
Dopo la condanna a trenta anni pronunciata lunedì scorso (29 maggio) dal giudice per le udienze preliminari Antonia Aracri nei confronti di Pasquale Russo, accusato di aver dato alle fiamme e ucciso la scorsa estate l’infermiera Vania Vannucchi, per la prima volta il Tribunale di Lucca ha riconosciuto la legittimazione di un centro antiviolenza a partecipare a un processo per femminicidio, dando così effettività alla convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia nel 2013 e i cui tre pilastri fondamentali sono la prevenzione, la protezione e la repressione – e accogliendo altresì le ragioni che hanno spinto l’Associazione Luna, costituitasi parte civile nel processo penale a carico di Pasquale Russo, imputato per l’efferato omicidio.
“L’Associazione Luna – come spiegano le socie in una nota – con il consenso dei congiunti di Vania, aveva infatti deciso di costituirsi parte civile nel processo perché la violenza contro le donne ha, innanzitutto, radici sociali e culturali ed è quindi dovere dell’Associazione prodigarsi affinché in maniera ancora più forte, proprio in un’aula di tribunale, venga affermato il cambiamento di tali radici, attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per cambiarne la percezione nei confronti di questo crimine. I centri Antiviolenza sono quelli che ogni giorno stanno sul territorio, ma non solo, sono quelli che ‘si sporcano le mani’, sono le operatrici che quotidianamente incontrano il dolore delle donne e conoscono la loro infinita capacità di riscatto e le loro tante contraddizioni”.
“Il risarcimento del danno riconosciuto dal giudice con la sentenza del 29 maggio – continuano – sancisce non solo il disvalore sociale della violenza di genere, ma rappresenta per tutte le socie dell’Associazione Luna un valore simbolico importante, visto il loro impegno giornaliero e coinvolgimento personale anche emotivo. Ma quanta fatica rendere visibile (nel modo giusto e senza spettacolarizzazioni) la violenza. Il messaggio che ci premere trasmettere – spiega l’Associazione – è quello che esistono sul territorio soggetti qualificati nel trattare la delicata questione della violenza di genere, ed è proprio a questi soggetti che le donne che si trovano in difficoltà possono rivolgersi, essere accolte e se eventualmente si sentono pronte, denunciare quello che stanno vivendo o hanno vissuto”.
“Le somme previste a titolo di risarcimento dell’Associazione Luna – concludono – saranno impiegate per azioni di prevenzione e protezione, è infatti nostro dovere fare tutto, ma proprio di tutto, per far sì che le donne, sempre in numero maggiore, anziché continuare a morire, possano, in libertà, in particolare nelle relazioni affettive, essere sé stesse, ma soprattutto essere sé stesse vive”.