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Giampaolo Terigi racconta suo padre Aldo: “Ha conosciuto la fame e si è messo in testa di farcela” foto

C’è stato un tempo in cui i locali all’angolo di via Veneto, di fronte alla storica gelateria di Lucca, sono stati Terigi. Biciclette prima, auto usate poi, è in quegli spazi che è iniziata l’avventura del giovane Aldo, quarto figlio di una famiglia di Camaiore – dignitosa, certo, ma non benestante. Era la Lucca del secondo dopoguerra, quella che aveva conosciuto la fame e che adesso era pronta a rimboccarsi le maniche per ottenere il suo riscatto. Operosa, piena di inventiva e di coraggio. La culla ideale per avviare una nuova attività, andando incontro a una richiesta del mercato che per le famiglie di allora voleva dire svoltare, fare la differenza: l’automobile era il bene di consumo più ambito, quello che in qualche modo identificava coloro che ‘ce l’avevano fatta’ a lasciarsi alle spalle anni di stenti ed erano pronti a costruirsi una nuova vita, nel pieno del cosiddetto boom economico. È in questo contesto che si inserisce la storia di Aldo Terigi, nato nel 1906 e rimasto orfano a soli 12 anni.

“Mio padre non si perse d’animo – racconta Giampaolo Terigi, suo figlio, che oggi ha 84 anni – e, sebbene senza una famiglia di riferimento, trovò il modo di mantenersi come aiuto garzone in un’impresa edile. In paese era conosciuto e molte famiglie lo ospitavano, di tanto in tanto, per pranzo o per cena. Era in gamba. C’è però un episodio – e qui gli occhi di Giampaolo si velano di tristezza – che ogni Natale mi torna alla memoria. Mio padre Aldo, adolescente, che per la vigilia chiede a una trattoria un piatto di cibo con la promessa di pagarlo più avanti, non appena avesse avuto il denaro per farlo. E la tremenda risposta ricevuta: ‘allora mangerai più avanti, quando avrai i soldi’. Ecco, credo che sia stato quello il momento in cui mio padre si è messo in testa di farcela, di costruire qualcosa che durasse nel tempo”. E così è stato: Terigi c’è, ancora oggi, in via delle Fornacette a San Concordio, dove un tempo c’era una tipografia, ricostruito nei primi anni ’70 su progetto dell’ingegnere Romeo Romei. Ma andiamo per gradi. “Mio padre conobbe mia madre a Seravezza – racconta ancora Giampaolo – perché lei era la figlia della famiglia per la quale lavorava mio zio. Durante gli anni della guerra divenne direttore della Coproma, il consorzio provinciale dei macellai: e questo lavoro gli salvò letteralmente la vita. Infatti – continua Giampaolo – nell’estate del 1944, poco prima della liberazione di Lucca, mio padre venne catturato dai tedeschi con intento di deportazione. Nel tragitto, lungo il fiume Serchio, i soldati si imbatterono però in un vitello scappato probabilmente da qualche allevamento: mio padre, chiamato a riconoscere la carne e a guidare la macellazione, venne così graziato e fatto tornare a casa, nel Morianese. Lì era sfollato, con me e mio fratello piccoli, dopo il bombardamento della stazione di Lucca. Abitavamo in corso Garibaldi e quello che era successo ci aveva spaventati molto”. Finita la guerra, Aldo Terigi – da sempre affascinato dalle due e dalle quattro ruote – avvia l’impresa che lascerà in eredità a Giampaolo. E lo fa nel fondo di via Vittorio Veneto, a due passi dal Caffè delle Mura, nel cuore di quel centro storico che la guerra aveva lasciato intatto, quasi per miracolo. “A mio padre piaceva sperimentare: fu il primo a Lucca a intuire il fascino di un’auto con la carrozzeria disegnata da PininFarina, per esempio. Ma per rivendere una vettura, era necessario acquistarla, e per farlo serviva una somma di partenza. A dare fiducia all’idea – spiega ancora Giampaolo – fu il Banco Commerciale di piazza San Michele. È grazie al supporto di questa banca che mio padre ha potuto avviare l’attività e per tutta la vita ha voluto affidare a quell’istituto almeno una fetta del conto aziendale”. Staresti ore a sentire Giampaolo raccontare di suo padre. Lo fa con affetto, con stima con la responsabilità di chi ha scelto di raccogliere il testimone. Tra le righe del suo racconto, una Lucca capace di osare, protagonista di cambiamenti epocali e al tempo stesso forte delle sue tradizioni e del suo ‘garbo’ misurato.

… to be continued
 

Elisa Tambellini

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