Viareggio, 700mila euro di interventi per la salvaguardia della macchia lucchese

Un intervento mirato su 80 ettari di terreno e 700mila euro di investimento: questi i numeri dei progetti che il Comune di Viareggio e iCare hanno presentato alla Regione Toscana per partecipare al bando finalizzato alla concessione di contributi per il ripristino delle pinete danneggiate dal Matsucoccus feytaudi (Psr 2014-2020 Ripristino delle foreste danneggiate da Matsucoccus feytaudi – sottomisura 8.4).
Beneficiari del sostegno regionale possono essere i proprietari, possessori e/o titolari privati della gestione di superfici forestali, anche collettive, singoli o associati e gli enti pubblici (anche a carattere economico), Comuni, soggetti gestori che amministrano gli usi civici, altri soggetti di diritto pubblico proprietari, possessori e/o titolari della gestione di superfici forestali, singoli o associati (escluso Regione Toscana). Tali soggetti per essere ammessi devono avere titolarità ad agire sui terreni boscati sui quali il danno provocato dal Matsucoccus feytaudi (Ducasse) ha superato il 20 per cento del potenziale forestale interessato. Il progetto è stato presentato questa mattina (28 febbraio) nel corso di una conferenza stampa tenuta a Villa Paolina: presenti, oltre ai tecnici del Comune, l’assessore con delega all’ambiente Federico Pierucci, la consigliera coadiutrice al Verde Marinella Sapgnoli e il presidente di iCare Moreno Pagnini.

“Com’è noto la macchia lucchese è stata in questi anni drasticamente compromessa dal forte attacco di Matsucoccus feytaudi (Ducasse) su pino marittimo che ha prodotto un elevato quantitativo di necromassa e di colature di resina e ridotto sviluppo del piano successionale – ha spiegato l’assessore Federico Pierucci -. Tutto questo ha aumentato esponenzialmente il rischio di incendi, e diminuito in linea generale la sicurezza della Pineta stessa”.
Per quanto riguarda il pino marittimo la situazione risulta oramai irrecuperabile. Si è reso quindi necessario – e per troppo tempo rimandato – l’intervento che consisterà in un taglio fitosanitario che permetterà di eliminare gli individui morti. Durante il taglio si dovrà evitare di interferire con il sistema delle lame e salvaguardare il piano dominato di latifoglie compatibilmente con la necessità di eliminare il piano dominante di conifere e di operare in sicurezza.
In questa maniera si rimuoverà un buon quantitativo di necromassa, facile innesco per gli incendi, e si renderà più stabile l’intera struttura del bosco.
“Essenziale poi – chiarisce Pierucci – la fase di rimboschimento che privilegerà le specie che naturalmente si rinnovano in quest’ambiente: quindi principalmente leccio e, per incrementare la biodiversità e sperare in un maggior attecchimento, pioppo, frassino e ontano nelle depressioni, pino domestico, in prossimità di via del Balipedio per dare una certa continuità alla pineta, e farnia”.
Per ovvi motivi non è opportuno utilizzare il pino marittimo mentre può essere utilizzato il pino domestico se posizionato più internamente perché particolarmente suscettibile all’aerosol marino. Le specie sopracitate fanno parte della vegetazione forestale della toscana. L’obiettivo è quindi quello di ottenere un popolamento stabile con un’elevata biodiversità. L’intervento inizierà ad ottobre prossimo, in contemporanea con il fermo vegetativo in modo da non disturbare l’ecosistema, e sarà completato entro febbraio 2019.
“La vocazione di iCare è sociale e credo che partecipare a questo progetto rientri nei compiti e nella mission che il Comune di Viareggio ha affidato alla propria società in house – ha detto il presidente di iCare Moreno Pagnini -. Abbiamo lavorato con tempi strettissimi ma sono certo che abbiamo fatto un buon lavoro. iCare ha la gestione dell’Rsa, di 7 farmacie, presto 8, dei due cimiteri, la refezione scolastica e in ultimo il servizio riscossione tributi: una realtà che ha oltre 20milioni di fatturato e impiega 200 persone. Cerchiamo di fare del nostro meglio per i cittadini di Viareggio attraverso le nostre attività. Ben vengano quini attività di questo genere. Saremo vigili perché il progetto venga attuato bene e in fretta”.
“Si taglia il secco e contestualmente si ripianta – ha precisato inoltre la consigliera Marinella Spagnoli -: è stato molto importante partecipare a questo bando in maniera unitaria. L’intervento è urgente per una zona che è estremamente interessante dal punto di vista naturalistico. Si va ad operare nell’eccellenza del nostro verde. Le piante autoctone – conclude – che riqualificheranno ancora di più l’ambiente circostante”.
“Siamo di fronte ad uno degli interventi più importanti della Toscana – conclude Pierucci -: circa 100 ettari se comprendiamo anche quelli relativi al progetto presentato dal Parco. Frutto di un percorso di confronto, iniziato mesi fa, e degli incontri con tutti gli Enti coinvolti, in accordo con la sovrintendenza e le associazioni”.

