Da Capanne di Careggine all’urlo mondiale: Tardelli, un figlio di Lucca che diventò iridato

C’è stata anche un po’ di Lucca nella storia del mondiale. Già, perché Marco Tardelli, campione del mondo del 1982, è nato in Alta Garfagnana, a Capanne di Careggine. Una storia che diventerà iridata ma che inizia in una frazione di un comune montano della Garfagnana e che continua nelle squadre più importanti d’Italia, Juventus e Inter su tutte.

Gli inizi sono in Toscana, dove fin da giovanissimo si mette in mostra per le sue doti di palleggio e di spinta sulla fascia nel ruolo di terzino. A notarlo è il Pisa, che in quegli anni milita nel campionato di serie C. Con la maglia nerazzurra toscana, nella stagione 1972/73, esordisce in prima squadra ad appena diciotto anni. Gli bastano otto partite e due gol segnati per guadagnarsi la conferma e la maglia di titolare anche per l’anno successivo. Va a segno ancora due volte, ma le presenze stavolta sono 33. Il salto verso il grande calcio è graduale: approda, infatti, al Como di Pippo Marchioro in serie B. E in Lombardia stupisce per la sua continuità (36 partite e due gol) e per l’apporto che dà alla conquista della massima serie. Inevitabile, per la stagione 1975/76, la promozione in serie A, anche se non a Como perché il nuovo allenatore Radice non è convinto dal suo fisico esile: sembra destinato all’Inter di Fraizzoli, ma è la Juventus allenata da Carlo Parola a spuntarla. In maglia bianconera non va a fare la riserva. Da terzino o mediano, infatti, disputa 26 partite su trenta nella stagione, mettendo a segno anche due gol. L’esordio è il 5 ottobre del 1975 nel match contro il Verona. Il primo gol arriva proprio contro la squadra che lo aveva tanto cercato, l’Inter, il 14 dicembre dello stesso anno, in una partita vinta per 2-0. Ma alla fine della stagione non c’è l’ambito scudetto (vince il Torino dopo un lungo testa a testa) ed anche la Coppa dei Campioni rimane un sogno con l’eliminazione agli ottavi. Tardelli brucia le tappe anche in nazionale. Proprio al termine della sua prima annata in serie A Enzo Bearzot lo chiama come titolare in un’amichevole contro il Portogallo del 7 aprile 1976: il primo passo di una carriera a dir poco esaltante. Con la nazionale, infatti, sarà anche al torneo del bicentenario dell’indipendenza degli Usa e nell’amichevole contro la Romania prima delle meritate vacanze estive. L’anno successivo sulla panchina della Juventus c’è Giovanni Trapattoni che ha un’intuizione: lo sposta stabilmente dalla difesa al centrocampo e ne fa uno dei giocatori più importanti dell’intera decade. E’ uno dei cambiamenti del mitico Trap che porteranno la Juventus alla vittoria del campionato davanti al Torino e al successo in Coppa Uefa nella duplice sfida contro l’Athletic Bilbao alla fine di una stagione davvero esaltante. Non solo, Tardelli segnerà anche la rete dell’1-0 della sfida di Torino contro gli spagnoli, che si rivelerà decisiva. Più avanzato rispetto alla linea difensiva, da esterno di centrocampo, Tardelli dimostra appieno le sue qualità di corsa, la sua grinta e anche la sua capacità di andare a rete che gli fanno meritare il soprannome di “Schizzo”: in 28 presenze segna quattro gol (due alla Samp, uno alla Lazio e all’Inter). Per Bearzot, invece, è ancora un terzino da schierare sia a destra sia a sinistra, ed in quel ruolo gioca le partite di qualificazione per i mondiali d’Argentina, fra cui il successo contro l’Inghilterra che spiana la strada verso il Sudamerica. Ancora Juventus e ancora Tardelli nell’annata che porta alla competizione sudamericana: il centrocampista segna ancora quattro gol (ancora uno all’Inter!) in 26 presenze ed è fra i trascinatori della squadra che vince l’ennesimo