Ivano Fanini ricorda Gino Bartali a vent’anni dalla morte foto

Il patron di Amore & Vita-Prodir: "Un eroe ed un'icona per tutta l'Italia"

Il 5 maggio di vent’anni fa se ne andava Gino Bartali, uno fra i più grandi fuoriclasse della storia del ciclismo mondiale. Un’immagine sacra dello sport italiano e non solo. Un simbolo di audacia e generosità senza precedenti, soprattutto per quanto fece durante la Seconda Guerra Mondiale. Fra i trascorsi del grande Bartali, c’è anche quello da direttore tecnico della squadra professionistica di Ivano Fanini, patron di Amore & Vita-Prodir.

Fanini, con il suo smisurato amore per le due ruote trasmesso dalla sua famiglia, riuscì nel 1984 a fondare la Fanini–Whurer (quella che oggi è Amore & Vita) e fu capace di mettere al suo fianco una pietra miliare del calibro di Gino Bartali. “Bartali era molto amico di mio padre Lorenzo – racconta emozionato Ivano Fanini, ricordandolo come fossero passati soltanto pochi giorni invece che quasi 40 anni – la nostra famiglia era tutta tifosa di Bartali e quando Gino passava da Segromigno insieme alla moglie Adriana per andare a trovare la figlia Bianca Maria che si era sposata a Castelnuovo Garfagnana (luogo che peraltro lui amava e di cui era cittadino onorario), spesso passava a trovarci al negozio di biciclette”.

“Si intratteneva con tutti noi e si univa anche alle nostre cene familiari, apprezzando molto la cucina di mia madre Livia. Poi con mio padre, a cui aveva perfino donato la sua maglia gialla della vittoria del Tour de France, andava dal maestro degli scarpini Colombini ed era uno spettacolo ascoltare le loro storie di ciclismo che però per me erano innanzitutto insegnamenti di vita. Mio padre diceva sempre che anche se Gino non era mai riuscito a vincere un campionato del mondo su strada, ne aveva vinto uno ben più importante nella vita per tutto quello che aveva fatto e per le tantissime vite che aveva contribuito a salvare nella guerra con le sue gesta eroiche mettendo a repentaglio senza remore la sua. Io all’epoca ero un giovane, poco più che trentenne pieno di sogni ed iniziative e nutrivo l’ambizione personale di vedere la mia squadra che tra i dilettanti aveva vinto tutto, passare nel mondo dei professionisti, e seppur con tanti sacrifici e difficoltà alla fine riuscii a farcela”.

“Sono sempre stato, e lo sono tutt’oggi, uno che non molla mai e Gino apprezzava molto questa mia particolare caratteristica e fu così che, anche grazie all’amicizia che lo legava al mio direttore sportivo dell’epoca, Piero Pieroni, riuscii a convincerlo a far parte del nostro gruppo nonostante avesse già settant’anni. Averlo avuto al nostro fianco, anche soltanto per una stagione – che per inciso era la prima della nostra storia ciclistica nei professionisti e quindi per me rimarrà sempre indimenticabile – fu un immenso onore oltre che un inestimabile privilegio. Mi porterò sempre dentro i suoi preziosissimi consigli e tutti quegli insegnamenti che fortunatamente ho continuato a ricevere da lui anche quando non faceva più parte del nostro quadro tecnico. Veri e propri ‘comandamenti’ di vita che oggi cerco di trasmettere giornalmente a mio figlio, nonché braccio destro, Cristian”.

Bartali infatti ci seguiva con tanto entusiasmo – aggiunge Ivano Fanini -. Credeva e apprezzava molto gli ideali per cui era nato il messaggio di Amore e Vita, ne condivideva pienamente gli intenti e sosteneva in pieno la nostra battaglia per un ciclismo pulito. Lo ricordo quando ci veniva a trovare alle corse e seguiva la competizione in ammiraglia. Ricordo le nostre serate negli hotel dopo le tappe del Giro d’Italia e lui si prodigava nel dare consigli ai nostri atleti, soprattutto ad Alessio Di Basco, per il quale aveva una speciale predilezione. E poi quando ci ritrovavamo insieme anche ad un altro grandissimo amico, Adriano De Zan, e Gino ci raccontava aneddoti legati alle sue battaglie sportive con Coppi. Dalla famosa bottiglia che gli passò sul Galiber al Tour del 52, e molto altro ancora, come anche quando girò il film con il grande Totò”.

“Storie che hanno segnato un epoca irripetibile. Gino aveva anche molta stima per il nostro presidente onorario Formigoni e spesso veniva con noi a Milano alle presentazioni di Amore e Vita. Nei suoi ultimi anni di vita era anche molto vicino a mio fratello Brunello, lo seguiva da vicino e ne apprezzava il grande lavoro per il ciclismo femminile specialmente in memoria della nostra Michela, indimenticabile campionessa prematuramente scomparsa in incidente a soli 21 anni. Insomma – conclude Fanini – Gino Bartali oltre ad essere stato un eroe per tutta l’Italia, era e sarà per sempre un icona per me e per la mia famiglia e mi immagino se oggi fosse stato qui cosa avrebbe detto riguardo al ciclismo di oggi con il World Tour, il coronavirus, il calendario in soli tre mesi e tutto quello che è capitato nell’ultimo ventennio. Probabilmente avrebbe detto ancora una volta che “l’è tutto da rifare!”.

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