I due volti della forza foto

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Mi è rimasta impressa una scena che vidi in un film parecchi anni fa: una madre diceva al figlio, già adulto, più o meno queste parole “Non è necessario essere forti così” e mostrava il pugno chiuso, “ma si può esserlo anche così” ed apriva la mano lasciandola sospesa nell’aria come una piccola coppa. Nella società odierna i pugni si chiudono sovente, e a volte contengono anche un’arma, e l’aggressività e pure la malvagità sono all’ordine del giorno. È facile notare persone che si danno alla competizione più sfrenata e assumono atteggiamenti rigidi e oppositivi; pertanto diventa più semplice agire per reazione, o con la volontà di manipolare, piuttosto che per un impulso che parta dal proprio centro, dall’essenza interiore.

Lo yoga ci insegna a non muovere sterili critiche verso gli altri o verso la società, ma a prenderci la responsabilità di partire da noi stessi per effettuare un cambiamento. Avere forza significa riappropriarci della nostra dimensione essenziale. E affinché questo accada è fondamentale entrare in contatto con il proprio centro, dare spazio a quella interiorità che non è asservita al calcolo, ma è energia, vita, intelligenza e amore disinteressati. Per questo motivo la presenza di eroi, eroine e divinità guerriere nelle asana non vuol predisporre verso una battaglia o indicarci di quali armi dotarci per ottenere successo e vittorie. Il combattimento è interiore ed è preferibilmente finalizzato a far tacere l’ego, l’ybris, come lo chiamavano i greci, che si nutre di ignoranza, avidità ed avversione, generando paure e divisioni. Mediante le asana esprimiamo posizioni che operano sia sul piano simbolico, agendo su ciò che ogni forma rappresenta, sia sul piano fisico per far emergere dal nostro interno forme che generino equilibrio, vigore, flessibilità ed energia (non certo per dimostrarci capaci di contorcimenti circensi). I saggi ci insegnano che se il corpo cambia, cambia anche lo spirito e se lo spirito cambia l’universo intero si modifica. Disponiamoci dunque a iniziare una sequenza, consapevoli che se emergeranno difficoltà a mantenere una posizione per limiti fisici questa sarà un’ottima occasione per non sforzarsi o resistere a ogni costo, ma per comprendere che il superamento dei limiti avverrà lentamente attraverso la perseveranza e la scoperta di qualità che possediamo che ci aiuteranno a scioglierli. Se invece notiamo che una posizione non ci piace o ci infastidisce quello è un segnale che non va sottovalutato: osservando quale simbolo agiamo, si apre infatti una nuova possibilità di conoscerci profondamente. La sequenza inizia con l’asana diDanda, il bastone. Da sempre il bastone è un simbolo di comando, di potere; ma in questo caso non si intende lo scettro che sottomette dei sudditi, ma la capacità di essere in grado di gestire le proprie forze, di creare un’apertura interna in cui il respiro si approfondisca. E prosegue con Kalichakrasana: Kali è la dea terrifica a cui Durga chiede aiuto nella sua battaglia contro i demoni e così, nella battaglia interiore, agisce nei confronti delle inclinazioni egoiche e di tutto ciò che ci appesantisce e ci grava addosso inutilmente. Risveglia energie creative.
Ecco poi Duryodhana, il guerriero che ha i mezzi per attaccare e per difendersi, ma prima di poterli utilizzare deve radicarsi bene alla Terra e recuperare stabilità e centratura. Tutto ciò genera una forte energia e dispone verso la fiducia in sé. Mahadevi, la grande dea, venerata da sempre fin dall’antichità più remota, è espressione della potenza femminile, della creatività che, piuttosto che manifestarsi a livello fisico nella maternità, si mette in evidenza in ogni situazione della vita come capacità di espressione delle infinite possibilità della natura. Segue Svaha, la dea che custodisce il fuoco sacro nel quale purificare quello che ostacola la crescita interiore. Nella luce di quel fuoco è possibile vedere le energie imprigionate e recuperarle per intraprendere il cammino verso l’autenticità. Virani Puja è l’eroina che ha fatto spazio al proprio interno per accogliere l’energia dell’Universo e portarla nel proprio cuore; e dal proprio cuore fa affiorare l’energia individuale per donarla all’Universo. La sequenza si conclude con Vira Dhanura Mudra, il gesto dell’arciere che, per raggiungere Jnana la conoscenza, deve centrare due bersagli: uno posto alla sua sinistra al cui centro c’è Iccha, la volontà e l’altro alla sua destra che ha al centro Kriya, l’azione. 
