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Regione, 1,3 milioni di euro per le donne vittime di violenze

Arriva dalla Regione Toscana un aiuto concreto alle donne vittime di violenze. E’ quanto prevedono due delibere, approvate nel corso dell’ultima giunta regionale, con cui si stanziano 1,3 milioni di euro, da utilizzare da qui a fine anno per favorire la loro autonomia, abitativa e lavorativa.
Ciascuna vittima potrà ottenere fino ad un massimo di 13100 euro, 8mila dei quali finalizzati a permettere di vivere o in un appartamento autonomo o in coabitazione e i restanti 5.100 destinati a finanziare in parte percorsi di accompagnamento al lavoro basati su azioni di orientamento, o di formazione di gruppo, o su tirocini non curriculari, o sulla formazione a distanza, o su percorsi formativi o corsi per adulti. Per questo potranno ricevere fino a 500 euro. Un massimo di mille euro sono invece previsti per aiutarle nella mobilità, cioè a raggiungere il luogo della formazione, oppure per mandare i figli ai nidi o nelle scuole dell’infanzia. Infine dai 1200 ai 3600 euro potranno essere erogati per favorire la frequenza dei tirocini non curricolari. Si tratta di 600 euro al mese per un minimo di due e un massimo di sei mesi.

E’ questo l’innovativo pacchetto di misure finalizzato ad aiutare una parte delle 4017 donne che nel 2017 si sono rivolte ai centri antiviolenza presenti sul territorio regionale. Si tratta di un numero che dal 2016 allo scorso anno è cresciuto del 22,5 per cento fino a raggiungere l’impressionante cifra di 11 al giorno. La maggior parte di queste ha figli minori.
Il percorso di aiuto individuato dalla Regione è subordinato ad un progetto per la loro occupabilità, definito presso i Centri per l’impiego e prevede per ciascuna donna un doppio tutor/consulente: uno al Centro per l’impiego, l’altro messo a disposizione dal Centro antiviolenza che, attraverso i servizi sociali dei Comuni, garantiscono alle donne vittime di violenza una casa rifugio per loro e i loro bambini.
Ma non potendo queste strutture garantire accoglienze molto prolungate, nei casi in cui le donne vittime di violenza non possano rientrare nella loro abitazione originaria, ecco che il percorso individuato dalla Regione punta a favorire la loro autonomia abitativa, attraverso un sostegno, per un massimo di 8mila euro, che vada a coprire in tutto o in parte i canoni di affitto, le spese condominiali, l’allacciamento delle utenze, l’acquisto di arredi o elettrodomestici e la manutenzione ordinaria dell’alloggio.
i tratta di un primo esperimento di questa dimensione, attraverso il quale si conta di favorire l’autonomia di circa 200 donne da qui a fine anno. I bandi relativi all’inserimento al lavoro saranno pubblicati entro la prima metà del mese di maggio e i contributi, per i quali è prevista una precisa rendicontazione, saranno erogati fino ad esaurimento delle risorse disponibili (pari a 851.500 euro) e comunque entro il 31 dicembre di quest’anno.
Sono invece 465mila euro i fondi a disposizione per favorire l’autonomia abitativa delle donne inserite nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza subita e per i loro figli, sia in appartamenti autonomi che in alloggi in coabitazione con altre donne, sostenendole nella prima fase di vita autonoma dopo la loro uscita dalle case rifugio o da alloggi di transizione.
Alla metà di maggio è prevista la convocazione del comitato regionale sulla violenza di genere, presieduto dal presidente della Regione, e che ha il compito di aiutare la giunta a predisporre efficai strategie di prevenzione, sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere, oltre che di sostegno orientamento, aiuto e protezione nei confronti delle donne vittime.

Le parole del governatore Rossi
“Noi siamo dalla parte delle donne che hanno il coraggio di denunciare le violenze subite”. E’ con questa dichiarazione di intenti che il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha presentato ai giornalisti il pacchetto di provvedimenti adottati dalla Regione per aiutare le donne che hanno subito violenze a trovare un lavoro e a sistemarsi in abitazioni diverse da quella utilizzata prima di una violenza, che sempre più spesso si consuma tra le mura di casa.
“Dal 2012 ad oggi – ha precisato il presidente – sono state 17mila quelle che sino rivolte ai centri antiviolenza. Il loro numero è purtroppo cresciuto fino a raggiungere lo scorso anno l’impressionante cifra di 11 aggressioni al giorno. E’ per questo che abbiamo costruito un sistema che protegge le donne che trovano il coraggio di denunciare. Quindi gli uomini che hanno le mani lunghe, in Toscana rischiano di più, richiamo più facilmente la galera. E l’avvertimento che lancio è che quindi le mani se le tengano in tasca. L’invito che invece rivolgo alle donne è di venire nei nostri centri a denunciare ciò che hanno dovuto subire”.
Enrico Rossi ha ringraziato le assessore della sua giunta, Stefania Saccardi, Cristina Grieco e Monica Barni, presenti all’incontro con i giornalisti, perché ciascuna per le proprie competenze hanno contribuito alla realizzazione della rete regionale di protezione.
“Grazie a loro e ai nostri uffici – ha aggiunto Rossi – la Toscana è un punto forte in Italia contro la violenza di genere, con i suoi 24 centri antiviolenza che garantiscono assistenza in ogni parte del nostro territorio. Ho visitato anche alcune delle case destinate all’accoglienza delle donne vittime e dei loro bambini dove si interviene per alleviare situazioni pesanti, anche sul lato umano. Molto abbiamo fatto e vogliamo fare ancora di più”.

