I Cobas tornano in piazza: “No alla chiusura delle scuole”

Il sindacato critica il governo: “Non si è fatto nulla per precari e personale”
Scuola, diritto allo studio e alla salute e pandemia. I Cobas scuola tornano oggi (31 ottobre) in piazza anche a Lucca. Lo fanno manifestando il loro disappunto per la situazione attuale.
“A settembre, come se non fosse accaduto nulla, la scuola presentava le stesse condizioni degli anni precedenti: non è stato ridotto il numero degli alunni per classe per garantire un serio distanziamento; non sono stati assunti i precari, che anzi sono diventati circa 200.000 tra docenti e Ata; non sono stati trovati nuovi spazi. Il trasporto pubblico non è stato potenziato: nei bus gli studenti sono stretti come sardine; nelle strutture sanitarie i posti Covid non solo non sono stati potenziati, ma addirittura tagliati, con premi ai dirigenti meritevoli”.
“Da marzo – aggiunge la nota sindacale – avevamo indicato gli interventi da attuare, e li avevamo messi al centro delle rivendicazioni delle mobilitazioni da maggio in poi. Ma il tempo a disposizione e la stessa pausa estiva con il calo dei contagi sono stati sciaguratamente sprecati. Ciononostante, grazie all’impegno di tutta la comunità scolastica, oggi le scuole sono il luogo meno insicuro per gli studenti in confronto a tutti gli altri: il rispetto delle norme sulla sicurezza è garantito dalla vigilanza di docenti e Ata, i contagi sono tra i più tracciabili rispetto all’esterno. Chiudere le scuole aumenta il rischio del contagio, laddove gli studenti inevitabilmente si muoveranno in contesti meno controllati. Ma di fronte al previsto aumento dei contagi, al prossimo collasso delle strutture sanitarie e all’affollamento dei mezzi di trasporto prima alcuni presidenti di regione, poi il governo, hanno scelto di sacrificare la scuola superiore, riproponendo la devastante modalità (sia dal punto di vista relazionale che cognitivo) della didattica a distanza, che ha già prodotto significativi e perduranti effetti negativi sulle capacità di apprendimento degli studenti e che rischia di privare di fatto un’intera generazione del diritto allo studio”.
“L’ultimo dpcm – proseguono i Cobas – prevede solo un 25% di didattica in presenza a fronte del 75% a distanza. Alcuni presidenti regionali hanno addirittura deciso che tutti gli alunni delle superiori (in Umbria anche delle medie, in Campania e Puglia anche delle elementari) dovranno restare a casa. Senza vergogna, per le pesanti responsabilità politico-amministrative sue e di tutto il governo (nonché dei governatori regionali, corresponsabili del disastro delle strutture sanitarie e del trasporto pubblico), oggi la ministra Azzolina si erge a difesa della scuola in presenza. È un atteggiamento schizoide se si pensa alle sue esaltazioni della Dad durante il lockdown e al fatto che il governo, di cui fa parte, ha lasciato passare lunghi mesi senza intervenire con decisione sul fronte dei trasporti, della sanità o degli spazi, lasciando tutta la responsabilità in mano alle singole scuole e recitando oggi un gioco delle parti veramente stucchevole. E mentre si chiudono le scuole superiori, si mandano avanti i concorsi straordinari per i docenti precari, molti dei quali devono spostarsi in altre regioni (a loro spese e a loro rischio e pericolo)”.
“In tutto il paese – prosegue la nota – si sta manifestando l’insofferenza verso i provvedimenti governativi che lasceranno sul lastrico intere famiglie, laddove le chiusure non vengono accompagnate da immediati e significativi trasferimenti di reddito. All’esterno della scuola si stanno consumando tragedie, con le quali siamo totalmente solidali, che lasciano sul campo ben più vittime, nelle categorie che non godono di nessuna protezione: chi lavora nei settori dell’educazione, dell’assistenza, della ristorazione, della ricezione alberghiera, del turismo, dello spettacolo, dello sport, e perfino dei trasporti, rischia di essere rovinato dalle nuove disposizioni di chiusura. Nonostante i problemi sociali in campo siano ben più gravi di quelli scolastici, riteniamo che non si possa sottovalutare l’importanza centrale della scuola: il vulnus della dad non va sottovalutato, perché colpisce soprattutto gli studenti. Perciò vogliamo la scuola in presenza e in sicurezza. Il governo investa immediatamente su sanità, scuola e trasporti, a partire da un’assunzione straordinaria del personale necessario, reclutando una parte del precariato storico. Si investa subito (anticipando quanto arriverà dall’Unione Europea) per far sì che tali servizi pubblici essenziali possano rispondere al meglio ai problemi derivati dalla pandemia. Un Reddito di emergenza per tutti coloro che restano senza lavoro, spesa pubblica in deficit per acquisti di beni e servizi per garantire scuola, sanità e trasporti pubblici possono essere parole d’ordine unificanti per una mobilitazione che imprima una svolta in senso sociale alla gestione della crisi”.