Cave di marmo sul monte Altissimo, insorgono le associazioni

Una montagna che rischia di scomparire. È questo l’sos lanciato dalle associazioni Amici della Terra Versilia, Legambiente Versilia e Wwf Alta Toscana. Oggi (23 novembre) infatti sarà adottato il Piano attuativo di bacino estrattivo (Pabe) del Monte Altissimo. Secondo le associazioni, sulla base di questo piano, dalla montagna versiliese saranno estratti 700mila metri cubi di marmo.

“Martedì (20 novembre), alla sua presentazione, si è scoperto che la sparizione del pizzo delle Cervaiole, del sistema del monte Altissimo. All’osservazione che il suo sbassamento, di 50 metri, fu concesso nel 2008, 24 dei quali erano già partiti nel 2011, è stato risposto che non bisogna guardare, sempre, ‘il bicchiere mezzo vuoto’ – spiegano i rappresentanti delle associazioni -. A Carrara e nella Piana finora si è fatto di peggio. In fondo, il Pabe prevede, in 10 anni, di estrarre ‘solo’ 700.000 metri cubi di marmo, per i quali si cancelleranno altrettanti metri cubi di montagna. Quantità che, assicurano i tecnici, poi saranno inferiori. Allora sfugge il perché autorizzare a scavare di più. Così come sfugge perché nella mole di studi realizzati non si dà alcun valore al marmo. Del resto se l’Henraux è presente nelle Apuane dal 1700 non è per fare del bene alle comunità locali. E il marmo è un valore non rinnovabile, che una volta consumato non c’è più”. 
“A questo punto – proseguono le associazioni – più che il bicchiere forse sarebbe bene non perdere di vista la bottiglia. Che non sembra interessare a chi ha redatto il piano perché niente viene detto sulle esternalità. Cioè quei costi che non ricadono sul bilancio aziendale ma sulla collettività, come salute, manutenzione strade, inquinamento eccetera. Le cifre non sono trascurabili. In uno studio preliminare, svolto nel 2006 con fondi della Regione Toscana, è stato stimato che l’estrazione di una tonnellata di marmo rende all’azienda 2 milioni di euro all’anno al netto delle spese, mentre costa agli abitanti di Seravezza, al netto dei vantaggi (stipendi e tasse), 28 milioni. Forse non è un caso se i Comuni con le cave sono poveri? E non consola che altre cave non lavorano il marmo in loco come l’Henraux”.
“A tale proposito – prosegue la nota – vale la pena ricordare che lo sbassamento della vetta delle Cervaiole, in sfregio a Michelangelo, nel 2006, avvenne perché l’Henraux firmò, con i Comuni di Stazzema, di Seravezza ed il Parco delle Apuane un protocollo d’intesa dove si impegnava a trasformare il 60% dell’estratto in loco (entro il 2011) e a destinare la parte restante ‘prioritariamente alla lavorazione presso le aziende collocate nel distretto’. Questo nel tentativo di mitigare gli effetti negativi delle esternalità. Nel Pabe, del 2018, si parla del 50% di lavorato in loco e si tace sulla destinazione della parte restante. E il protocollo? La sua attuazione? La ‘percezione’ è negativa”.
“Per quanto riguarda il Pabe – concludono le associazioni – si chiede all’amministrazione, di riconsiderare le quantità da estrarre, per ridurre le perdite a cui andrà incontro la comunità di Seravezza e quella internazionale, che considera le Apuane e l’Altissimo un bene dell’umanità; e di inserire nel Pabe quanto previsto dal protocollo firmato nel 2006”.

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