L’Inps vuole indietro 35mila euro da un pensionato, la Corte d’Appello dà torto all’istituto

L’importo non era dovuto per superamento della soglia reddituale ma l’uomo era in buona fede e la somma non deve essere restituita
L’Inps gli aveva erogato per alcuni anni la pensione di invalidità civile ma poi dopo controlli e verifiche aveva preteso indietro la restituzione del denaro per superamento della soglia reddituale che nel frattempo era cambiata. L’uomo aveva perso la causa di primo grado davanti al tribunale di Lucca ma ora la corte d’appello di Firenze gli ha dato ragione. Nessuna somma è dovuta attesa la buona fede dell’uomo e l’errore la cui responsabilità è stata attribuita esclusivamente all’Inps non è responsabilità del pensionato di Lucca.
Il beneficiario che non si era accorto dell’errore, ma che aveva regolarmente denunciato i redditi, ha quindi impugnato la sentenza di primo grado e ha chiesto ai suoi legali di essere difeso di fronte ad una pretesa che gli appariva ingiustamente rivolta alla sua persona, atteso che non aveva occultato alcunché. La sezione lavoro della corte d’Appello di Firenze, composta dai giudici Santoni, Papait e Taiti, dopo avere riesaminato accuratamente la questione, ha ribaltato completamente la decisione di primo grado stabilendo che l’invalido, in buona fede, non deve restituire le somme richieste. L’istituto gli aveva richiesto indietro ben 35mila euro ma l’uomo ha dimostrato di aver sempre presentato regolare dichiarazione dei redditi che erano quindi a conoscenza di tutti, Inps compreso, e i giudici di secondo grado hanno dunque dichiarato “irripetibile” l’intero debito presunto e ipotizzato da Inps.
L’ente ha sbagliato e l’uomo era in assoluta buone fede per cui nulla è dovuto. Questa in estrema sintesi la parte cruciale della sentenza pubblicata nelle scorse settimane dalla corte d’appello fiorentina sul caso dell’uomo lucchese. “Se manca il dolo il pensionato non è tenuto alla restituzione delle somme indebitamente ricevute prima della comunicazione del provvedimento di revoca”. Una sentenza della Corte di Cassazione, recepita dai giudici di secondo grado, aveva, infatti, già fatto luce sui limiti alle richieste dell’Inps per la restituzione delle prestazioni di invalidità civile. Ora per l’uomo la fine del suo personale incubo che per alcuni anni lo ha tenuto col fiato sospeso in attesa di vedere riconosciuti i suoi diritti.
La sentenza d’Appello non è stata impugnata in Cassazione ed è quindi divenuta ormai definitiva. L’uomo lucchese può tirare un sospiro di sollievo, molto concreto.