fatto qualcosa di più grande, per lui: l’ho spinto verso quello che aveva nel cuore, senza caricarlo di alcuna aspettativa. La sua vita per me è sacra e, proprio per questo, libera: non è stato tenuto a rappresentare la quarta generazione di Terigi che si occupa di automobili”. E le passioni di Alessandro? Una tra tutte, lo sport. “Ho giocato per tantissimi anni a tennis a livello agonistico, ho iniziato da bambino e ho smesso poco dopo i 30 anni. Nel 1985 ho avuto l’opportunità di frequentare la Nick Bollettieri Tennis Academy in Florida, dove ho iniziato come allenatore per poi raggiungere la qualifica di maestro di tennis americano. Sono rimasto lì per un anno e ho avuto la fortuna di conoscere e allenare alcune promesse, all’epoca under 16, come Agassi, Sampras, Courier. Il tennis, per me – racconta ancora Alessandro – è stato il primo amore e da qualche anno sono tornato a frequentarlo, indirettamente, insieme al mio secondo figlio che oggi ha 13 anni e se la cava piuttosto bene con la racchetta. Si allena al Tennis Club di Vicopelago, società che mi vede impegnato come componente del consiglio di amministrazione. Dopo aver smesso di giocare a tennis a livello agonistico, mi sono appassionato al ciclismo. Percorro circa 10mila chilometri l’anno sulle due ruote. È questo uno sport che mi ha permesso di entrare in relazione con campioni come Nibali, Bettini, Bartoli, Casagrande. E ancora Petacchi, Di Luca, Cavendish, Sciandri, Bennati e altri. Persone che poi hanno scelto Audi Center Terigi per acquistare la loro auto: non è un caso che qualche settimana fa alcuni nostri clienti abbiano avuto la possibilità di allenarsi con sportivi del calibro di Bettini e Bartoli proprio in concessionaria”.
Un luogo, quello di via delle Fornacette, che restituisce a chi lo vive la serenità degli ambienti luminosi e ordinati e il tepore della cordialità familiare. Sì, perché nonostante le sfide anche pressanti dell’oggi, per un’azienda che ha come obiettivo il consolidamento di quello che già ha e già è, Terigi continua a essere prima di tutto una realtà a misura di persona. Dove tutti si conoscono, dove si fa squadra, dove ci si guarda negli occhi e, possibilmente, con il sorriso. Dove il brillante 84enne Giampaolo, padre di Alessandro, continua ad avere la sua scrivania e a chiamare tutti per nome. “Oggi le persone cercano le informazioni sul web. Quando arrivano in concessionaria hanno già chiaro cosa vogliono: se prima lo stesso cliente veniva, in media, sette volte prima dell’acquisto, adesso viene solo due volte. È evidente – spiega Alessandro – quanto sia fondamentale entrare in contatto con una realtà in grado di trasmettergli fiducia. È questione di empatia, di relazione umana, ieri come oggi. Così come il coltivare, dopo la vendita, la fiducia ricevuta: la lealtà, per noi, continua nel tempo, nell’assistenza che siamo in grado di offrire a chi compra un’auto Terigi”. Ed è proprio la profonda onestà a colpire, di Alessandro Terigi. Un uomo che misura le parole, che conosce il loro significato e non le usa per persuadere chi ha di fronte. Non ne ha bisogno. La sua filigrana – fatta anche di compromessi con se stesso – parla e convince per lui.

… to be continued

Elisa Tambellini

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