Pillole di mondiale da orfani. E la Francia va

Adesso si può dire. L’emozione non è affatto la stessa. Non avere la propria nazionale da tifare in un campionato del mondo dimezza, se non di più, l’appeal dell’appuntamento. E poi è estate, le partite alle 20 quando ancora c’è la luce fuori e c’è il mare, e c’è il giardino.
E allora il campionato del mondo vinto dalla Francia, in una finale in cui finalmente si finisce al 90’ e dove si segna tanto (non accadeva dal 1958), non resta che sotto forma di flash. Immagini viste e riviste, più negli highlights che in diretta. Per il resto toccherà aspettare gli azzurri negli europei ‘diffusi’ o nell’autunno del 2022, in Qatar. Nel mezzo la nuova Lega per Nazioni, un campionatino per nazionali con tanto di promozioni e retrocessioni: per la nazionale di Mancini si parte il 7 settembre, in casa, con la Polonia. E che la dea Eupalla, come diceva il buon Brera, ce la mandi buona.

Ma torniamo al mondiale e alle sue suggestioni. In fila. Lo spettacolo di Portogallo-Spagna, Cristiano Ronaldo e Diego Costa, ma poi le abbiamo salutate entrambe prematuramente e per qualcuno è pure un addio (saluti, don Andrès). Tanti gol, tanti errori, tante protagoniste mancate. Argentina e Brasile stentano, e non andrà tanto meglio dopo. La Germania cade, si rialza, ma muore con la ‘sua’ Corea (che c’è sempre una Corea per qualcuno, anche se cambia nome). C’è tempo per iniziare ad esaltarsi per una Croazia che macina gol contro l’Argentina (e ringrazia Caballero) e che si permette il lusso di mandare a casa Kalinic per insubordinazione. Piace l’Uruguay, anche perché Tabarez con le stampelle in panchina fa tenerezza. Ma in realtà è il suo 4-1-4-1 che dà un senso anche tattico a un mondiale, da quel punto di vista, un po’ involuto. Che la Francia andrà lontano si capisce quasi subito. La rosa è senza dubbio, con il Brasile, la migliore della competizione. E poi Mpappè, e poi Kantè e Giroud che non segna mai ma che si porta a spasso i difensori e crea gli spazi, ed Hernandez sulla fascia, e Pogba e Varane che di testa la prende tutte. E infatti è finita come è finita.
Piace anche il Belgio, l’Inghilterra fa sperare che sia la volta buona (ma riparliamone al prossimo europeo), salutano tutte le africane, che ancora non riescono a coniugare in un gioco di squadra l’assoluto strapotere fisico. Fra le storie minori peccato per l’Iran, che fa sudare freddo il Portogallo di san Cristiano in odor di Juventus. E che bello il Panama, che realizza un gol e i tifosi esultano come se avessero vinto la Coppa del Mondo. Nella storia ci va un egiziano, invece: El Hadary a 45 anni è il più vecchio a giocare una fase finale di un mondiale. E all’esordio para anche un rigore ad Al Muwallad. Chissà, magari diventa una sfida per il nostro Buffon: arrivare al 2022, magari da terzo, magari da chioccia. Per prendersi quello che la Svezia gli ha tolto allo spareggio.
Poi si va alle sfide con gli scontri diretti, che di solito fanno finire il divertimento. E invece no. Che Francia e Argentina si prendono a pallate e a gol fino a oltre il novantesimo. E a salutare è ancora Messi: se non vince la Coppa America l’anno prossimo sarà il campione che meno ha vinto nella storia delle nazionali. Quindi occhio a Brasile 2019. Poi c’è il Belgio che sembra salutare con il Giappone. Ma è il paese dell’harakiri: confezionato in 20 minuti. Da 2-0 a 2-3 e si torna al Sol Levante. Dopo aver ringraziato e pulito lo spogliatoio, per carità. Saluta anche Cristiano Ronaldo con l’Uruguay, ma l’infortunio a Cavani fa capire che c’è poca vela per la garra charrùa. Il Brasile fa il compitino con il Messico, Neymar con le sue sceneggiate si fa ridere dietro da mezzo mondo. La sorpresa è la Svezia, brutta quanto solida, che arriva ai quarti.
Più contano le gare meno è lo spettacolo. Gare che si possono archiviare, salvo i rigori thriller fra Russia e Croazia, che premiano gli illirici. La Francia va in finale battendo il Belgio col minimo sforzo. La Croazia diverte di più rimontando all’extratime l’Inghilterra e sovvertendo il pronostico di una finale scontata di qua e di là dalla manica.
Poi oggi. E Mandzukic fa autogol. E Perisic illude. E la Var dà a Griezmann il rigore che in realtà è decisivo. E poi ci sono Pavard, Varane, Umtiti, Hernandez, Pogba, Kante, Mpappè (a 19 anni in gol in finale), Matuidi e Giroud, quello che non segna mai ma si porta via i difensori e crea gli spazi agli altri. E c’è Lloris, che riapre una partita ormai chiusa perché vuole dribblare Mandzukic, che non si fa pregare. Poi ci sono, in ordine di numero, Kimpembe, Lemar, Tolisso, N’Zonzi, Rami (e i suoi baffi portafortuna), Fekir, Sidibe, Thauvin, Mendy e i portieri di riserva Areola a Mandanda. E chi ce l’ha, a questo mondiale, una formazione così. E a casa son rimasti, giusto per dire, Rabiot, Kondogbia, Sissoko, Lacazette, Payet e, udite udite, Karim Benzema. Roba da vincere tutto per i prossimi 10-12 anni. Onore, comunque, a una Croazia che è pure diventata per qualcuno simbolo identitario nazionale contro il multiculturalismo francese (che buffonate, parliamo di pallone per carità). Modric è il miglior giocatore del mondiale, ma in nazionale tutti hanno reso meglio che nel club.
Scende il sipario, il mondiale russo è finito. Il pallone ci manca già, ma i raduni delle squadre di serie A sono già iniziati. Ora sarà tempo di amichevoli estive, di preliminari di coppe europee. Poi manco te ne accorgi e settembre è arrivato. Campionato, Coppa Italia, Champions e manco un giorno che non ci sia una partita di pallone. E poi c’è pure Ronaldo in bianconero.
Chissà come lo avrebbe raccontanto GioanBrerafuCarlo. Uno che avrebbe reso epico anche un mondiale, d’autunno, in Qatar.

Enrico Pace

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