Sbagliano a posizionare la protesi all’anca, medico e clinica condannati a risarcire

Il paziente ha continuato ad accusare dolori e ha fatto causa
Sbagliano a posizionare la protesi all’anca, il tribunale condanna medico e casa di cura a risarcire il paziente condannandoli in solido a pagare circa 50mila euro di danni più 7mila di spese legali. L’uomo l’8 giugno 2015 si era sottposto a intervento chirurgico di protesizzazione dell’anca della gamba sinistra presso la una casa di cura di Lucca, subito dopo e nei giorni successivi all’intervento veniva monitorato dal reparto infermieristico della clinica che non riscontrava anomalie da segnalare e lo stesso medico che lo aveva operato accertava un decorso regolare nei giorni precedenti alla dimissione avvenuta in data 13 giugno 2015; nel certificato di dimissioni il medico attestava la diagnosi :“grave coxartrosi sinistra, l’intervento eseguito, protesi totale d’anca per via anteriore e il decorso postoperatorio è stato regolare…controllo radiografico previo appuntamento telefonico tra 40 giorni”.
Ma il 7 luglio di quello stesso anno il paziente a causa della persistenza di dolore nella zona sottoposta ad intervento, si rivolgeva nuovamente alla casa di cura e veniva trasportato con urgenza dall’ambulanza per accertamenti del caso per risolvere la problematica conseguente alla fuoriuscita della protesi, precisando “che la clinica si rifiutava di esaminare il caso”, stando ai resoconti processuali.
Sconcertato da questa risposta e persistendo il dolore, si è rivolto all’ospedale di Castelnuovo di Garfagnana dove è stato ricoverato una prima volta in data 8 luglio 2015 e dimesso il giorno 9 luglio e una seconda volta in data 14 luglio e dimesso il 25 luglio sempre del 2015. Gli interventi, a cui era stato successivamente sottoposto avevano contribuito a migliorare la situazione senza peraltro poter risolvere definitivamente la problematica, secondo i giudici, “stante la non corretta esecuzione del primo intervento, ad opera del personale della casa di cura”.
A seguito del primo ricovero dell’8 luglio veniva sottoposto ad intervento per “riduzione in narcosi in urgenza della lussazione ed è stato posizionato un tutore d’anca”; mentre il “17 luglio è stata ridotta la lussazione e l’attore è stato operato con “revisione chirurgica dell’impianto e sostituzione del cotile e della testina protesica”; i successivi controlli a cui era stato sottoposto evidenziavano un alternarsi del quadro clinico, a testimonianza della permanenza delle problematiche. A dicembre del 2015 si rivolgeva a un medico il quale nella relazione evidenziava che: “l’impianto protesico era avvenuto con vizio di posizionamento, con pressoché contestuale lussazione induttiva della necessità di intervento di riduzione e successivamente revisione dell’impianto e che in esito a tali gravami si è determinato un periodo di inabilità temporanea più lungo e di maggior impegno percentualistico, nonché un residuare di menomazione di maggiori rilievo rispetto a quanto sarebbe intervenuto in esito a congruo trattamento chirurgico”.
Da qui la causa giunta a sentenza di primo grado di condanna, a firma del giudice del tribunale di Lucca Anna Martelli, per la clinica privata e il medico. Si legge infatti in sentenza: “Per quanto concerne l’an della responsabilità è stata raggiunta piena prova della responsabilità per colpa del medico e conseguentemente dell’inadempimento all’obbligo contrattuale assunto da parte della struttura sanitaria solidalmente responsabile nonchè del nesso di causalità rispetto agli eventi lamentati che, così come evidenziato in perizia, sono da ricondurre a errati comportamenti posti in essere dagli operatori della struttura”. In conclusione i periti hanno concluso che: “l’ipotesi più realistica è che l’instabilità della protesi fosse dovuta a un difetto di tecnica da parte di chi impiantò la prima protesi” escludendo che l’instabilità derivasse da un problema infettivo. n conseguenza ed a causa della prestazione eseguita in maniera non adeguata il signore e’ andato incontro a due episodi di lussazione a brevissima distanza dall’esecuzione dell’intervento, episodi che hanno necessitato di riduzione in narcosi, e ad un intervento di revisione e sostituzione della componente aceta bolare”. Anche le perizie mediche disposte dal tribunale lucchese sono state poste a carico del medico e della casa di cura.