Ed ora inizia a stenderti sul tappetino e dopo aver fatto qualche scioglimento fai emergere Dandasana: in posizione supina, le gambe unite, le braccia stese al di là del capo ed i pollici intrecciati; inspirando spingi i talloni in avanti e tira le mani all’indietro allungando tutta la parte posteriore del corpo. Ripeti una seconda volta e poi rilassa gambe e braccia, mani e piedi e rimani all’ascolto del respiro: l’inspirazione inizia nell’addome, prosegue nel torace e quando pensi che sia completa, inspirando ancora un po’ lascia che si espanda nella zona clavicolare; espirando svuota le tre parti dal basso verso l’alto.
Kalichakrasana. In posizione prona fletti i gomiti e sovrapponi le mani poggiando su di esse il mento. Inspirando fletti le ginocchia e premendo sul ginocchio sinistro fai scendere i piedi verso quel lato, mantenendo uniti sia i piedi che le ginocchia. Fai sì che il respiro si apra spazio in basso verso la base mentre eviti qualsiasi rigidità. Lentamente ti alzi in piedi e lasci un piccolo spazio tra i due distribuendo il tuo peso su entrambi.
Duryodhana Asana ti porta a fare un passo in avanti col piede sinistro ed a flettere questa gamba; inspirando porta le braccia in alto e chiudi i pugni con forza ed espirando piega il braccio sinistro e porta il pugno chiuso davanti alla parte sinistra del torace.
Mahadevi Asana: apri maggior spazio tra i piedi e senti la bella forza delle tue gambe; inspirando solleva le braccia lateralmente sulla linea delle spalle ed espirando fletti le ginocchia e le braccia, facendo sì che gli avambracci diventino perpendicolari a terra ed i palmi delle mani guardino in avanti.
Svaha Asana: mantieni le gambe divaricate e poni le mani sopra l’addome con le punte delle dita rivolte verso il basso; fai una profonda inspirazione con cui allunghi bene il busto ed espirando flettilo in avanti fino ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia. Mantieni la testa sollevata ed ascolta il movimento del respiro nell’addome.
Virani Pujasana: conserva la stessa apertura tra i due piedi ma porta le punte verso l’esterno. Inspirando solleva le braccia lateralmente sulla linea delle spalle ed espirando fletti i gomiti ed i polsi e fai in modo che le tue mani diventino due piccole coppe rivolte verso l’alto. Inspirando senti che si apre lo spazio nel torace e nelle braccia ed espirando consenti all’energia dell’Universo di occupare quello spazio scendendo dalle mani alle braccia e fin dentro allo spazio del cuore.
Vira Dhanura Mudra: la distanza tra i piedi falla corrispondere ora alla misura delle spalle, le gambe sono ben forti e ti sostengono. Distendi le braccia lungo i fianchi e mantieni le mani in Jnana mudra (il gesto della conoscenza) per tutto l’esercizio: unirai le punte dei pollici e degli indici per formare due piccoli cerchi e lascerai le altre dita distese ed unite. Le mani e le braccia sono forti, il busto è ben diritto ed i glutei sono compatti per far scendere il coccige verso il basso ed allungare la zona sacro-lombare. Non c’è sforzo né passività, ma forza ed equilibrio. Lo sguardo si fissa su di un punto lontano, all’orizzonte, che splende luminosissimo: è lì l’energia della conoscenza. A sinistra vedi un bersaglio al centro del quale c’è Iccha, la volontà e diventando tutt’uno con il bersaglio, ti prepari a scoccare la prima freccia. Inspirando solleva le braccia sulla linea delle spalle, i palmi delle mani rivolti in avanti. Espirando il braccio destro viene in avanti, inspira ed espirando porta il braccio destro a sinistra vicino all’altro; un’inspirazione vigorosa e sonora farà retrocedere il gomito che resterà sulla linea della spalla e così pure l’avambraccio: è lo scoccare della freccia che fa arrivare la mano destra vicino alla spalla. Espirando il braccio torna in avanti ben disteso ed anche il volto. Inspirando apri le braccia lateralmente ed espirando falle scendere ai lati del corpo. A questo punto la concentrazione si sposta nel centro del bersaglio che hai sulla destra dove c’è Kriya, l’azione. Diventa consapevole di essere allo stesso tempo l’arciere, la freccia ed il bersaglio e ripeti i movimenti sull’altro lato. Poi rilassati in posizione supina tendendo con forza, nell’inspirazione, ogni muscolo delle mani e delle braccia, dei piedi e delle gambe ed abbandonandoli nell’espirazione, fino a sentirne ogni parte rilasciata e pesante. Allora concentrati sul respiro e lasciati assorbire dal suo ritmo calmo e regolare e dalla sua leggerezza. Tanto il corpo è diventato pesante quanto il respiro è leggero. Ed ora visualizza la sequenza e avverti se c’è una posizione che emerge con più evidenza rispetto alle altre; concentrati su quella e visualizzala ancora. Fai tue le parole di un saggio che dice: “La pace è l’arte di non eliminare l’altro”. (Raimon Panikkar)

Patrizia Martinelli
insegnante di yoga ratna

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