Lucchese salva, esplode l’orgoglio rossonero -Ft e vd foto

Affamati, folli. E felici, finalmente. Scomodare Steve Jobs, a volte, non è affatto troppo. Al Porta Elisa la gente si riversa sul campo ed esplode la festa per la salvezza rossonera, quella guadagnata da un gruppo di ragazzini che ha dovuto fare in fretta a diventare insieme di uomini, effetto collaterale – alla fine prezioso – di una stagione che sembrava segnata dalla sventura. Così nella casa della pantera si radunano giocatori e tifosi, quel che resta della società, chi ci ha sempre messo la faccia ed anche qualche sostenitore dell’ultima ora – moda intrinsecamente connaturata ad una porzione della città – ma stasera, davvero, va bene così. E quasi a suggello uno spettacolo pirotecnico chiude la stagione. Almeno quella del calcio giocato.

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Perché stasera è stato il momento della festa. È il tempo di prendersi tempo. Almeno per una manciata di ore. Dopo una rincorsa formidabile, fatta tutta in salita, con un freno a mano inserito ed un carico sempre più imponente a pesare sulle spalle. Una sera in cui sentirsi parte di una comunità, elemento fondamentale di un tutto più grande, in una parola: famiglia. Un concetto assai indigesto per alcuni, ma la meraviglia costruita da questa forza silente è anche questo. È in momenti del genere, del resto, che ti rendi conto di come no, il calcio non sia soltanto un gioco. Così, almeno per una notte, lasciamo che la Lucchese festeggi. Verrà il tempo di un’altra salvezza, da conquistare fuori dal campo, ma non adesso. Di sicuro, però, questa impresa  ha restituito fiducia a tutti, oltre ogni semplice retorica. “Hanno provato ad affossarci in ogni modo, ma hanno sbagliato i conti. Non moriremo mai”, recitano i tifosi in coro. Già: in principio fu Lorenzo Grassini, con tutto quel che ne è conseguito. Poi ecco i guai a stagione in corso, la nuova cordata romana, l’ennesima vagonata di punti di penalizzazione (alla fine saranno 25), gli infortuni, la maxi squalifica a Favarin, le regole cambiate in corsa dalla Lega Pro. Una lunga danza rabbiosa sull’orlo dell’abisso. Ma la Lucchese, in quello sprofondo, non ci è caduta mai.
Leonard Cohen scriveva: “C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce”. I ragazzi in maglia rossonera, insieme ai tifosi, l’hanno fatta diventare un varco attraverso il quale distillare sofferenze, stipendi non pagati, divise da lavare da soli, prato da sistemare e chissà quanto altro ancora. Quella luce, si vede bene, è oggi racchiusa in fondo agli occhi di Falcone – una sorta di eroe omerico per le monumentali parate che hanno tenuto il club aggrappato al professionismo quando tutto sembrava perduto -, ma anche nello sguardo di mister Langella, (assente giustificato Favarin, e con lui De Feo) che, adesso, può finalmente tirare un sospiro di sollievo: “Una stagione incredibile – commenta il mister – ma grazie a questi splendidi ragazzi ed ai tifosi che non ci hanno mai lasciato ce l’abbiamo fatta, è un’emozione indescrivibile”. E poi c’è il sorriso del figlio d’arte Lombardo, specialista in punizioni, quello del tranquillo Mauri e la gioia irrefrenabile di capitan Bortolussi. Così come di tutti gli altri protagonisti – da Sorrentino a Gabbia (ancora in nazionale), dall’estroso Provenzano al granitico Martinelli – di una stagione immensa. Insieme a cori e sciarpate ecco spuntare, per un gran finale, anche i fuochi d’artificio, degna celebrazione di un’impresa da scolpire negli annali della storia rossonera. Perché la pantera sembrava finita, ma proprio in fondo, come nelle migliori favole, ha sfoderato un ultimo ruggito. L’eco è forte e si dipana anche oltre le mura, fisiche e mentali, di una città e di un tessuto imprenditoriale che, adesso, è chiamato a trovare soluzioni rapide, che vadano oltre i semplici appelli. Perché la Lucchese, piaccia o meno, era, è e sarà sempre parte integrante della comunità. Ma, almeno per stasera, lasciamo che vinca la felicità.

Paolo Lazzari

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