Caso Ceste, nessun Dna nel canale di scolo. L’investigatore Cannella: “Non è la nostra unica pista”

29 maggio 2020 | 15:47
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Caso Ceste, nessun Dna nel canale di scolo. L’investigatore Cannella: “Non è la nostra unica pista”

L’agenzia investigativa Falco di Lucca da mesi si occupa del caso per conto del marito della donna che sta scontando 30 anni di reclusione

L’agenzia investigativa Falco di Lucca da mesi si occupa del caso di Elena Ceste, per conto del marito della donna, Michele Buoninconti, che attualmente sta scontando 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie. Un caso di femminicidio che ha avuto risonanza nazionale e che ha interessato anche programmi televisivi specializzati come Chi l’ha visto?.

I fatti: il 24 gennaio 2014 Elena sparisce misteriosamente dalla sua abitazione di Costigliole d’Asti, in Piemonte, e di lei non si hanno più notizie. Il marito Michele trova i suoi indumenti sparsi nel giardino della villetta e allarmato dal ritrovamento denuncia la scomparsa della donna. Il 18 ottobre dello stesso anno a seguito di alcuni lavori in un canale poco lontano dal luogo della sparizione viene rinvenuto il cadavere di Elena. Le indagini delle forze dell’ordine coinvolgono il marito e, nonostante non siano state accertate le cause della morte, nei vari procedimenti giudiziari Michele Buoninconti viene condannato per l’omicidio della moglie.

Una delle prime ipotesi su cui si sono concentrate le indagine dall’agenzia investigativa Falco è quella che la donna in preda ad una crisi psicotica si sia denudata nel giardino, sia uscita di casa e scivolata in un tubo di scolo collegato al canale dove è stata ritrovata mesi dopo. Secondo un articolo di pochi giorni fa di Repubblica i risultati delle analisi del Dna effettuate dagli esperti della Falco non hanno portato a ritrovamento di elementi che potrebbero avvalorare questa tesi.

Il caso è chiuso quindi? Abbiamo sentito cosa ne pensa l’investigatore privato Davide Cannella, direttore della Falco investigazione
“Il nostro lavoro sul caso di Elena Ceste non è assolutamente concluso – dice – Ciò che si può leggere nell’articolo di giornale di Repubblica, non è corrispondente alla realtà dei fatti. Viene dato per scontato che il nostro ruolo si riassuma solamente nella valutazione di questa ipotesi, inoltre non sono stato intervistato a questo proposito dalla giornalista che ha scritto l’articolo. Il caso in questione ha filoni investigativi molto interessanti che stiamo valutando attentamente, che sono molto delicati e meritano la nostra attenzione”.

Il lavoro della Falco è ancora in corso, come sottolinea il suo direttore, lo staff è ancora al lavoro sul caso ed è presto per mettere la parola fine alle indagini.
“È vero che non sono state trovate tracce di Dna riconducibili a Elena Ceste all’interno del tubo di scolo, ma a parer mio era un’eventualità remota a causa della quantità di tempo intercorso dalla scomparsa al ritrovamento del cadavere. Le nostre indagini non si limitano soltanto a questo, si tratta di una delle tantissime ipotesi investigative che andava verificata. In un’indagine per omicidio non bisogna lasciare niente di intentato ci sono ancora molte ipotesi da verificare”.

Le indagini sono state rallentate dalla situazione di lockdown vissuta in questi ultimi mesi?
“La situazione ha portato sicuramente ad un rallentamento delle indagini per l’impossibilità di potersi recare nei luoghi in cui è avvenuto il fatto. D’altra parte è stata un’occasione per poter leggere meglio gli atti, di studiarli più approfonditamente e di avere una visione molto più ampia della situazione. Appena ci sarà la possibilità di muoversi tra regioni, io e il dottor Eugenio D’Orio, genetista forense, ritorneremo sul campo per vagliare altre possibilità su come si potrebbe essere svolta questa vicenda. Auspico che presto ci saranno delle novità che daranno un grande scossone all’indagine”.