La macchia lucchese. Per ‘Macchia lucchese’ si intende il territorio boscato, localizzato nella striscia di terra che si interpone fra la linea di costa e gli insediamenti abitativi di Viareggio e Torre del Lago. Si tratta di un’area di elevato pregio storico, paesaggistico – ambientale e naturalistico tanto da essere riconosciuta come sito di importanza regionale, denominato Sir-Sic-Zps 24 Macchia lucchese, e da rientrare nel perimetro del Parco di Migliarino S. Rossore Massaciuccoli e della zona umida ramsar Lago e Padule di Massaciuccoli – Macchia di Migliarino – Tenuta San Rossore

Cenni storici. Le piantagioni di pino sono iniziate nel ‘700, quando l’ingegnere Zendrini venne incaricato di trovare una soluzione ai problemi legati alla salute della popolazione. Oltre a proporre delle sistemazioni idrauliche per bloccare il mescolio delle acque dolci con quelle salate, l’estensione del padule e la proliferazione della zanzara anofele, propose come ulteriore provvedimento antimalaria il taglio delle macchie che impedivano l’evaporazione delle acque stagnanti. Vennero così tagliate le quercete per essere sostituite con vaste pinete in modo da ottenere velocemente una protezione dai venti marini e al tempo stesso legna e, con il pino domestico, i pinoli. 
L’amministrazione comunale ha acquistato in lotti successivi la Pineta di Levante a partire dal 1926. Nel 1957 fu ulteriormente ampliata la proprietà con l’acquisto della parte ad ovest della strada del Balipedio, che fu sottoposta a opere di rimboschimento con conifere mediterranee eseguite dal Corpo Forestale di Lucca. Ad oggi le pinete artificiali si sviluppano per una fascia di profondità di circa 500 metri, che corre parallela alla linea di costa per più di 4,5 chilometri. Il soprassuolo è composto da fustaie a prevalenza di pino marittimo lungo la costa come barriera perché più resistente all’aerosol marino. All’interno, il pinastro e il pino domestico si equilibrano anche in mescolanza con il leccio. Parliamo quindi di un elemento del paesaggio completamente artificiale ma al tempo stesso profondamente radicato nel contesto. 

Elemento critico. L’elemento critico di questo complesso è costituito dagli impianti artificiali di pino domestico (Pinus pinea) e marittimo (Pinus pinaster) che non ritrovano nell’area della Macchia Lucchese le condizioni ottimali di sviluppo. La loro presenza ha una forte valenza paesaggistica e culturale, ma con diverse problematiche di tipo selvicolturale. Questi popolamenti difficilmente si rinnovano autonomamente e, raggiunta la maturità, sono soggetti a crolli progressivi, talvolta aiutati dall’azione dei venti e degli incendi, e quindi destinati a scomparire gradualmente per lasciare spazio alle formazioni cosiddette climax, più stabili e durature nel tempo. Le pinete di queste aree sono state inoltre drasticamente compromesse dal forte attacco di Matsucoccus feytaudi (Ducasse) su pino marittimo. La cocciniglia corticicola è stata rinvenuta nella zona nel 2005 (monitoraggio Meta-Parco Msrm) e da allora si è largamente diffusa. L’attacco è stato ancor più veloce nella fascia ad ovest di via del Balipedio e a sud della Lecciona dove sono presenti popolamenti puri di pino marittimo che ad oggi appaiono come distese di piante morte in piedi. In alcune aree particolarmente degradate si può osservare la presenza di alcuni insetti “satellite” della cocciniglia con alti livelli di popolazione ed i conseguenti evidenti danni sottocorticali.
Nelle aree dove la mescolanza specifica è maggiore i sintomi si riducono, le piante clorotiche o arrossate sono distribuite con focolai evidenti e parzialmente confinate dal pino domestico, permettendo una più lenta diffusione della cocciniglia e dei suoi insetti “satellite”. L’area presenta quindi un rischio incendio elevato a causa della composizione specifica a prevalenza di conifere ad alto indice di infiammabilità e della presenza di grandi quantità di necromassa dovuta ai forti attacchi di patogeni. A questi fattori predisponenti si deve poi aggiungere la massiccia presenza antropica e la posizione in un contesto pressoché urbano, con importanti infrastrutture lungo tutto il perimetro dell’area boscata. Altro problema è rappresentato dai numerosi individui morti in piedi che sono a rischio di crollo e rappresentano un grave pericolo per la pubblica incolumità: l’area è infatti altamente fruita, in particolar modo durante il periodo estivo, quando è alto il flusso turistico. Per riassumere queste formazioni artificiali portano con sè le seguenti problematiche: scarso sviluppo; ridotta stabilità; forte suscettibilità al Matsucoccus feytaudi (nel caso del pino marittimo) ed ai vari insetti (Tomicus piniperda, Pissodes castaneus); elevato quantitativo di necromassa e di colature di resina; ridotto sviluppo del piano successionale; elevata suscettibilità agli incendi; coetaneità e ridotta biodiversità che rendono suscettibile il popolamento ad agenti biotici e abiotici. Appare quindi estremamente importante tutelare e mettere in sicurezza il complesso forestale con interventi mirati ad eliminare la necromassa, le piante di pino marittimo compromesse dalla cocciniglia e diradare il pino domestico dove la densità è rimasta eccessiva. Operando in questo modo verranno favorite le latifoglie e la mescolanza di specie per guidare l’evoluzione del soprassuolo verso una forma più “naturale” e stabile dal punto di vista delle avversità biotiche ed abiotiche. 

