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Commercio, Filcams Cgil Toscana boccia la nuova legge sulle festività obbligatorie

Si tratta di un parziale risultato, ottenuto grazie anche alle nostre battaglie, ma riteniamo l’ultimo testo riduttivo, èun passo indietro rispetto a quello iniziale”. E’ il giudizio di Cinzia Bernardini, segretario generale di Filcams Cgil Toscana, sulla proposta di legge, approvata alla Camera, che regolamenta le aperture commerciali. La proposta, presentata dal deputato Senalbi, è uscita dalla decima commissione prevedendo 12 festività obbligatorie, con la possibilità che la programmazione tornasse in mano agli enti locali. “In questo modo, si prescriveva una retromarcia rispetto alle liberalizzazioni del governo Monti e si andava incontro alle nostre richieste, sulle quali in questi anni ci siamo mobilitati”, spiega Bernardini. Ma il testo approvato in aula (283 sì, nessun no, 15 astenuti) riduce a 6 le festività obbligatorie, e la programmazione delle stesse è messa in capo all’esercente, “dunque si perde la possibilità che gli enti territoriali possano regolamentare il mercato per evitare concorrenza sleale”, dice Bernardini.

Che aggiunge: “E’ per questi motivi che l’ultimo testo è insufficiente a modificare una legge che si è rivelata un disastro: non ha creato più occupazione, ha peggiorato le condizioni di lavoro, ha fatto chiudere tanti piccoli esercizi, non ha impedito che il commercio fosse uno dei settori con più perdita di posti”.Bernardini conclude così: “Pare che l’ultima modifica del testo sia venuta dopo un parere dell’Antitrust. Noi diciamo che il parere dell’Antitrust, seppur autorevole, non può andare oltre la volontà politica di grandi pezzi della società, dal sindacato alla Regione Toscana, da Confesercenti a parti rilevanti del mondo cattolico e della cooperazione, e non solo. Come organizzazione sindacale auspichiamo che al Senato vengano riportate a 12 le festività con obbligo di chiusura, conferendo agli enti locali la possibilità di programmazione. E’ una battaglia di civiltà per le condizioni di vita e di lavoro di quasi 2 milioni di addetti in prevalenza donne”.

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