
Sono sei le persone finite sotto processo con l’accusa di avere maltrattato e seviziato senza necessità, secondo l’accusa, i bovini prima dell’abbattimento e della macellazione in un impianto di via Ciarpi a Porcari. Durante l’ultima udienza del processo davanti al giudice Alessandro dal Torrione, inoltre, l’Enpa si è costituita parte civile, un atto dovuto per quelli che sono i valori etici di tutela degli animali dell’associazione. Tra i vari imputati alla sbarra ci sono il proprietario del mattatoio e un suo familiare oltre ad alcuni dipendenti e a due persone che si erano rivolte alla struttura per l’abbattimento e la macellazione dei loro bovini.
I fatti risalgono al 2013, quando una veterinaria della Asl assiste ai metodi di macellazione utilizzati dal personale dell’impianto di Porcari, che sarebbero stati in palese violazione di quelle che sono le disposizioni del codice penale e della normativa europea che dispone per le macellazioni l’utilizzo di metodologie che non infliggano inutili sofferenze al bovino, tutte disposizioni che, secondo la veterinaria e sulla base di quanto appurato dalle successive indagini dei carabinieri dei Nas di Livorno, non sarebbero state rispettate nel macello. Anzi, gli addetti alle varie operazioni avrebbero utilizzati scariche elettriche e mordacchie, pinze per immobilizzare l’animale e introdurlo nelle celle di contenimento. Non solo, secondo quanto emerso anche dalle intercettazioni ambientali fatte dai carabinieri, nel macello sarebbero state utilizzate anche pinze da introdurre nel naso dell’animale e soprattutto, cosa particolarmente cruenta, nell’abbattimento dei bovini spesso si sarebbe praticata l’incisione delle vene giugulari quando l’animale era ancora vivo e appeso a ganci da macellazione, allo scopo di ottenere l’intero dissanguamento del corpo. Insomma trattamenti inumani e inutili ai fini della macellazione, secondo l’accusa sostenuta dal pubblico ministero Antonio Mariotti, che ha portato alla sbarra i presunti responsabili di questi fatti. Allo stabilimento al momento della notifica degli atti giudiziari era stata revocata l’autorizzazione alle macellazioni dalla Asl. I fatti appurati dagli inquirenti e su cui verte il processo risalgono alla prima metà del 2013. (g.m.)