Rimboschimento. Il rimboschimento rappresenta un’operazione essenziale per accelerare il processo di sostituzione di specie, pertanto sarà opportuno procedere con rinfoltimenti della rinnovazione presente.
A differenza di quanto prescritto nel Pit con valenza di piano paesaggistico non è opportuno sostituire le piante con esemplari del solo genere Pinus che non rappresentano la vegetazione climax. Nelle norme tecniche dell’ultimo piano di gestione, infatti, è stata prevista, in particolari casi, la conversione in altre tipologie forestali. Anche l’Arsia nella lotta alla cocciniglia del pino, consiglia di privilegiare rinfoltimenti artificiali posticipati principalmente con latifoglie, in particolare di specie quercine, se la rinnovazione naturale non fosse sufficiente. Le specie da prediligere sono quelle che naturalmente si rinnovano in quest’ambiente e che erano già presenti prima dell’impianto artificiale. Le specie utilizzate saranno quindi principalmente leccio e, per incrementare la biodiversità e sperare in un maggior attecchimento, pioppo, frassino e ontano nelle depressioni, pino domestico, in prossimità di via del Balipedio per dare una certa continuità alla pineta, e farnia. Per ovvi motivi non è opportuno utilizzare il pino marittimo mentre può essere utilizzato il pino domestico se posizionato più internamente perché particolarmente suscettibile all’aerosol marino. Le specie sopracitate fanno parte della vegetazione forestale della toscana. L’obiettivo è quindi quello di ottenere un popolamento stabile con un’elevata biodiversità.
Il sesto d’impianto sarà variabile in funzione della rinnovazione naturale presente e si prevede una densità di impianto di 600 piante per ettaro. Al fine di garantire un più certo avvenire agli impianti, dovranno essere scelte giovani piantine con il pane di terra per ridurre lo stress dovuto al trapianto e favorire l’attecchimento. Questi individui presentano altri vantaggi rispetto a piante pronto effetto: apparato radicale più proporzionato alla chioma e più vigoroso, maggior capacità di adattamento alle condizioni stazionali dell’area. Ovviamente la scelta del postime sarà vincolata alla disponibilità dei vivai forestali. La messa a dimora è preferibile in autunno, all’inizio della stagione piovosa, ma può protrarsi nei mesi successivi in base all’andamento stagionale.
Al momento dell’impianto si prevede l’irrigazione se l’andamento climatico lo rende necessario. Nonostante tutti gli accorgimenti che possono essere messi in atto, alcune piante non sopravvivranno. La barriera di latifoglie ad ovest consente di proteggere l’impianto dall’aerosol marino pertanto non si ritengono necessarie reti frangivento. Da un’analisi dell’area è evidente la massiccia presenza di cinghiali che non sono interessati alle piante stesse ma bensì ai semi. Al contrario non è stato evidenziato un carico di daini tale da prescrivere l’utilizzo di protezioni individuali, talvolta non risolutive, per le nuove piantine. Nei successivi 5 anni il rimboschimento dovrà essere monitorato costantemente al fine di provvedere ad irrigazioni di soccorso in caso di estati eccezionalmente siccitose, a risarcimenti delle fallanze se superiori al 20 per cento del numero ed a verificare eventuali danni da parte della fauna in modo da poter applicare eventuali misure correttive.

 

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