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Rifiuti, competenze tornano a Province: ecco cosa cambia

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Focus sull’ambiente, o meglio sulla Corte costituzionale che “restituisce” alcune funzioni alle Province con la sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale di alcune norme regionali. A fare il punto in Aula a palazzo del Pegaso, l’assessore Vittorio Bugli. La comunicazione della Giunta regionale, richiesta dal portavoce dell’opposizione, Jacopo Alberti (Lega) si riferisce alla sentenza 129/2019 emessa dalla Consulta, che dichiara l’illegittimità costituzionale delle norme regionali nella parte in cui attribuiscono alla Regione Toscana le competenze già esercitate dalle Province “in materia di controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti e accertamento delle relative violazioni, e di verifica e controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate”.

Per effetto della sentenza, sono tornate alla competenza di Province e Città metropolitana alcune funzioni a suo tempo trasferite alla Regione. L’assessore ha precisato che la Corte dichiara l’incostituzionalità di alcune “limitate disposizioni della legge regionale 22/2015 di riordino delle funzioni delle province in materia ambientale” . La sentenza, si ricorda, origina dall’ordinanza di remissione del Tar Toscana che, “respingendo su questo le richieste della provincia di Grosseto”, aveva rimesso la questione di legittimità solo su alcune norme di riordino ambientale, essendo così “pacifico che la Regione avrebbe potuto trasferire le funzioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, Via (valutazione di impatto ambientale), autorizzazione unica ambientale, emissioni in atmosfera, servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani negli ambiti territoriale ottimali”.
Il Tar rimise alla Corte le questioni di costituzionalità relative solo al trasferimento di alcune funzioni: quella di “controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti e accertamento delle relative violazioni” e la funzione di “verifica e controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate in materia ambientale”. È stata invece dichiarata inammissibile la questione posta su “controllo e verifica degli interventi di bonifica e monitoraggio”. La comunicazione ricorda che la Regione, con legge 22/ 2015, ha assunto le funzioni delle Province/Città metropolitana in materia di ambiente ed energia, acquisendo così una serie di competenze, tra cui quella sui rifiuti (comunicazione in materia di rifiuti) e anche in materia di sanzioni nei singoli ambiti complessivamente acquisiti (emissioni in atmosfera, bonifiche, energia).
I procedimenti ‘ereditati’ dalla Regione, cioè in corso al 1 gennaio 2016, e quindi attivati da allora fino al giugno 2019, sono pari a 16mila 312. Soltanto l’1,5 per cento è impattato dalla sentenza della Corte, mentre, dai numeri riportati si riscontra l’alta capacità di risposta degli uffici regionali (95 per cento).
Si ribadiscono le ragioni di “semplificazione” e di “risparmio per il mondo imprenditoriale” : il passaggio di funzioni in materia ambientale “ha costituito una grande opportunità per uniformare e standardizzare i procedimenti. Oggi, un’impresa che intende richiedere una qualsiasi autorizzazione ambientale, ha lo stesso modulo da compilare, una stessa procedura da seguire, stessi tempi e stesse modalità di risposta, in qualsiasi luogo della Toscana si trovi”.
Bugli ha sottolineato che le linee fondamentali della proposta di riordino delle funzioni delle province furono portate al tavolo di concertazione e, in generale, “non vi furono valutazioni negative da parte delle categorie economiche” (Cgil, Cisl e Uil manifestarono il loro apprezzamento, ricorda il testo, con un documento).
Fin dal 2016, inoltre, si sono effettuate indagini di costumer satisfaction. Nel 2018, attraverso la Scuola Sant’Anna, il relativo questionario è stato trasmesso a tutte le imprese che nel corso dell’anno avevano ricevuto un’autorizzazione: “Su 1354 imprese interpellate, il voto è stato pari a 6,7 per ceto per quanto riguarda il giudizio complessivo, 7,4 per quanto riguarda il grado di soddisfazione rispetto agli uffici regionali”.