campionato. La Coppa dei Campioni sfuma in semifinale, in una contestatissima partita contro il Bruges, ma per i tifosi non c’è pausa. In estate tutti sono incollati ai televisori per seguire il mondiale d’Argentina. Tardelli si è scoperto goleador anche in maglia azzurra, dove dalla gara del dicembre ’77 con il Belgio è stato spostato al ruolo di mezzala, segnando il gol della bandiera con la Spagna il 25 gennaio di quell’anno. Ed è ormai parte di quel “blocco Juventus” cui si affida Bearzot per ben figurare nella manifestazione. Tardelli è presente in tutte le partite tranne che nella gara per il terzo posto contro il Brasile, dove il ct lascia spazio a Maldera. Il mondiale, comunque, lascia strascichi nelle gambe dei giocatori juventini nell’annata successiva: il campionato è vinto da un giovane Milan e i bianconeri si accontentano di un terzo posto e della conquista della Coppa Italia ai supplementari contro il Palermo. La Coppa dei Campioni rimane ancora un grande tabù e l’uscita ai sedicesimi di finale contro i Rangers fa male. L’Italia si prepara, intanto, alle fasi finali degli europei organizzati in casa con una nutrita serie di amichevoli: contro l’Olanda vicecampione del mondo Tardelli si toglie anche il gusto di segnare il gol che suggella il risultato sul 3-0. In campionato Giovanni Trapattoni lo schiera da interno e Tardelli risponde alla grande, nonostante qualche problema fisico che lo ferma a 18 partite giocate con quattro gol fatti. La squadra arriva alle spalle dell’Inter in campionato e sfiora la finale di Coppa delle Coppe, uscnedo al penultimo turno contro l’Arsenal. Rientra in campo ed in nazionale (un gol anche alla Svizzera) appena in tempo per le semifinali degli europei. Ma in una nazionale minata nelle fondamenta dal calcioscommesse anche lui poco può per evitare la debacle: segna il gol della vittoria con l’Inghilterra nel girone di semifinale, ma i due 0-0 contro Belgio e Spagna relegano l’Italia alla finale di consolazione con la Cecoslovacchia. La gara si decide ai calci di rigore, Tardelli realizza l’ottavo penalty per l’Italia, ma Collovati sbaglierà poco dopo quello decisivo e alla fine sarà quarto posto. Sta prendendo forma, intanto, la nazionale che disputerà i mondiali spagnoli. E mentre ci si avvicina all’appuntamento la Juventus di Trapattoni ritorna sul tetto d’Italia. Negli anni che portano al mondiale, nonostante un mercato in tono minore e la perdita per infortunio nel novembre dell’81 dell’ariete Bettega la squadra colleziona due scudetti. Nel primo di questi Tardelli diventa addirittura il secondo goleador della squadra, con sette reti segnate, una meno di Liam Brady, il regista irlandese di cui è partner come centrale di centrocampo. L’anno successivo la sua media realizzativa cala, così come il numero di presenze (spesso il Trap si “copre” con Furino e Bonini”), ma lo scudetto della doppia stella, vinto all’ultima giornata, è cucito ancora una volta sulle maglie bianconere. In nazionale la concorrenza di Massaro è timida e viene definitivamente scalzata quando, nel ritiro azzurro, lo stesso giocatore della Fiorentina e Dossena si mettono in cattiva luce contestando il ct Bearzot, ricevendo di tutta risposta la promessa dell’esclusione dalla formazione per tutto il mondiale spagnolo. Tardelli, che nel frattempo ha collezionato la sua prima espulsione in carriera in azzurro, gioca tutte le partite di quel campionato del mondo, dalle deludenti qualificazioni alla finalissima contro la Germania Ovest. E da campione diventa leggenda segnando il gol del vantaggio nella prima gara del girone dei quarti contro l’Argentina e il gol del 2-0 nella finalissima. Il suo urlo di gioia diventerà sigla di molte trasmissioni sportive ed icona