
Dovrà rispondere anche del reato di tratta di persone e sfruttamento della prostituzione minorile il 28enne di origine albanese Besnik Metushi, già in carcere per l’omicidio dell’ex poliziotto di Minucciano Ugo Canozzi, ucciso nel corso di una rapina il 15 gennaio del 2013. I carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Lucca, infatti, gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carere emessa dal tribunale del riesame di Torino. Con lui anche una 35enne di origine rumena, Corina Elena Vasilas, anche lei condotta in carcere nella sua città di residenza, Torino. Avevano, infatti, secondo gli investigatori, messo in piedi un complesso sistema di sfruttamento della prostituzione, “importando” giovani ragazze dall’Est Europa con la promessa di un lavoro per poi costringerle a prostituirsi. La donna, in particolare, si occupava del reperimento delle giovani mentre il Metushi ne controllava l’attività e ne condivideva la maggior parte dei guadagni. Tra le vittime anche alcune ragazze minorenni.
La scoperta del complesso “giro” è nata proprio dalle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Lucca dopo l’omicidio di Ugo Canozzi. Gli investigatori riuscirono infatti a identificare, fra i partecipanti alla rapina che ebbe come triste epilogo la morte dell’anziano, proprio Besnik Metushi, arrivato da Torino per compiere il colpo, città dove aveva altri interessi criminali a cui si dedicava, secondo gli inquirenti, insieme a Corina Elena Vasilas (considerata la basista della banda) e due suoi fratelli, non colpiti però, al momento, da misure cautelari.
Il ruolo della donna rumena sarebbe stato infatti fondamentale per adescare giovani ragazze, anche minorenni (rumene, bulgare e albanesi) con la promessa di facili guadagni e di altri vantaggi. Una volta arrivate in Italia le ragazze sarebbero state letteralmente vendute ai fratelli albanesi che le avviavano alla prostituzione sulle strade di Torino, sotto il loro diretto controllo, intascando, ovviamente, la maggior parte degli introiti e lasciando alle ragazze solo lo stretto necessario. La presenza di almeno uno dei fratelli era sempre garantita, anche quando qualcuno di loro rientrava in patria, in modo da assicurare un controllo anche fisico sulle giovani prostitute alle quali – attraverso minacce di ogni tipo e metodi brutali – avrebbero imposto ritmi sostenuti, pretendendo, in alcuni periodi, che lavorassero sia di giorno che di notte, facendo loro rare concessioni.
I fratelli Metushi avrebbero avuto anche a disposizione, nel capoluogo piemontese, alcune abitazioni date poi in uso alle “ragazze”, che saltuariamente le avrebbero utilizzate per esercitare il mestiere.
In particolare i carabinieri avrebbero accertato la “vendita” di una minorenne rumena di 16 anni, che veniva fatta prostituire in casa, per non esporre l’organizzazione al rischio di controlli o accertamenti approfonditi da parte delle forze di polizia qualora la giovane fosse stata trovata in strada. Dalle attività di indagine sarebbero emerse perfino le lamentele da parte dei fratelli albanesi perché la minorenne non riusciva a guadagnare abbastanza in quanto inesperta.
Nel corso delle indagini sono stati accertati anche i cospicui introiti realizzati dai fratelli albanesi e dalla ragaza rumena: in pratica, ogni ragazza incassava in media 400 euro al giorno per un totale di 8/10mila euro al mese, la maggior parte dei quali trattenuti dagli sfruttatori. Il gruppo controllava contemporaneamente dalle tre alle cinque prostitute. D’altra parte, a conferma del grande giro di affari, sarebbe anche stato documentato il trasferimento di cospicue somme di denaro effettuato dagli indagati verso parenti o prestanome in Albania.
Anche la donna si sarebbe poi assicurata ingenti guadagni considerato che per ogni ragazza procacciata, in gergo chiamata “macchina”, i fratelli Besnik dovevano pagarle una cifra tra i 4mila e i 5mila euro (operazione chiamata “voltura”). La Vasilas sarebbe anche stata in grado di procurare falsi documenti alle future prostitute per farle espatriare.
E così i carabinieri del Nucleo investigativo di Lucca, coadiuvati dai colleghi della compagnia di Moncalieri e della stazione di Vinovo, si sono presentati a casa della donna alla quale è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La donna, che attualmente viveva nell’hinterland torinese, compagna di un imprenditore agricolo in parte ignaro dei suoi trascorsi, è stata anche sottoposta a perquisizione domiciliare, prima di essere condotta in carcere.
Stessa sorte per Besnik Metuschi al quale il provvedimento è stato notificato presso il carcere di Prato, dove è detenuto dal 2013 per l’omicidio Canozzi. I due, come detto, dovranno rispondere delle pesanti accuse di tratta di persone e sfruttamento della prostituzione, anche minorile.