Riguardo agli effetti delle sentenza della Corte Costituzionale, e alle funzioni tornate alla competenza di province e città metropolitana, l’impatto più significativo tra le attività in corso riguarda il tema delle sanzioni in materia di rifiuti e veicoli abbandonati, che “non sono più di competenza della Regione dal 30 maggio 2019”. Sul piano organizzativo, fin dal gennaio 2016, ciascuna Direzione gestisce il regime sanzionatorio relativo alle proprie competenze, precisando che “nel processo di identificazione del personale provinciale da trasferire” lo svolgimento di attività sanzionatoria in materia di rifiuti “non emerse in modo autonomo, cosicché non risultò identificato il personale trasferito a questo titolo”.
Per quanto riguarda le “autorizzazioni semplificate” in materia di rifiuti, altro aspetto impattato dalla sentenza, l’assessore ha precisato che si tratta di “procedimenti qualitativamente limitati”: di attività di recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi in deroga alla legge all’autorizzazione all’esercizio di una attività di recupero dei rifiuti prevista in via ordinaria (autorizzazione in capo alla Regione e che resta tale).
Non fu la Regione a porre il tema del trasferimento delle funzioni che sono state oggetto di dichiarazione di incostituzionalità, si precisa: “la questione fu posta da Province e Città metropolitana in modo espresso fin dal marzo 2015”. “Questo – aggiunge la comunicazione – è assodato in modo incontrovertibile e risulta dall’attività tecnica e istruttoria”. In particolare, gli accordi Regione – province/Città metropolitana sono stati approvati con deliberazione della Giunta regionale nell’agosto 2015, e qui si riporta “per esteso” il parere dell’Osservatorio. Per quanto riguarda il numero di addetti che risultano trasferiti alla Regione per lo svolgimento delle due funzioni che sono “tornate” alle Province e alla Città metropolitana dal 30 maggio 2019, Bugli ha confermato “che non risultano unità di personale trasferite”.
Infine, con decreto della Giunta regionale dello scorso 3 giugno, si è dato mandato alle Direzioni regionali competenti di avviare un confronto con province e Città metropolitana per definire le modalità di trasferimento. L’Upi, a seguito di un incontro del 20 giugno, ha chiesto di potersi avvalere della Regione per un periodo transitorio, per lo svolgimento delle pratiche relative alle autorizzazioni semplificate in materia di rifiuti.
“Mi verrebbe da dire che la nefasta riforma delle Province continua a fare disastri”, ha esordito Giacomo Giannarelli (M5S) dando il “la” al dibattito. “È condivisibile che la Regione intervenga perché si parli la stessa lingua”, ha affermato, accennando al ricorso della Provincia di Grosseto. Il consigliere ha quindi presentato un ordine del giorno collegato alla comunicazione, approvato dall’aula, che impegna la Giunta regionale “a garantire con ogni utile e celere provvedimento e azione il pieno funzionamento degli uffici del genio civile nella provincia di Massa Carrara”, zona considerata sismica, visto che molte pratiche, anche edilizie, devono essere visionate da parte dello stesso ufficio, e risultano inevase.
Jacopo Alberti (Lega), dopo aver ringraziato l’assessore per la celere risposta, ha affermato, “senza alcuno spirito polemico” che la sentenza della Corte apriva una serie di interrogativi: “Adesso cosa succede?”. Da qui il giudizio positivo sul periodo di accompagnamento e una riflessione più generale sulle Province: “Il problema è che nessuno si prende la briga di cancellarle o di riportarle a come erano prima”.
Leonardo Marras (Pd) apprezzando il modo in cui è stata posta la questione e prendendo atto della posizione della Lega sulle Province, ha sottolineato che “di fronte a un servizio pubblico ci vuole la responsabilità della politica, questa nostra responsabilità eviterà problemi alle imprese toscane”.

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