Ospedale Versilia, il direttore di cardiologia Casolo: “Ecco come abbiamo affrontato la pandemia”

Modifiche strutturali, telemedicina e professionalità hanno salvato le vite dei pazienti

Come prendersi cura del cuore ai tempi del covid19? La risposta è arrivata dalle terapie intensive cardiologiche dell’ospedale Versilia, sdoppiate in due percorsi separati: una per positivi e una per negativi. E dai cardiologi che, con un monitoraggio telefonico costante, hanno seguito il decorso dei pazienti. I cardiopatici sono infatti una delle categorie di pazienti che più hanno risentito degli effetti diretto e in modo particolare anche di quelli indiretti della pandemia. Durante la quarantena la vita più sedentaria, il timore a recarsi in ospedale per un controllo, una terapia con farmaci non seguita a dovere, ma anche una dieta meno attenta hanno portato tante persone a trascurare la salute del proprio cuore con effetti a volte drammatici.

“Ci siamo trovati di fronte a persone che sono arrivate in ospedale troppo tardi perché potessimo fare qualsiasi cosa. Qualcuno purtroppo, è arrivato in gravissime condizioni e non abbiamo potuto fare nulla per salvarlo – racconta Giancarlo Casolo, direttore della struttura complessa di Cardiologia dell’ospedale Versilia di Lido di Camaiore e referente dell’Azienda Usl Toscana nord ovest della rete dello scompenso cardiaco -. Trascurare i sintomi che precedono una crisi cardiaca, come l’affanno e i dolori al petto, per paura di recarsi in ospedale, restare a casa aspettando che passino pur stando male significa rischiare la vita. L’appello che faccio è di rivolgersi con fiducia ai medici e agli ospedali. Al Versilia ci siamo dati un’organizzazione e un metodo di lavoro che garantisce al massimo i pazienti”.

“Nel reparto di cardiologia lavorano 15 medici e 35 infermieri e quando è scoppiata l’epidemia il primo problema che ci siamo trovati davanti era: dove ricoveriamo i pazienti infartuati o cardiopatici che erano anche positivi? Non potevamo ricoverarli nel reparto destinato ai pazienti gravi Covid, perché lì le terapie intensive sono organizzate senza le attrezzature cardiologiche specifiche – ricorda Casolo -. Dovevamo per forza tenerli in cardiologia. E quindi si poneva il secondo problema: come separare i positivi dai negativi in cardiologia? Con la direzione sanitaria dell’ospedale abbiamo deciso di cambiare l’assetto della terapia intensiva cardiologica sdoppiandola in due percorsi separati: un’unità per positivi al Covid e una per i negativi. Facile a dirsi, più difficile a realizzarsi. Grazie al lavoro svolto da tutte le unità organizzative sono stati buttati giù muri e ricostruiti, le stanze destinate ai positivi sono state attrezzate con pressione negativa, tutto il reparto è stato sottoposto ad adeguamenti strutturali che ci hanno permesso di dedicare 4 letti alla terapia intensiva cardiologica per pazienti covid e altre 4 alla terapia intensiva cardiologica per i pazienti non covid”.

Abbiamo sempre assicurato l’attività di ricovero per l’impianto dei pace-maker, le consulenze, gli elettrocardiogrammi e l’assistenza diagnostica radiologica per tutto l’ospedale e il pronto soccorso – prosegue Casolo -. Abbiamo anche aperto un canale 24 ore su 21 telefonico con i medici curanti, dove abbiamo fornito attenzione e consigli ogni volta che i medici curanti ci hanno chiamato, anche per visite urgenti, e con alcuni medici abbiamo aperto anche una linea Skype. Allo stesso tempo, pur continuando a curare i pazienti della cardiologia, visto che l’attività ambulatoriale era diminuita drasticamente, noi cardiologi ci siamo offerti spontaneamente di lavorare al nel reparto dell’ospedale destinato ai casi positivi, dove le nostre specifiche competenze di terapia intensiva sono state utili e molto apprezzate da tutti i colleghi impegnati nell’assistere i pazienti più gravi. Abbiamo così affiancato i colleghi della rianimazione, della medicina interna, delle varie branche specialistiche che senza sosta hanno lavorato in condizioni di estrema difficoltà e rischio personale e con totale spirito di collaborazione”.

“C’era poi tutta la problematica relativa ai pazienti che pur non essendo più ricoverati sono però seguiti abitualmente dall’ospedale per trattare le rispettive patologie cardiovascolari, per seguirne il decorso e monitorarne lo stato di salute – va avanti Casolo -. Si tratta di circa 300 persone. Li abbiamo chiamati uno ad uno e, via telefono, abbiamo sottoposto loro un questionario di valutazione a schede per verificarne le condizioni cliniche. Una visita a distanza, in teleassistenza. Quelli che risultavano avere un quadro clinico estremamente positivo sono stati riaffidati al medico curante. Quelli con un quadro rassicurante ma che comunque richiedeva ancora un monitoraggio sono stati rimandati ad un controllo a tre mesi. Infine, quelli che presentavano un quadro clinico più critico sono stati chiamati e visitati subito in ospedale”.

“Questo lavoro scrupoloso ci ha permesso di recuperare tempo con i pazienti meno gravi e dedicarne di più ai pazienti più critici, ma quello che è particolarmente interessante è che nei circa 100 pazienti che abbiamo rimandato a tre mesi non abbiamo avuto neanche una evento cardiovascolare. Ciò significa che lo scheda di valutazione a distanza che abbiamo adottato è un sistema valido che potrebbe anche entrare a regime nell’assistenza ordinaria. Su questo a breve porteremo i dati alla comunità scientifica mostrando che agire proattivamente, grazie agli interventi di infermieri e medici curanti, è possibile gestire a casa i pazienti cardiopatici con quadri clinici non critici in piena sicurezza. Oggi la fase più dura dell’epidemia sembra alle spalle – conclude Casolo – abbiamo riaperto l’attività territoriale, abbiamo recuperato le visite rimaste in sospeso tra marzo e maggio e le liste di attesa sono state abbattute. Sono particolarmente commosso e grato a tutto il personale, a quello medico infermieristico, agli Oss, a quello che ha lavorato ai servizi mensa e pulizie, ai centralinisti. Tutti, in questo periodo drammatico, si sono spesi senza assentarsi e hanno avuto il coraggio e la voglia di continuare a lavorare, hanno fatto squadra. Questa esperienza rimarrà scolpita nei nostri cuori come una delle più belle manifestazioni di solidarietà umana”.

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