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Neurochirurgia, al Meyer il primo intervento con robot

E’ con una paziente di 17 anni con una gravissima forma di epilessia resistente ai farmaci che il Centro di eccellenza di Neurochirurgia del Meyer diretto dal dottor Lorenzo Genitori ha iniziato le applicazioni robotiche in Neurochirurgia.

Il sistema robotizzato dedicato alla neurochirurgia stereotassica ha permesso di realizzare un intervento complesso di Stereoelettroencefalografia (Seeg) in modo rapido e sicuro: sette elettrodi intracerebrali applicati in meno della metà del tempo che avrebbe richiesto un casco stereotassico tradizionale. A condurlo è stato il neurochirurgo Flavio Giordano, coadiuvato dai colleghi Regina Mura, Barbara Spacca e Massimiliano Sanzo, in collaborazione con l’équipe del Centro di eccellenza di Neuroscienze diretto dal professore Renzo Guerrini: i neurologi Carmen Barba e Federico Melani. Ma tra i protagonisti di questa operazione che sposta i confini a vantaggio del piccolo paziente, va collocata anche la Fondazione Meyer che con un impegno economico di 700 mila euro ha rinnovato le dotazioni tecnologiche del blocco operatorio del Meyer, donando il robot neurochirurgico, un nuovo sistema di neuronavigazione e un sistema di monitoraggio e stimolazione neurofisiopatologica.
Apparecchiature innovative che nelle mani di uno staff competente e preparato consente di rendere sempre meno invasive metodiche complesse quale è la chirurgia dell’epilessia. Basti pensare che il posizionamento degli elettrodi è avvenuto in aree eloquenti del cervello, che presiedono al linguaggio e al movimento e che la registrazione Seeg ha consentito all’équipe di Neurochirurghi e Neurofisiologi di definire l’esatta localizzazione dell’area epilettogena su cui intervenire e delle aree eloquenti da risparmiare nell’intervento di resezione da realizzare a breve. “Già nella sua prima applicazione – spiega Flavio Giordano – il robot ha consentito di realizzare un intervento molto complesso in modo più agevole, e con maggiore precisione e accuratezza. Riguardo alle altre possibili applicazioni, il robot consente di effettuare un ampio spettro di procedure neurochirurgiche funzionali come ad l’impianto di elettrodi per la stimolazione cerebrale profonda (Dbs), ma anche procedure neuroendoscopiche, biopsie cerebrali e molte altre applicazioni cliniche e di ricerca”. “Le frontiere della tecnologia medica si spostano sempre avanti e pongono sfide sempre più impegnative – è il commento dell’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – Utilizzando il robot stereotassico in neurochirurgia, il Meyer raccoglie la sfida e si colloca in un panorama internazionale per la chirurgia dell’epilessia e le più avanzate applicazioni in ambito neurochirurgico e neurologico. Un grazie al dottor Lorenzo Genitori e a tutta la sua équipe, e alla Fondazione Meyer, che con un grosso impegno economico ha reso possibile il rinnovo della dotazione tecnologica del blocco operatorio”.
Il robot stereotassico Neuromate Renishaw è un esempio di apparecchiatura elettromedicale avanzata, in cui la meccanica di altissima precisione e l’elettronica di ultima generazione sono state fuse insieme per realizzare un sistema di assistenza al neurochirurgo fondamentale: un braccio guidato da un sofisticato sistema permette il posizionamento e l’esecuzione di interventi neurochirurgici di altissima precisione. Grazie al software è possibile, attraverso l’esecuzione di esami Tc e Rm dedicati, elaborati da Claudio Defilippi, primario della Radiologia, dal neuroradiologo, il professor Mario Mascalchi e dal dottor Daniele Di Feo, coordinatore Tecnici Radiologia, realizzare ricostruzioni tridimensionali precise dell’encefalo del paziente e calcolare con la massima precisione la traiettoria che gli strumenti del neurochirurgo dovranno percorrere e poi, durante l’intervento, rispettare tutta la pianificazione con la massima precisione sub-millimetrica. Utilizzando il robot stereotassico in sala operatoria il neurochirurgo ha la possibilità di intervenire in punti precisi, anche profondi, con precisione, migliorando la sicurezza degli interventi (riducendo quindi i rischi di “danneggiare” zone non interessate dalle patologie ndr). Questa apparecchiatura, divenuta insostituibile nella terapia chirurgica, nella diagnostica e nella ricerca, è da oggi disponibile al Meyer di Firenze.

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