delle grandi vittorie della nazionale italiana. Ma le soddisfazioni per Marco Tardelli non si sono ancora concluse. Nell’annata post-mondiale la sua Juventus vince la Coppa Italia in una duplice sfida da brividi con il Verona e in campionato giunge alle spalle della sorprendente Roma di Falcao. La Coppa dei Campioni regala una nuova amarezza al clan bianconero. La cavalcata vincente si interrompe in finale ad Atene: con un tiro da lontano di Magath l’Amburgo sconfigge i bianconeri. E’ solo l’anticipo di un nuovo biennio di successi: nel 1983/84 Tardelli è protagonista assoluto di un altro scudetto della vecchia signora, ma anche della vittoria nella Coppa delle Coppe contro il Porto. Solo in nazionale le cose non vanno benissimo: Bearzot, infatti, si affida al gruppo dei campioni del mondo e rimedia solo figuracce nel girone di qualificazione per gli europei di Francia, da cui l’Italia rimane clamorosamente esclusa. Nel 1984/85 la Juventus sembra concentrata solo in campo internazionale, Tardelli continua a giocare con continuità e ritorna al gol due volte nell’aco dell’anno. In campionato la squadra rimedia un inedito sesto posto in classifica, ma si aggiudica la Supercoppa Europea contro il Liverpool e, sempre contro gli inglesi, la più amara delle Coppe dei Campioni. E’ la notte dell’Heysel, dove tutto si può fare tranne che festeggiare una vittoria. E proprio in quella notte tragica si conclude la carriera di Tardelli in bianconero. In estate, infatti, viene ceduto all’Inter, dopo 259 presenze e 34 gol in maglia bianconera. In nazionale, dove nel fratttempo è diventato capitano, la sua storia si chiude il 25 settembre 1985 con la sua 81esima presenza nell’amichevole persa in casa con la Norvegia. Farà parte anche della spedizione messicana del 1986 ai mondiali, ma senza mai vedere il terreno di gioco. All’Inter chiude con due stagioni in crescita per la squadra (dove arriva il Trap), poi tenta l’avventura svizzera nella stagione 87/88 con il San Gallo. Rimane un simbolo del calcio nazionale e così, quando decide di smettere con il calcio giocato, viene inserito nei quadri federali. Nel 1988 è già alla guida della nazionale Under 16, dopo due anni passa all’Under 21 come vice di Cesare Maldini in una squadra capace di vincere tutto. Solo nella stagione ’93-94 fa il grande salto in una squadra di club, compiendo lo stesso tragitto fatto da giocatore. Parte dalla panchina del Como, in C1, dove conquista subito la promozione in serie B ma il ritorno in terza serie è immediato nella stagione successiva (Tardelli è già stato esonerato). L’anno successivo prova la strada di Cesena ma il suo destino è in azzurro, dove viene chiamato come vice di Cesare Maldini nella nazionale maggiore eliminata ai quarti di Francia ‘98. Alla fine di quella esperienza viene promosso allenatore titolare della Nazionale Under 21 con la quale vince il titolo europeo nel 2000. Sembra il momento del salto di qualità in panchina ma non è così. Viene chiamato dall’Inter dopo una giornata della stagione 2000/2001 al posto di Lippi ma viene esonerato a fine stagione, complici i pessimi risultati della squadra (compreso uno 0-6 in un derby con il Milan in campionato). La sua carriera di allenatore continuerà con due stagioni a Bari, sulla panchina dell’Egitto e ad Arezzo, ma la buona sorte non sarà dalla sua parte. Lo attende il passaggio dietro la scrivania, nel Cda della Juventus travolta dallo scandalo di Calciopoli, dopo un mondiale vissuto da apprezzato commentatore televisivo e poi l’avventura come vice di Giovanni Trapattoni alla guida della nazionale dell’Eire, portata anche dopo anni a disputare una fase finale dei campionati europei.

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