Ospedale Versilia, personale allo stremo. Nursind: “Il pronto soccorso è un campo di battaglia”

Il sindacato: "Rientri forzati e riposi saltati, bisogna invertire la rotta"

Tanti disagi, in questi giorni, all’ospedale Versilia, che affronta l’ennesimo periodo di difficoltà ed emergenza organizzativa. Paola Costagli, rappresentante Nursind dell’ospedale della Versilia, parla di continui rientri per il personale sanitario, riposi saltati, turni di 12 ore.

E ancora, l’attivazione dei cosiddetti “nottini” (turni notturni aggiuntivi di sei ore) non solo nei reparti “storici” per tale attività (come il pronto soccorso, la radiologia e la sala gessi), ma allargati anche al pronto soccorso pediatrico e le forti difficoltà dei reparti di degenza medica, dove il rapporto tra infermiere e assistititi è arrivato a 1 per 12/14 pazienti.

“Il pronto soccorso – spiegano dal sindacato delle professioni infermieristiche – è allo stremo. Sembra un campo di battaglia pronto ad affrontare tutti i giorni la stessa guerra: ore di attesa per accedere alle cure di pronto soccorso, ambulanze in coda davanti all’ingresso, giorni per avere un letto nelle degenze di medicina. Tutti i reparti hanno turni che sembrano campi minati e le attività territoriali e domiciliari sono sempre più in affanno. Problemi importanti si registrano anche nelle sale operatorie e nel day-surgery dove gli interventi chirurgici di elezione registrano un costante ritardo nella programmazione e sono in crisi anche i settori che si occupano della prevenzione, con appuntamenti al Cup che hanno tempi lunghissimi”.

“A questo punto – spiega Costagli – siamo molto dispiaciuti nel constatare che non esistono più reparti e servizi privi di carenze organiche. Il Covid, ovviamente contribuisce a complicare le cose: nelle ‘bolle’, presenti nella quasi totalità dei reparti, non esiste personale dedicato come invece prevederebbe la delibera regionale. Non va certo meglio nel reparto ‘trauma Covid’, dove afferiscono tutti i pazienti positivi delle medicine e delle chirurgia generale e specialistica (ortopedia, urologia, ginecologia ecc.), che è aperta da un anno. Gli  infermieri e Oss delle chirurgie generali e specialistiche si avvicendano per darsi il cambio, con il consueto ma irrinunciabile corredo di tute e dispositivi di protezione individuale, per i quali viene fatta raccomandazione da parte dell’azienda di farne un uso attento e contenuto. Di fatto, tengono aperto un reparto di malattie infettive senza percepirne neppure l’indennità. E la situazione è così pesante che molti di coloro che vi lavorano pensano di chiedere il trasferimento. Addirittura c’è che pensa al licenziamento. Molti lo hanno già fatto”.

Tutto il personale sanitario, spiega il Nursind, “accusa stanchezza, insonnia, ansia e disturbi che possono portare a un calo dell’attenzione, pericoloso per sé e per gli altri quando si tratta di assistenza alla persona. Da parte sua  l’Azienda sanitaria non fa che ribadire che deve attenersi alla previsione di spesa del 2019. Peccato che in questi tre anni il mondo, sanitario e non solo, sia cambiato. Addirittura questa estate non è stato inviato neppure il personale di supporto estivo per la gestione dell’ospedale di una una delle zone più turistiche della Toscana”.

“La situazione attuale – conclude il sindacato delle professioni infermieristiche – è peggiore rispetto al periodo pre-covid e il personale sanitario viene lasciato sempre più solo. Chiediamo un cambio di tendenza, che parta dal significato che vogliamo dare al concetto di sanità pubblica e arrivi alla giusta considerazione dei professionisti sanitari che tutti i giorni si impegnano a fornire cure e assistenza. I vertici politici e la direzione dell’Azienda si mantengono ciechi e sordi alle richieste di aiuto e di nuove risorse da parte dei professionisti sanitari addetti all’assistenza. Così non si può andare avanti: rischiamo di non poter garantire dei servizi appropriati alla collettività locale, soprattutto ora che la Versilia è affollata di turisti. Il vero problema è che le persone costrette a servirsi delle nostre strutture sanitarie sono a rischio di una mancata risposta clinico-assistenziale adeguata”.

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