Coronavirus e neonati, finanziato uno studio dell’ospedale Versilia

L'idea è del reparto di neonatologia e pediatria

Nell’ambito del bando di ricerca della Regione Toscana per i progetti Covid, l’Asl Toscana nord ovest ha presentato alcuni progetti di studio. Il primo tra quelli approvati e finanziati dalla Regione è stato proposto dalla struttura di Neonatologia e Pediatra dell’ospedale Versilia. E’ lo studio Space net (staff and parental adjustment to Covid19 EpidemicsNeonatal Experience in Tuscany), che ha ottenuto un finanziamento di 218mila euro, e coinvolgerà tutte le terapie intensive neonatali della Toscana (Careggi, Pisa, Siena, Meyer, Prato, Torregalli, Arezzo, oltre che Versilia), e tutti i punti nascita dell’Asl Toscana nord ovest (Massa, Lucca, Pontedera, Livorno, Cecina-Elba).

Lo studio indagherà l’impatto dello stress legato al Covid19 durante la gravidanza e l’ospedalizzazione in Terapia Intensiva Neonatale (tin) in madri e padri sulla qualità della relazione di attaccamento genitore-bambino e  sul benessere degli operatori sanitari di neonatologie e tin.

“E’ noto che la pediatria e la perinatologia – spiega il direttore della Neonatologia e Pediatria del Versilia e responsabile dell’area pediatrica dell’Asl  Luigi Gagliardi, proponente della ricerca –  sono state colpite dalla pandemia in maniera relativamente più lieve rispetto ad altre specialità mediche e chirurgiche. Le procedure di sicurezza necessarie per limitare il contagio, ad esempio le limitazioni nelle visite di parenti, hanno però impattato pesantemente sul vissuto di utenti e operatori dei reparti di ostetricia, neonatologia e pediatria. Tutti i neonatologi e in generale il personale dei dipartimenti materno-infantili hanno lavorato intensamente negli ultimi 20 anni per umanizzare sempre di più le cure, avere dei reparti aperti, per coinvolgere i genitori nell’assistenza ai neonati, ad esempio aprendo H24 le terapie intensive neonatali. Questa filosofia è stata portata avanti anche da ginecologi e ostetriche e dagli anestesisti che lavorano con noi, dalla gravidanza al parto e nelle fasi successive del percorso. In effetti, la perinatologia e la pediatria sono da sempre un laboratorio e la frontiera più avanzata nella medicina, per quanto riguarda i rapporti tra il personale e l’utenza. Anche per questo la pandemia con le conseguenti pur necessarie chiusure (del mondo esterno, dell’ospedale, dei reparti, delle stanze di degenza, dei nostri volti e corpi) ha eretto delle barriere e ha impattato tantissimo sul nostro modo di lavorare, probabilmente più che in altre discipline”.

“Avere un bambino in condizioni di isolamento – spiega -, magari con ostacoli alla presenza dei padri, e tanto più se il neonato è pretermine o richiede un ricovero ospedaliero, può generare molta angoscia e disorientamento. Anche il personale però vede messo in discussione un modello di cura, centrato sulla famiglia, cui crede profondamente e che è diventato la norma. Sembra di essere tornati indietro 20 anni. Questo studio è necessario perché non possiamo allentare alcune barriere, ma possiamo capire quali effetti attenderci e quantificare il malessere che generano, per cercare dove possibile di limitare e mitigare questi effetti collaterali. Come la Clara Malaussène di Pennac, fotografare la realtà ci permette di affrontarla con maggior preparazione e meno disorientamento. Per questo abbiamo proposto lo studio Space net e quanto l’argomento sia sentito e importante lo dimostra il fatto che tutti i reparti interpellati hanno immediatamente accolto la proposta e che la Regione lo ha promosso”.

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