Cave, respinto ricorso Confindustria: “Ma sentenza suggerisce soluzione”

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Il Tar si è espresso, respingendolo, sul ricorso promosso da Confindustria di Massa Carrara e da varie imprese del settore contro la Regione Toscana e il Comune di Carrara, contestando l’interpretazione della legislazione regionale in materia di cave e evidenziando quindi la correttezza della tesi sostenuta dalle amministrazioni pubbliche: l’oggetto dell’autorizzazione allo scavo non può essere l’area in disponibilità ma il progetto di coltivazione.

“Ovviamente – spiega Confindustria di Massa Carrara – la sentenza non ci lascia soddisfatti, ma leggerla come una totale sconfitta delle nostre ragioni ci appare fuorviante perché i giudici amministrativi nelle loro motivazioni aprono alle nostre osservazioni per quanto riguarda gli sforamenti e suggeriscono una soluzione che preveda un margine di tolleranza che eviti il blocco delle lavorazioni“. “E’ utile a tal proposito – continua Assindustria di Massa Carrara – leggere cosa scrivono i giudici amministrativi a pagina 18 delle motivazioni: ‘L’interpretazione fatta propria dalle amministrazioni intimate – cita Confindustria – viene poi contestata in quanto asseritamente incompatibile con lo svolgimento dell’attività estrattiva secondo le regole tecniche della materia. In proposito il Collegio osserva che, come correttamente replicano le parti resistenti, in linea generale una corretta progettazione ed un’efficace direzione lavori è in grado, rispettivamente, di prevenire e risolvere le problematiche che emergono nel corso degli scavi, tutto questo però a condizione che venga lasciato un ragionevole margine di tolleranza nell’escavazione oltre la volumetria autorizzata (nel singolo sito estrattivo). Lo sforamento di questa può avvenire anche per fatti non imputabili all’escavatore quale, ad esempio, un imprevisto che richieda una rapida eliminazione per motivi di sicurezza. In tali casi non è ragionevole attendere i tempi del (nuovo) procedimento autorizzatorio i quali, per gli interessi pubblici rilevanti coinvolti, non possono essere brevi. Un margine di tolleranza adeguato entro cui effettuare la variazione con segnalazione certificata di inizio attività appare soluzione ragionevole; quella che invece stride è la previsione di un limite di tolleranza generalizzato e determinato in termini quantitativi (mille al metro cubo) per ogni cava, qualunque ne siano le dimensioni, poiché determina un trattamento omogeneo di situazioni che, invece, possono essere diverse tra loro. Un conto è una cava con fronte pari, ad esempio, a metri 500; altro conto è la cava con fronte esteso per chilometri: in quest’ultima si può ragionevolmente ritenere che sia facile arrivare, si ripete per fatti anche non addebitabili all’escavatore, a colmare il margine di tolleranza oggi vigente o addirittura superarlo senza rendersene conto, ciò che comporta (de futuro) la gravissima conseguenza della decadenza dall’autorizzazione‘. Dunque – spiega Assindustria -, nelle motivazioni, i giudici rilevano che possono presentarsi situazioni, anche collegate alla sicurezza, in cui non è ragionevole attendere i tempi del nuovo procedimento autorizzatorio. E non a caso scrivono che ‘un margine di tolleranza adeguato entro cui effettuare le variazioni con segnalazione certificata di inizio attività appare soluzione ragionevole’. In più vi aggiungono che non è accettabile un limite di tolleranza generalizzato per tutte le cave”. Insomma, i giudici ritengono che sia necessaria una normativa che tenga conto delle peculiarità sia delle lavorazioni in cava sia delle differenze fra diversi siti estrattivi. E’ questa un’ indicazione che riteniamo possa essere utile nel confronto che stiamo portando avanti e vogliamo continuare a portare avanti con le istituzioni e le parti sociali al fine di arrivare a una definizione condivisa delle regole del settore lapideo che sia in grado di restituire a imprese e lavoratori quelle certezze che oggi, purtroppo, mancano”.

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