Relazione ‘inappropriata’ con un collega, carabiniere donna congedata dall’Arma: ma il Tar annulla il provvedimento

Per il giudice amministrativo la decisione esprimeva un “giudizio morale dai toni sessisti”
Salomonica decisione del Tar di Firenze su un caso delicato e complesso riguardante un carabiniere donna posto in congedo a maggio dello scorso anno dal comando generale, dopo la ferma quadriennale, a seguito della richiesta di permanenza nell’Arma. La causa del diniego? Una relazione “inappropriata” con un collega.
L’avvocato della donna aveva accusato l’avvocatura distrettuale in difesa del comando generale dell’Arma di “un vero e proprio giudizio morale dai toni sessisti non richiesto e comunque espresso solo limitatamente alla ricorrente”. La donna era “accusata” di aver avuto appunto una relazione sentimentale con un commilitone “cagionando disagio al servizio istituzionale” perché ritenuta inappropriata.
Tali affermazioni “indimostrabili e offensive” secondo i giudici del Tar, sono state cancellate a norma di legge ma siccome le motivazioni di congedo della donna erano basate proprio su questa presunta relazione sentimentale il ricorso è stato accolto e sono stati annullati tutti i provvedimenti impugnati.
La donna potrà quindi rientrare a far parte dell’Arma dei carabinieri. Le valutazioni sui 4 anni di ferma volontaria, infatti, erano soddisfacenti e anche la commissione di valutazione e avanzamento regionale aveva dato il via libera alla permanenza nell’Arma dopo un’audizione del 5 aprile dello scorso anno.
Ciononostante il comando generale aveva disposto il congedo della donna il successivo 29 maggio. Ma le uniche motivazioni di tale provvedimento erano legate alla presunta relazione, giudicata “inappropriata”, con un commilitone. Per tale relazione era stata spostata ad un’altra stazione dopo due giorni di consegna. Troppo poco per poter giustificare il congedo visto che le valutazioni erano invece positive, sempre secondo il Tar.
Si legge infatti chiaramente in sentenza: “Pur tralasciando come sia rimasta incontestata la circostanza relativa al fatto che solo ed esclusivamente la ricorrente sia risultata destinataria della sanzione disciplinare (e non quindi anche il commilitone), è dirimente constatare che l’erogazione di una consegna per due giorni deve ritenersi di per sé insufficiente a fondare un giudizio di non meritevolezza, laddove quest’ultimo (come vedremo) non sia confermato e strettamente correlato ad un giudizio complessivo, riferito all’intero periodo di permanenza nell’Arma che, in quanto tale, insiste su un periodo di quattro anni. E, peraltro, evidente l’estrema esiguità della sanzione irrogata, che ha comportato esclusivamente una consegna per due giorni, circostanza quest’ultima che dimostra come la fattispecie fosse stata già ritenuta non particolarmente grave da parte dell’amministrazione”.
E proseguono i giudici del Tar: “Anche il trasferimento per incompatibilità deve ritenersi non dirimente, essendo stato disposto sempre in conseguenza di detta relazione sentimentale. Si consideri, inoltre, come con detto provvedimento l’amministrazione aveva provveduto a rimuovere la causa del potenziale discredito, senza per questo adottare alcun ulteriore provvedimento sanzionatorio e a tutela della propria immagine”.
L’avvocato Michela Stafetta che ha difeso la donna ha inteso esprimere grande soddisfazione per questa sentenza che “ha eliminato un grave atteggiamento discriminatorio e ribadito alcuni concetti chiave, sui principi di equità di trattamento di genere e sulla privacy, che devono essere rispettati sempre da tutti e in particolar modo dalla pubblica amministrazione. Come donna e come avvocato non posso che esprimere compiacimento e gratificazione sia per me sia per la mia assistita”.