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Oltre un miliardo e mezzo investito dal 2010: al mondo piace la Toscana che produce

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La Toscana piace. Piace non solo ai turisti ma anche a chi dal mondo in Europa, in Italia o in Toscana appunto vuole investire: per produrre ed aprire nuovi stabilimenti industriali, per fare squadra con i fornitori locali ma anche per dedicarsi alla ricerca. La Toscana sa attrarre investimenti e i buoni esempi dall’ottobre del 2010 ad oggi, da quando presso la presidenza della Regione è stato attivato un ufficio dedicato appositamente a questo, non mancano. Un bilancio positivo, nonostante la crisi, e un fronte da rafforzare ulteriormente nel futuro. La Toscana ha attratto investimenti con una strategia semplice ed efficace: operazioni di politica industriale e azioni di sistema, pubblico e privato assieme. Un modello che ha puntato a dare risposte veloci e risolvere problemi, che ha messo a disposizione risorse per chi già in Toscana c’era e voleva crescere e per chi in Toscana voleva venire, una strategia anzitutto che ha saputo tessere una rete di relazioni con istituzioni vicine e lontane per aiutare chi in Toscana voleva venire (o restare) a farsi strada nella ragnatela della burocrazia e accelerare i tempi. Quantomeno a rendergli certi, che per un investitore – accanto alle infrastrutture che un territorio garantisce – è forse la cosa più importante. Per questo la Toscana, che più volte ha ricevuto anche i complimenti dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Mr Philips, è stata premiata l’anno scorso dalla rivista Fdi del Financial Times per la migliore strategia sulla promozione degli investimenti esteri messa in campo tra le regioni del sud Europa.

Le aziende a cui piace la Toscana
I casi negli ultimi quattro anni sono tanti. Ci sono la giapponese Yanmar che ha deciso di aprire il proprio centro di ricerca europeo sui motori a Firenze e non Parigi (il suo terzo centro di ricerca nel mondo) e l’americana Powerone (oggi parte di Abb) che un centro di ricerca per le energie rinnovabili lo ha stabilito vicino ad Arezzo, coinvolgendo peraltro dieci pmi locali. C’è il centro di ricerca e design di semi-conduttori a Livorno, il primo in Italia, della tedesca Dialog Semiconductor, che i microchip li produce in Estremo oriente ma li vuole sviluppare in Toscana ed ha assunto per questo venti ingegneri; e c’è la General Electrics Oli&Gas, che ha consolidato ulteriormente la propria presenza col Pignone. Più di recente è arrivata l’algerina Cevital che ha rilevato la ex Lucchini di Piombino per continuare a produrre acciaio ma anche costituire una base logistica e un centro dedicato all’agroalimentare, c’è la francese Mcphy che produce pile e idrogeno e ha deciso di investire a Ponsacco. C’è l’Eli Lilly farmaceutica. Con l’obiettivo di dar vita ad un polo aeroportuale regionale è arrivata tra le ultime Corporacion America, entrata nelle società che gestiscono gli aeroporti di Firenze e Pisa. E poi ancora Laika, Thales, Continental, Ikea, Whirpool, Gucci e Esaote, tanto per citare altri esempi virtuosi.

Qualche numero
La Toscana conta già 500 multinazionali presenti sul suo territorio: 420 sono straniere, di queste 95 sono americane. Dopo cinque anni di legislatura (e 95 aziende di una decina di paesi diversi che tra il 2011 e il 2013 si sono rivolte alla Regione per chiedere assistenza) non si sono registrate delocalizzazioni significative, segno che sono state trovate buone ragioni per restare. Di più: in 38 si sono espanse, hanno acquisito nuovi rami o hanno dato vita a nuovi insediamenti, con un dato ancora provvisorio ma che comunque dal 2010 al 2014 segna 1,55 miliardi di euro di investimenti e 3.352 posti di lavori coinvolti, tra vecchi e nuovi. Un migliaio, guardando alle statistiche dell’anno scorso, solo tra i nuovi. Nel 2012 in Italia gli investimenti esteri avevano subito un tracollo: in Toscana dal 2010 al 2013 sono aumentati di 400 milioni l’anno.

I punti di forza della Toscana
Le ragioni per decidere di investire in Toscana possono essere tante: la posizione e la logistica, il fatto di essere baricentrica rispetto a tutto il Mediterraneo, la bravura delle tante piccole e medie aziende artigiane. A volte basta far scoprire le capacità delle sue università. E’ successo alla Yanmar. “Perché in Toscana e non altrove? Per l’accoglienza calorosa delle istituzioni – rispondeva nel 2011 il direttore Kanda, quando la multinazionale decise di fare a Firenze il suo centro di ricerca per motori e macchinari agricoli e delle costruzioni -, ma soprattutto per l’alta formazione universitaria e della ricerca che la Toscana può vantare”.
Il prossimo capitolo riguarderà i protocolli di insediamento, evoluzione dei protocolli localizzativi. Il bando uscirà dopo il 2 marzo e sono previsti incentivi a fondo perduto per le aziende che investiranno, anche straniere, a fronte di impegni in innovazione, attività e posti di lavoro per almeno cinque anni. Accanto alle partite che si giocheranno sul fronte della riforma della formazione professionale, l’efficienza energetica e un nuovo sistema di trasferimento tecnologico che aiuti a superare l’eccessiva frammentazione che oggi esiste.

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