L’intervento degli assessori Barni e Grieco
“Abbiamo utilizzato risorse nazionali e regionali per realizzare una politica di sistema contro la violenza sulle donne”. La vicepresidente e assessore alle pari opportunità della Regione Toscana, Monica Barni, spiega così l’operazione compiuta per aiutare tutte le donne che hanno il coraggio di denunciare le violenze subite.
“Prevenzione – ha spiegato Monica Barni – sensibilizzazione, rafforzamento dei servizi e reinserimento delle donne al lavoro e in nuove abitazioni: sono questi gli assi portanti della nostra azione. Così abbiamo lavorato insieme in tre assessorati, il mio alle pari opportunità, quello di Stefania Saccardi per la parte sociale e sanitaria e quello di Cristina Grieco per il lavoro, così da coprire tutti i livelli che riguardano le donne che hanno subìto violenza. Io mi sono occupata della prevenzione e della sensibilizzazione, con un lavoro con le scuole per promuovere la cultura della non violenza e della parità di genere. Abbiamo anche tappezzato la regione con gli annunci del numero gratuito antiviolenza 1522, che invitiamo le donne ad usare. Infine abbiamo rinforzato la rete dei soggetti che operano sul territorio”.
A lei ha fatto eco l’assessore al lavoro, Cristina Grieco. “Abbiamo cercato – ha spiegato l’assessore – di integrare le varie politiche antiviolenza. Io mi sono interessata ai percorsi per la rioccupabilità delle donne vittime, favorendo la conciliazione tra la vita familiare, la presenza di figli spesso minorenni e quella lavorativa. Vogliamo vincere la loro disperazione di non sapere come affrontare il futuro. Per questo abbiamo chiamato a lavorare insieme i servizi sociali e i centri per l’impiego, garantendo alle donne un aiuto economico concreto per accompagnarle nel loro percorso di uscita da una violenza che spesso è domestica. Le donne devono sapere che non sono sole ad affrontare situazioni certamente difficili”.

Il codice rosa
In Toscana il Codice rosa è un progetto attivo già da sette anni (nato nel 2010 nella Asl 9 di Grosseto, è diventato poi progetto regionale nel 2011), che assicura una risposta efficace alle vittime di violenza che si presentano nei pronto soccorso degli ospedali toscani, e garantisce una presa in carico e un accompagnamento in tutte le fasi di un percorso dedicato, attivando molteplici soggetti istituzionali. Dal 2012 al 2017, nei pronto soccorso della Toscana si sono registrati 17.363 casi di Codice Rosa (14.940 adulti, nella stragrande maggioranza donne, e 2.423 bambini). Nel 2017 sono stati 3.142 (2.592 adulti e 550 bambini).
“Il progetto del Codice Rosa, nato nel 2010 a Grosseto e poi progressivamente esteso a tutte le aziende sanitarie e ospedaliere, è ormai una realtà consolidata”, dice l’assessore al diritto alla salute e al sociale Stefania Saccardi. “L’esperienza toscana ha fatto da apripista, diffondendosi poi in tante altre regioni. Dal 2014 è diventato un protocollo nazionale e sta ora riscuotendo grande attenzione anche in Europa. In ogni pronto soccorso degli ospedali toscani c’è una corsia riservata e un team multidisciplinare che si prende cura delle persone vittime di violenza e abusi. E il Codice Rosa – sottolinea Saccardi – è diventato sempre di più un percorso di tipo sociosanitario: perché una donna non venga poi abbandonata una volta uscita dal p ronto soccorso, abbiamo voluto una forte integrazione tra politiche sanitarie e sociali, per assistere anche sul piano sociale e psicologico le persone vittime di violenza che si sono presentate al pronto soccorso. La Rete regionale Codice rosa collega e coordina tutte le forze che all’interno del servizio sanitario toscano lavorano per offrire alle vittime di violenza e abusi un aiuto pronto e tempestivo, articolato e complesso. In questo Percorso donna, i centri antiviolenza hanno un ruolo fondamentale e centrale”.
“Il Codice rosa – chiarisce la dottoressa Vittoria Doretti, responsabile della rete regionale – è una Rete clinica tempo-dipendente, in grado di attivare connessioni tempestive ed efficaci per fornire risposte immediate alle esigenze di cura delle persone, per il riconoscimento e la collocazione in tempi rapidi del bisogno espresso all’interno di percorsi sanitari specifici. Definisce le modalità di accesso ed il percorso socio-sanitario, in particolare nei servizi di emergenza urgenza delle donne vittime di violenza di genere (Percorso donna) e delle vittime di violenza causata da vulnerabilità o discriminazione (Percorso per le vittime di crimini d’odio – implementazione della direttiva 2012/29/EU sugli standard minimi di diritti, supporto e protezione delle vittime di crimini d’odio – Hate crime) . Definisce anche le modalità di allerta ed attivazione dei successivi percorsi territoriali, nell’ottica di un continuum assistenziale e di presa in carico globale. Il percorso può comunque essere attivato in qualsiasi modalità di accesso al SSN, sia esso in area di emergenza- urgenza, ambulatoriale o di degenza ordinaria, come più dettagliatamente specificato da procedure aziendali”.

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