Lucca e Capannori, firmato patto per le politiche del cibo

Tre moschettieri uniti per la sostenibilità ambientale e una delle nostre più grandi passioni: il cibo. E’ stato firmato questa mattina (11 maggio) a Palazzo Ducale da Provincia, Comune di Lucca e Comune di Capannori il Patto per le politiche urbane per il cibo che deriva dalla Carta di Milano che da oggi impegnerà i tre firmatari in un percorso arduo ma di grande importanza per tutti i cittadini. L’atto simbolico di oggi è stato siglato alla presenza del sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, del presidente della Provincia nonché sindaco di Capannori Luca Menesini e di Gianluca Brunori, docente di politiche del cibo e bioeconomia all’università di Pisa che durante l’arco della conferenza stampa ha esposto il progetto Robust.

Se la Carta di Milano, nata all’Expo del 2015, rappresenta un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad assumersi le proprie responsabilità per garantire alle generazioni future di poter godere del diritto del cibo, ecco che anche le istituzioni locali hanno un ruolo fondamentale per favorire il raggiungimento di questi obiettivi: promuovendo in iniziative ma anche inserendosi all’interno di percorsi ed esperienze a livello europeo per valorizzare quanto viene realizzato sul territorio. Ed è qui, infatti, che entra in gioco Robust, il progetto partner della Provincia di Lucca che è stato finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020.
“Il progetto – ha spiegato il docente – analizza le interrelazioni tra aree urbane e periurbane rispetto alla pianificazione territoriale, alla cultura, ma anche alla valorizzazione delle produzioni e ai servizi. Un progetto interessante perché si tratta di un programma aperto Robust, consentirà quindi di tradurre in proposte politiche e programmatorie, i principi della Carta di Milano attraverso un processo partecipativo che avrà una durata di 4 anni. E’ fondamentale – conclude Brunori – darsi obiettivi di produzione di sistemi alimentari che abbiano produzione e consumo sostenibili e promuovere coerenza tra le diverse politiche”.
Ma cos’è, in sostanza, questa Carta? Si tratta di un documento che elenca i principi riguardanti il tema della nutrizione, della sostenibilità ambientale e dei diritti umani. Temi, come già accennato, presi in analisi all’Expo di Milano e che oggi indica a chi la firma precisi impegni in relazione al diritto al cibo che è uno dei diritti umani fondamentali sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Combattere quindi, grazie a questa firma, la denutrizione e la malnutrizione, promuovere un equo accesso alle risorse naturali e garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi. I grandi temi affrontati dalla Carta di Milano sono principalmente quattro, tutti inseriti all’interno della cornice del diritto al cibo: quali modelli economici e produttivi possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale; quali tra i diversi tipi di agricoltura esistenti riusciranno a produrre una quantità sufficiente di cibo sano senza danneggiare le risorse idriche e la biodiversità; quali siano le migliori pratiche e tecnologie per ridurre le disuguaglianze all’interno delle città, dove si sta concentrando la maggior parte della popolazione umana e, infine, come riuscire a considerare il cibo non solo come mera fonte di nutrizione, ma anche come identità socio-culturale. 
“La politica alimentare è l’atteggiamento che guida il modo in cui una comunità coltiva il cibo, lo consuma, lo studia, ne discute, ne legifera – commenta il presidente e sindaco Luca Menesini -. La politica alimentare è multidisciplinare, multisettoriale nonché intergenerazionale e affronta questioni sociali, politiche, economiche e ambientali. La sottoscrizione del Patto per il cibo ci impegna quindi ad essere vigili sia sulle politiche urbanistiche in relazione al consumo di suolo sia ad essere attenti a quello che il suolo produce. L’assunzione di queste responsabilità, si tratti di singoli cittadini, associazioni o imprese, si traduce in precise abitudini e obiettivi di azione e sensibilizzazione che puntano ad un futuro più equo e sostenibile”. 
“Cinquant’anni fa la periferia lucchese era colma di coltivazioni – ha ricordato il sindaco Tambellini – ogni quartiere aveva una sua specializzazione e l’unico diserbante usato era il sole. Il produttore, il contadino, oggi è molto ostacolato: dobbiamo fare in modo che anche lui, come tutti i lavoratori, si trovi in condizioni dignitose e ottimali. Di danni ne sono stati fatti tanti ma possiamo ancora recuperare. La firma del Patto per le politiche urbane per il cibo – continua il sindaco – è un impegno forte su un tema che è sempre di più all’ordine del giorno delle agende politiche locali e internazionali e sul quale è necessario svolgere un’azione sempre più coordinata. Le politiche alimentari e le buon pratiche correlate coinvolgono infatti più aspetti: dai risvolti economici immediati, al rilancio dell’agricoltura, non solo per la produzione del cibo locale, ma anche come tutela della bellezza e salubrità del territorio, alla distribuzione e trasformazione, fino ai temi dello spreco alimentare. Con la sottoscrizione del Patto – conclude Tambellini – entriamo dunque in una rete internazionale di politiche virtuose, di amministrazioni che in più parti del mondo si assumono gli stessi impegni nei confronti dei propri cittadini, presenti e futuri, e del pianeta nel suo insieme”. 
Le altre iniziative. Nel frattempo, come hanno ricordato anche i due sindaci, sul territorio provinciale sono già state avviate iniziative di vario tipo: Orto in condotta con le scuole, e Circulary Food, progetto vinto dal Comune di Capannori nell’ambito dei fondi dell’autorità toscana per la partecipazione che coinvolge i Comune di Lucca, Altopascio e Porcari. Queste iniziative, tra le altre, costituiranno le best practice del progetto Robust e saranno diffuse anche a livello europeo. Il prossimo passo, dopo la sottoscrizione del Patto firmato questa mattina, potrebbe essere la creazione di un Consiglio del Cibo (food council) chiamato ad esaminare il funzionamento del sistema alimentare (dal livello locale a quello regionale e statale), sviluppando strategie per migliorarlo ma soprattutto favorendo la condivisione di una politica alimentare (food policy) con le amministrazioni di riferimento. I Consigli del cibo raggruppano persone che sono in qualche modo legate al sistema alimentare e sono prima di tutto dei luoghi di discussione pubblicamente riconosciuti che operano per definire delle arene pubbliche nelle quali possono avere voce diversi soggetti (rappresentanze socioeconomiche, membri della società civile, referenti istituzionali, esperti varie discipline, lavoratori, ecc).

Giulia Prete

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